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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

09/02/2007.  MEDIA E CHIESA - Incapaci di un guizzo.

L'omologazione laicista della grande stampa italiana

Come spiegare l'omologazione laicista della grande stampa in Italia, incapace di un sussulto di genialità nel riferire e interpretare la presenza e l'azione dei cattolici e della Chiesa nelle vicende etico-sociali dei nostri giorni? Alludo alle grandi questioni in atto come la procreazione artificiale, l'aborto chimico, i PACS, l'eutanasia. Nei cui confronti si vuole una Chiesa afona, altrimenti le si scarica addosso l'accusa d'ingerenza. Che questo lo facciano dei politici - uomini di parte, che si vedono contraddetti - lo si può anche capire (ma non giustificare). Che lo facciano invece articolisti, columnist, redattori e direttori di giornali, ed in modo così allineato e ripetitivo, è proprio un'anomalia. La quale non può non avere delle spiegazioni che provo qui a sintetizzare.
La prima è una lettura asfittica, in termini stantii di destra e di sinistra, della testimonianza cristiana, del ministero della Chiesa e persino della fede in Dio, come continua a fare un giornale capofila dell'omologazione in pagina. Incapaci di cogliere la "differenza" cristiana, la costringono entro canoni di lettura e categorie di giudizi scorretti e fuorvianti. La seconda è la convinzione dell'irrilevanza pubblica della fede e della sua professione, la sua riduzione a credenza privata. Così che fedeli, religiosi, preti e vescovi non debbono fuoriuscire dallo spazio del culto e di una catechesi intraecclesiale. La terza è l'incapacità a cogliere la rilevanza morale delle questioni sul campo; il loro appiattimento a dati indifferenti che non obbligano a niente, offerti alla libera scelta degli individui. La quarta è la deriva emotivistica del bene e del diritto, così da svuotarli di contenuti oggettivi di verità e di valore e farne dei desideri e delle preferenze soggettive. La quinta è l'indisponibilità ad entrare nel merito delle questioni, nella loro struttura logica e valoriale, per liquidarle sul piano ideologico e politico dominante.
La Chiesa - "esperta in umanità" (Paolo VI) e posta al servizio del bene integrale dell'uomo - ha una duplice consapevolezza, che è insieme un compito irrinunciabile. La prima è il suo essere maestra di verità: di verità non solo della fede ma anche della morale, di una verità morale attinta per via razionale al disegno creatore di Dio che è nella natura. La seconda è la rilevanza operativa e pubblica della fede che professa, per cui non può farne una credenza astratta e privata, aliena dalla storia e dal sociale. Di qui la sua sensibilità e premura per questioni eticamente rilevanti. Sensibilità e premure non solo sul piano delle coscienze ma anche delle codificazioni legali. Perché non è insignificante che un parlamento legiferi in maniera conforme o difforme ai beni morali in gioco. Con la procreazione artificiale, l'aborto, i pacs, l'eutanasia non sono in gioco beni indifferenti e opinabili, ma beni morali come la vita, la famiglia, la formazione dei giovani, la solidarietà, il bene comune. La Chiesa non può non far sentire la sua voce. Non si tratta mai per essa di far valere verità e doveri di fede, ma di morale a tutela dell'uomo, della sua dignità e del suo sviluppo. Per la Chiesa è bene, è secondo Dio e va fatto tutto ciò che rispetta e promuove l'uomo. E' male, è contro Dio e va evitato tutto ciò che offende l'uomo. Nasce di qui il "non possumus" dei pastori della Chiesa. Non è un dictate politico: è un confine morale, umanamente invalicabile. Perché l'umano non è una scatola vuota che chiunque può riempire come crede. E' invece strutturato di beni (verità e valori) non negoziabili da cui tutti siamo obbligati
Se questo è l'insegnamento della Chiesa - la sua motivazione, il suo metodo, il suo scopo - si tratta allora di aprirsi al dialogo. Il quale comincia dall'ascolto e si fa parola. Una parola anche critica, ma sul piano dell'intelligenza, vale a dire delle argomentazioni, delle motivazioni, e della costruttiva dialettica democratica. Non delle precomprensioni ideologiche e delle preclusioni partigiane. E' per questo che un giornalismo che si straccia le vesti di fronte al non possumus di cittadini non disposti a negoziare tutto, dominato dal "pensiero unico" imposto dal laicismo à la page, incapace di un guizzo autocritico, è un giornalismo che dovrebbe porsi serie domande" .


MAURO COZZOLI
Ordinario di Teologia Morale nella Pontificia Università Lateranense

Commissione Diocesana Cultura e Comunicazioni Sociali
dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
- http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/vis_diocesi.jsp?idDiocesi=205






 

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