www.comitatoprocanne.com

Meteo Puglia










CANNE DELLA BATTAGLIA:
RIPULIAMO DALLO SCEMPIO LA FONTANA DI SAN RUGGIERO
Vai al sito


Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

31/08/2005.  Lo sguardo lontano di Costantino nel segno di Cristo.

RAFFAELLA CASSANO

«Poscia che Costantin l'aquila volse / contr'al corso del ciel, ch'ella seguio / dietro a l'antico che Lavinia tolse, / cento e cent'anni e più l'uccel di Dio / ne lo stremo d'Europa si ritenne, / vicino a' monti de' quai prima uscìo; / e sotto l'ombra de le sacre penne / governò il mondo lì di mano in mano, / e, sì cangiando, in su la mia pervenne». Così Dante nel canto VI del Paradiso fa parlare Giustiniano, l'imperatore bizantino del VI secolo d.C., al governo del mondo, dopo che l'aquila imperiale puntando su Costantinopoli, aveva invertito, per volere di Costantino, il cammino di Enea che da Troia giunge nel Lazio, dove sposa Lavinia, figlia di Latino, re del luogo. È questo uno degli eventi più importanti del regno di Costantino che unifica il potere nelle sue mani, dopo aver sconfitto Massenzio nella battaglia del Ponte Milvio ai Saxa Rubra (le pietre rosse) e che nel 330 proclama Bisanzio, città sul Bosforo, la «Nova Roma», capitale dell'Impero Romano d'Oriente con il nome di Costantinopoli, la città di Costantino. Una scelta di grande valore strategico, politico ed economico, Bisanzio è infatti uno snodo vitale tra Europa e Asia per i cospicui traffici commerciali tra Egeo e Mar Nero e per il transito delle legioni romane che muovevano verso il Medio Oriente e l'Africa. La mostra di Rimini percorre per intero, attraverso le testimonianze archeologiche, l'itinerario politico, militare e religioso del grande imperatore, del quale sottolinea il ruolo esercitato nelle trasformazioni economiche e amministrative dell'impero, con il rafforzamento del solidus, la moneta forte, solida (da cui soldo), alla riforma dell'esercito, con i nuovi ordinamenti istituzionali, con i complessi cerimoniali di corte che prevedono l'imperatore isolato e invisibile, con la tolleranza verso il cristianesimo, che contempla la concessione della libertà religiosa e consente a ciascuno il diritto di praticare il proprio credo. Ad accogliere il visitatore è la testa colossale dell'imperatore, austero ma ormai avanti negli anni, dei Musei Capitolini (a Rimini in calco) mentre la narrazione muove dall'anno 293 quando Diocleziano con la tetrarchia, il governo dei Quattro, con due Augusti e due Cesari, si propone di controllare l'ormai vastissimo e multietnico territorio dell'impero. Tra i Cesari c'è Costanzo, detto Cloro per il pallore del volto, padre di Costantino. Il futuro imperatore era nato a Naisso in Serbia dall'unione di Costanzo con Elena, una «stabularia» della Bitinia, se padrona di una locanda o inserviente nella stessa non è chiaro; donna però di molte virtù, che sarà venerata come santa in Oriente e in Occidente, ma soprattutto figura centrale nella vita di Costantino. Sono i ritratti dei tetrarchi e le statue in porfido, la pietra rossa, prerogativa delle immagini dell'imperatore, a introdurre la vicenda costantiniana. Con le immagini di famiglia, tra cui il ritratto conservato al Museo del Louvre di Fausta, la donna sposata quand'era ancora bambina, e quello dei Musei Vaticani, di Crispo, il primogenito nato dalla relazione con Minervina, morta di parto. Entrambi furono messi a morte, sospettati di un rapporto amoroso. L'imperatore è rappresentato in varie fogge, nel marmo e nel bronzo, i lineamenti morbidi, lontani dal realismo militaresco dei tetrarchi; mentre sui cammei e sui medaglioni in oro il volto è addirittura idealizzato. Accanto è la statua di Elena, seduta, vestita alla greca, come il modello preso a prestito per rappresentarla che è quello dell'Afrodite di Calamide, un maestro del V secolo a.C., che la eseguì per il santuario della dea alle pendici dell'acropoli di Atene. Viene quindi illustrato un tema nevralgico nella storia di Costantino, quello della conversione, maturata nel 312 della nostra era. Assai controversa nella lettura degli storici, essa è nota attraverso gli scritti degli autori cristiani, Lattanzio ed Eusebio di Cesarea principalmente, secondo i quali, durante la campagna contro Massenzio, l'imperatore avrebbe mostrato spiccata avversione verso la religione tradizionale e grande fiducia in un misterioso dio, creatore e provvido, il sommo dio, forse il dio Sole, venerato già dal padre Costanzo. Per le fonti cristiane questo suo stato d'animo venne rafforzato da uno straordinario avvenimento. All'ora del tramonto del 27 ottobre del 312, comparve nel cielo, al di sopra del sole, un segno che combina le lettere greche X (Chi) e P (Ro), iniziali del nome di Cristo accompagnato da un'iscrizione che recitava: «con questo segno vincerai». Inoltre, nella notte, Cristo gli si manifesta in sogno, chiedendogli di porre il cristogramma come arma di difesa contro il nemico sugli scudi dei soldati e sul vessillo imperiale, lo stendardo di porpora e oro, dove il monogramma viene incorniciato da una corona d'oro. Grazie all'intervento del dio dei cristiani, la vittoria arrise a Costantino, nonostante l'inferiorità numerica del suo esercito rispetto a quello di Massenzio, travolto insieme al suo condottiero dalle acque del Tevere. La vittoria di Ponte Milvio è documentata soprattutto dalle monete. Come quella della zecca di Pavia, dove l'imperatore indossa l'elmo con il cristogramma disegnato alla base del cimitero o come i solidi d'oro con il profilo del sovrano e quello di Apollo/Sole Invitto oppure mentre dirige la quadriga verso il cielo da cui si protende la mano di Dio. Ma non mancano i ritratti indicativi del nuovo corso nella vita dell'imperatore, dove questi, quasi in estasi ha lo sguardo rivolto verso il cielo. Così come assai numerosi sono i gioielli sempre contraddistinti dal monogramma costantiniano che campeggia anche su lastre di marmo, mosaici, argenterie, vetri, dove è spesso accompagnato da scene del Vecchio e Nuovo Testamento. Il cristogramma diviene quindi il segno della conversione del sovrano e nel contempo dell'impero romano al cristianesimo. Appare infatti anche su alcuni elmi rinvenuti negli accampamenti posti lungo i confini danubiani, a testimonianza dell'adesione alla nuova religione anche in contrade assai lontane da Roma. D'altronde già nel giorno successivo al successo di Costantino sull'usurpatore, quello destinato al trionfo (è sempre Eusebio ad informarci) mentre, secondo la tradizione, l'imperatore pronuncia il rituale discorso dai «Rostra», dalla tribuna cioè situata nel Foro, invece non si reca sul Campidoglio, dove sorgeva il tempio di Giove Capitolino, per l'omaggio al nume tutelare dei destini dell'impero e per i sacrifici liturgici. Riconoscendo quindi all'intervento di un altro dio la vittoria su Massenzio. Il dio, che gli uomini a lui più vicini gli avevano rivelato essere il Cristo, viene evocato nell'iscrizione dell'architrave dell'arco trionfale, dedicatogli a Roma dal Senato e dal Popolo Romano, dove la pace riconquistata è frutto dell'ispirazione divina. Con l'Editto di Milano che sancisce libertà di culto per i cristiani e legittimazione giuridica della chiesa, anche l'edilizia sacra ha un forte incremento. Costantino promuove infatti la costruzione di chiese e basiliche: il San Salvatore in Laterano; San Pietro in Vaticano, dove era la tomba dell'apostolo Pietro; Santa Croce in Gerusalemme, posta in un'ala della sua residenza, dopo che la madre Elena aveva ritrovato a Gerusalemme le reliquie della Croce di Cristo; il Santo Sepolcro a Gerusalemme e la chiesa della Natività a Betlemme. Edifici riproposti in mostra con plastici ricostruttivi e filmati ma anche nella rappresentazione realistica o simbolica che gli artigiani tardoantichi disegnano su sarcofagi, cofanetti d'argento e dittici d'avorio. Il regno di Costantino segna, come si è detto, un periodo di grandi cambiamenti, che trovano riscontro anche nell'architettura e nelle arti figurative. Nell'esposizione di Rimini è documentato infatti lo straordinario livello raggiunto dalle arti suntuarie, con la presenza di oggetti preziosi creati per uso esclusivo della corte e del patriziato ma anche con esemplari più accessibili alla collettività, di vetro e di terracotta. È un'arte trionfalistica e di propaganda quella del IV secolo che esibisce la capacità di un'epoca di mediare tradizione e innovazione; di fondere o accomunare iconografie cristiane e pagane; di mutare volto alle città, creando un linguaggio architettonico nuovo, a Costantinopoli, come a Roma e nelle altre città dell'impero; di dare una nuova impronta al ritratto del sovrano che è bipolare; sobrio, umano, classico, ma talvolta ascetico, assorto, lo sguardo lontano verso l'eterno. La lezione di Costantino coinvolge anche le immagini.


Clicca qui per visionare l'articolo pubblicato dalla pagina Cultura della Gazzetta del Mezzogiorno domenica 21 agosto 2005







 

Stampa l'articolo

 
© Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia. Sede e Presidenza: Via Rizzitelli 62 - 70051 Barletta BT ITALY
Tel: (+39) 0883 532180 - Email: comitatoprocanne@oggiweb.com. Credits: OggiWeb www.oggiweb.com