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26/05/2006.  BARLETTA - A scuola per imitare Fraggianni.

Fu insigne giurista sempre molto attento alla «sua Barletta»
Oggi, nell'edificio del 3° Circolo, la cerimonia di intitolazione.


Oggi, venerdì 26 maggio, alle ore 16 presso l'edificio scolastico del 3° Circolo didattico sito in via Vitrani 1, avrà luogo la cerimonia di intitolazione ufficiale dell'istituto a «Niccolò Fraggianni», insigne giurista barlettano.

Alla cerimonia interverrà il commissario straordinario Antonio Nunziante, l'autore storico Renato Russo, il dirigente della vicina scuola media «Giuseppe De Nittis» Andrea Messinese fino all'anno scorso direttore del Terzo Circolo e Antonietta Borgia. Presiederà e coordinerà i lavori l'attuale dirigente scolastico Francesco Caldarola e a testimonianza della vitalità dell'istituto saranno presenti anche gli alunni della scuola. La cerimonia, posta a chiusura di un proficuo e intenso anno scolastico, servirà anche a tracciare un bilancio delle iniziative intraprese in questi mesi grazie all'impegno di docenti e studenti.

Inoltre sarà l'occasione per riscoprire la figura di Niccolò Fraggianni che restò sempre molto legato alla città. Infatti quasi tre secoli fa, nel 1743, acquistò dai fratelli Filangieri, il signorile Palazzo della Marra in via Cialdini per farne la sua dimora. Niccolò Fraggianni si potrebbe definire «figlio d'arte» in quanto il padre, Antonio, affermato avvocato di Lucera, era stato incaricato dal governo borbonico di studiare importanti questioni giuridiche. Con la moglie Francesca si trasferì a Barletta, prese alloggio in un palazzo sito in via Sant'Andrea dove nel 1686 nacque Niccolò. Avviato agli studi classici nel collegio dei Padri Gesuiti, l'attuale sede del Monte di Pietà, il giovane Fraggianni si distinse subito per le sue capacità. A 16 anni i familiari lo inviarono a Napoli per seguire gli studi letterari, ma la sua aspirazione era quella di dedicarsi allo studio del diritto. Iscrittosi all'Università, divenne allievo del filosofo Giovan Battista Vico. Iniziò la professione senza eccessivo entusiasmo a Vienna, come «aiutante di studi» di Giovambattista Ravaschieri dè Conti di Lavagna, membro del Sacro Regio Collegio, il più alto Tribunale del Regno di Napoli.

Nella capitale austriaca perfezionò le sue competenze giuridiche e rimase colpito dalle teorie del filosofo Guglielmo Leibniz che conoscerà e frequenterà. Nei tre anni passati a Vienna scrisse 14 tomi di un trattato sulle forze dell'intelletto, poi la morte di Ravaschieri determinò il suo rientro in Italia e l'affidamento dell'incarico di avvocato presso il tribunale di Lucera. Nel 1734 il re di Napoli, Carlo III di Borbone, gli conferì il titolo di marchese con la carica di Consultore in Sicilia e il compito di sovrintendere alla giustizia e agli affari più rilevanti della regione. Cinque anni di residenza a Palermo aumentarono il suo prestigio personale tra i notabili del Regno. All'apice della carriera non gli mancava nulla per essere più che soddisfatto. Eppure in breve tempo si susseguirono una serie di lutti familiari: la morte del padre, del fratello Didaco e della madre Francesca, che lo provarono duramente. Minato da un forte esaurimento, per brevi periodi soggiornò anche a Barletta proprio nello splendido palazzo Della Marra. Il suo cruccio maggiore derivava dal fatto che non avendo eredi maschi il titolo di marchese così faticosamente conquistato era destinato ad estinguersi. Nel 1740 ricoprì l'incarico di Caporuota del Sacro Regio Consiglio e si oppose strenuamente all'istituzione del Tribunale dell'inquisizione nel rinato Regno delle Due Sicilie.

Sempre attento ai problemi della sua città natale, difese in tribunale i diritti comunali di rendita delle «mezzane» contro alcuni creditori e si interessò al progetto di allargamento del Porto nel 1738. Acquistò, nella chiesa di Sant'Andrea, la cappella dedicata a Sant'Anna per perpetuare il ricordo dei suoi familiari facendo erigere due splendidi monumenti funebri: sul lato sinistro, volle che rimanessero uniti il padre Antonio e il fratello Diego, riprodotti in dimensioni naturali in due blocchi di marmo di Carrara; sulla parete di destra, una statua di marmo ricorda le sembianze della madre. Ammalatosi, morì a Napoli il 9 aprile 1763 dove fu sepolto nella Chiesa dei Padri dell'Oratorio.

Qualche anno dopo, nel 1765, nella cappella di famiglia in S. Andrea il fratello Saverio commissionò allo scultore napoletano Aniello Cimafonte un monumento in suo onore.

Marina Ruggiero

Fonte: La Gazzetta del Nord Barese 26/05/2006







 

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