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08/05/2020.  INCHIESTA - COME RIPARTE BARLETTA DOPO L’EMERGENZA COVID-19. VIAGGIO NELLE ATTESE DELLA GENTE TRA I FATTI E GLI ATTI DELLE ISTITUZIONI CON IL GIORNALISTA NINO VINELLA. OGGI 6^ PUNTATA: DA MARZO A GIUGNO 2019 NEL PORTO DI ANCONA LA DEMOLIZIONE DEI SILOS .

Dal racconto di quanto avvenuto nel porto di Ancona la storia della demolizione con lo scoppio controllato che si dovrebbe ripetere nel porto di Barletta per i silos: come molti ricordano la demolizione dei piloni della teleferica negli Anni Ottanta…

Abbattimento dei silos. L’ampia documentazione video-fotografica raccolta da tutta la stampa del capoluogo dorico nel porto di Ancona tra marzo e giugno 2019, un anno fa, e che state vedendo all’inizio di questa puntata, testimonia in tutta la colossalità quanto dovrebbe accadere – su scala più ridotta ma con pari impatto - nella demolizione programmata per le analoghe strutture al porto di Barletta come indicato nell’accordo tra Autorità portuale e proprietà. Fu molto ampia la copertura massmediatica alle settimane d’intenso lavoro per l’evidente imponenza delle opere di abbattimento.

Fu scritto: “Sui silos, costruiti negli anni ’60, sarebbe stato necessario prevedere interventi di manutenzione straordinaria che, una valutazione effettuata da una qualificata società, ha stimato essere di circa 7 milioni di euro. Una cifra difficile da ammortizzare sulla base dei flussi di traffico che hanno caratterizzato l’ultimo decennio, sempre in costante e progressiva diminuzione”.

Aggiungendo: “Trasformazione fu dunque la parola chiave per il porto di Ancona. Un percorso di cambiamento legato al cambiamento del mercato come per il settore dei cereali, che ha visto una forte e irreversibile riduzione dei traffici nello scalo. Iniziò così la demolizione da parte dell’azienda (Silos Granari della Sicilia) dei 34 silos alti 28 metri edificati sulla propria concessione, mediante intervento effettuato per la maggior parte con abbattimento meccanico controllato e tecnologie innovative - microcariche esplosive - realizzato da imprese specializzate e in giornate programmate, liberando una banchina complessiva di circa 350 metri, con un retro banchina di 33 mila metri quadrati”.

Le operazioni furono precedute da specifiche ordinanze dell’autorità marittima, che rese noto il cronoprogramma della serie di cinque deflagrazioni (affidate ad un team di esperti) per lo scoppio di microcariche esplosive con le quali furono abbattuti i silos situati a bordo banchina. Raccontano le cronache che “a causa del vento, la polvere della demolizione è arrivata fino alla parte bassa di corso Garibaldi nel centro di Ancona. La polvere è finita anche in mare lasciando una patina biancastra”.

La vicenda fu seguita e puntualmente raccontata in dettaglio da tutte le fonti giornalistiche di cronaca per i riflessi economico-urbanistici e, con accenti diversi, anche da quanti lamentavano la scomparsa dei giganteschi murales dipinti sui silos nel 2008 come forme della “street art” definita precaria quanto effimera in tale contesto. Riportò la stampa il 17 giugno 2019: “Questa mattina l’ultima carica esplosiva che ha raso al suolo i serbatoi dello scalo, un tempo gestiti dalla società siciliana a cui è scaduta la concessione demaniale per l’utilizzo dei silos. La scadenza per ultimare i lavori era fissata al 20 giugno. Dunque, si è anticipato l’ultimo step. Ora, si procederà con lo smaltimento delle macerie per liberare il piazzale”. Fine della storia…

Nino Vinella

6^ PUNTATA (continua)





 

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