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Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

10/01/2007.  EUTANASIA - NOTA DI MARCO DOLDI: "LE RAGIONI DEL NO" - INTERVISTA A MONS. SIGALINI: LA DECISIONE DEL VICARIATO.

Le ragioni di un no

Si ha l'impressione che, nel caso di Piergiorgio Welby, si debba distinguere la triste vicenda personale dalla disonesta amplificazione politica e, soprattutto, mediatica, dove l'epilogo è stato presentato come assolutamente normale. Grazie a taluni mass media, da tempo schierati a favore dell'eutanasia.
Ad arte giornali, radio e televisione hanno presentato come accanimento ingiusto quella che era assistenza dovuta, come diritto assoluto quello di togliersi la vita, come atto di civiltà e solidarietà quello di aiutare a farlo.
In quei giorni, pochi sono riusciti a fermarsi almeno per riflettere, prendendo le distanze da quello che era presentato. Le stesse immagini del malato, quotidianamente trasmesse, i racconti delle ultime ore con i risvolti più intimi e personali, le dichiarazioni dei parlamentari che appoggiavano l'eutanasia, l'arrivo del medico specialista, apparso come il liberatore. tutto sembrava assolutamente normale.
Eppure, sotto i riflettori c'era un uomo, sconosciuto fino a poco tempo prima e fortemente provato, al punto da chiedere insistentemente la morte.
L'assurdo reality si è interrotto non tanto con la morte, quanto piuttosto con il rifiuto del Vicariato di Roma di celebrare le esequie religiose, perché il defunto aveva costantemente mostrato la volontà di uccidersi e questo in contrasto con la dottrina cattolica. La decisione non ha mancato di suscitare scalpore, giungendo ad accusare la Chiesa di insensibilità umana, e anche comprensibile amarezza tra molti credenti e non. Sicuramente, non è stata voluta per umiliare ulteriormente quest'uomo e la sua famiglia. Invece, è stata presa per scardinare, finalmente, l'assurda ovvietà della vicenda, facendo capire che questa e altre simili storie con esito eutanasico non potranno mai essere considerati come un fatto normale, come un segno dei tempi che cambiano. La Chiesa non ha condannato un uomo; ha voluto opporsi fino in fondo alla logica e alla politica della morte.
Il Catechismo della Chiesa insegna che l'eutanasia è un atto omicida, che nessuna circostanza o fine possono giustificare. Purtroppo, questo non è più condiviso. La mentalità corrente è sempre meno incline a riconoscere la vita come valore in sé stesso, in relazione con Dio solo, indipendente dal modo di essere al mondo. È diffusa una concezione della qualità della vita in termini di efficienza e godibilità psicofisica, incapace di dare significato alla sofferenza e all'handicap, che sono da rifuggire ad ogni costo e con tutti i mezzi. La morte è vista come la fine assurda di una vita ancora da godere, o come liberazione da una esistenza ritenuta ormai priva di senso. E tutto questo all'interno di una cultura che, prescindendo da Dio, rende l'uomo responsabile solo davanti a sé stesso e alle leggi della società liberamente stabilite. Questo è il terreno di crescita dell'eutanasia. Dove queste convinzioni si diffondono - diceva Giovanni Paolo II in un discorso del 6 settembre 1984 - "può apparire logico e umano porre fine dolcemente alla vita propria o altrui, quando essa riservasse solo sofferenze e menomazioni gravi".
Ma questo è, in realtà, assurdo e disumano. La pietà suscitata dal dolore e dalla sofferenza verso malati terminali, bambini anormali, malati mentali, anziani, persone affette da mali inguaribili, non è pietà umana e non può condurre a nessuna eutanasia diretta, attiva o passiva. Qui non si tratta di aiuto prestato a un malato, ma dell'uccisione intenzionale di un uomo. E il no è assoluto e doveroso.
Il personale medico, fedele al compito di essere sempre al servizio della vita e assisterla sino alla fine, non può prestarsi a nessuna pratica eutanasica, neanche su richiesta dell'interessato, tanto meno dei suoi congiunti. La vita è data alla persona e nessuno può toglierla o permettere che si tolga: è un dovere che s'impone su tutti, sul cittadino e sullo Stato. Diverso è il caso del diritto a morire con dignità umana e cristiana. Questo è un diritto reale e legittimo, che la famiglia e il personale sanitario sono chiamati a salvaguardare, curando il morente e accettando il naturale compimento della vita. C'è radicale differenza tra "dare la morte" e "consentire il morire": il primo è atto soppressivo della vita, il secondo è accettarla fino alla morte.
Nel nostro mondo, a volte difficile, il Natale ci aiuta, soprattutto quest'anno, a "prendere coscienza - lo ha detto Benedetto XVI, prima della recita dell'Angelus del 24 dicembre - di quanto valga la vita umana, la vita di ogni essere umano, dal suo primo istante al suo naturale tramonto". Da qui si riparte.
MARCO DOLDI



La decisione del Vicariato

Il vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini, commenta ai microfoni della "Radio Vaticana", il dibattito nato, anche tra i credenti, dopo la decisione del Vicariato di negare i funerali religiosi a Piergiorgio Welby:

"Io sono convinto che il funerale è un gesto di preghiera che si fa verso Dio nei confronti di una persona che è deceduta. Quindi credo che nessuno abbia messo in dubbio che per questa persona si debba pregare perché il Signore lo accolga. Il problema è che questo funerale è stato fatto diventare una bandiera. Credo che il Vicariato si sia trovato di fronte a questa situazione, di fronte ad un gesto liturgico che appunto è stato fatto diventare una bandiera per affermare dei principi contrari alla vita cristiana. Il Vicariato non ha espresso un giudizio su una persona mettendosi davanti e al di sopra di Dio nel giudicare la sua salvezza o meno. Se il funerale è un gesto che tiene conto di tutta un'esperienza di comunità, allora non è privatizzabile e assolutamente non è strumentalizzabile da un'ideologia che vuol far passare con i casi pietosi tutto un suo modo di concepire la vita. Tanto più che hanno chiesto i funerali soprattutto quelli che non hanno niente a che fare con la fede e non la vogliono nemmeno oltre che, evidentemente, la famiglia. Mi pare che nella Bibbia già Gesù Cristo stigmatizzava il fatto che c'era gente che faceva morire le persone e poi gli creava dei monumenti. A me pare che anche in questo caso c'è gente che ha voluto a tutti i costi la sua morte e poi gli hanno voluto fare un monumento. Ciò non toglie che nelle chiese si sia pregato per lui, io pure ho pregato per lui. Perché è una persona che nella vita ha sbagliato, ma il suo errore fino in fondo lo conosce soltanto Dio. Non siamo noi in grado di entrare fino in fondo nella sua coscienza. Noi vediamo il fatto e lo condanniamo, ma la persona è sempre tra le braccia di Dio".

Mons. Sigalini, secondo lei, perché molti, anche tra i credenti non hanno capito le motivazioni di questa scelta?

"Perché lentamente noi stiamo mettendo la "sordina" a tutto. Va bene tutto, va bene il contrario di tutto. Io mi sarei aspettato, se avessero fatto i funerali in chiesa che qualcuno avrebbe detto: "Vedete, la Chiesa fa tanto baccano sul problema dell'eutanasia e poi alla fine le va bene anche quella, basta che le danno i soldi del funerale". Questo sarebbe stato ancora peggio. Purtroppo l'esperienza della Chiesa è vista sempre come una sorta di commercio dovuto di cose sacre, invece è un dialogo con Dio profondo, il dialogo con Dio non può essere soggetto a nessuna di queste strumentalizzazioni. Io ho dovuto in questi giorni, anche sotto Natale, rispondere alle e-mail dei miei amici che giustamente si interrogavano, si dicevano: "Ma io devo dare la stura a tutte queste lamentele oppure accetto senza ragionare?". No, io dico che bisogna ragionarci sopra, bisogna vedere veramente che cosa significa questo esasperare un problema e voler continuamente portare la Chiesa su alcune posizioni per poi poterla infilzare. Questo mi pare che sia lo stratagemma che stanno usando tutti quelli che vogliono l'eutanasia come lo hanno usato quando c'era l'aborto. Hanno detto che c'erano milioni di aborti clandestini solo perché volevano non far ragionare la gente, la volevano commuovere e basta".

Commissione Diocesana Cultura e Comunicazioni Sociali
dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie- http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/vis_diocesi.jsp?idDiocesi=205






 

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