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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

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24/03/2009.  OFANTO - AGRICOLTURA, QUALI REGOLE SENZA IL PARCO.


«Ho ritirato, nei giorni scorsi, l’Atlante cartografico ambientale del Parco Regionale del fiume Ofanto, edito dal Patto Territoriale per l’Occupazione del Nord Barese Ofantino. Opera dalle rilevanti dimensioni che illustra, con una ricca documentazione fotografica, il territorio del Parco del fiume Ofanto, compreso nei comuni del Patto. Nella conferenza di presentazione, oltre alla presenza dei sindaci era presente anche l’assessore regionale al territorio Barbanente, la quale ha posto in risalto come l’elemento della conoscenza sia l’aspetto prioritario di un territorio, cardine della sua valorizzazione dove uno degli elementi fondanti della valorizzazione del territorio del Parco del fiume Ofanto è l’agricoltura».
Scrive così alla Gazzetta, Ruggiero Maria Dellisanti, docente di geografia economica, impegnato nella tutela del territorio e delle sue risorse. «In questi giorni, a Barletta, si è svolto un importante convegno comunale sul come rilanciare l’attività agricola del territorio, che poi significa rilanciare l’attività vitivinicola. Anche in questo caso si è parlato di valorizzazione del territorio. Ora, in questi due eventi, si parla di valorizzare un territorio che invece non vuole essere valorizzato. Questo territorio, il territorio del Parco, non vuole sostare alle regole, non vuole produzioni certificate e controllate, non vuole limitazione dei quantitativi, non vuole marchi di tutela e soprattutto non bisogna dire agli agricoltori cosa e come produrre».
«Perché, se in passato, si avesse voluto valorizzare il territorio e con esso le colture presenti non si sarebbe chiesto a gran voce di ridurre la superficie del parco. La legge regionale n. 37/07 che istituisce il parco fluviale del fiume Ofanto, sancisce, individua e caratterizza gli elementi di valorizzazione del territorio. Elementi che gli stessi sindaci, amministratori e agricoltori hanno ritenuto non idonei alla valorizzazione quando hanno chiesto, ed ottenuto, una drastica riduzione dell’area Parco. Oggi la superficie del Parco, in zona 2, mediamente è di appena 420 ettari per ognuno degli undici comuni contro l’iniziale proposta, formulata dagli stessi, solo pochi mesi fa, di oltre 2.300 ettari».
«Nessuno ha spiegato - prosegue Dellisanti - agli agricoltori che oggi l’agricoltura senza regole fisse, senza disciplinari di produzione, senza un marchio di tutela non può considerarsi un’attività imprenditoriale e la stessa, in un mercato globale, è destinata a sicuro fallimento. Come si può pensare di rilanciare l’agricoltura della vite, perché qui nessuno vuole produrre altro, in territorio che vede tutelato, dal marchio del parco, appena 420 ettari? Certo qualcuno sosterrà che la partecipazione al Vinitaly del doc “Rosso Barletta” potrà rilanciare l’agricoltura ma su quali basi? Cosa diranno, gli amministratori agli agricoltori, quando la Comunità Europea, a breve, imporrà la riforma del sistema vitivinicolo, a causa degli elevati quantitativi di produzione, con la estirpazione dei vigneti meno competitivi e la eliminazione dal mercato delle eccedenze e dei vini di minor pregio? Ripenseranno agli errori di valutazione economica o come sempre scaricheranno la colpa a Roma o a Bruxelles?».
«Certo - conclude - non ci vuole una laurea in economia ad Harvard per comprendere come la valorizzazione del territorio agricolo passa inevitabilmente attraverso la valorizzazione e la certificazione delle aree tutelate. Ma qui, come sempre accade nel nostro territorio, si svolgono grandi convegni, si stampano libri, si disegnano strategie ma poi quando bisogna operare scelte serie non si ha il coraggio di scontentare nessun. E noi continuiamo a farci del male».

La Gazzetta del Nord Barese
Lunedì 23 marzo 2009





 

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