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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

29/10/2009.  CANOSA – UN INCREDIBILE MOSAICO NEL PIU’ ANTICO LUOGO PALEOCRISTIANO DI PUGLIA.

Il mosaico sabiniano con i due cervi, all’ingresso della chiesa di santa Maria, ha fatto accendere nuovamente i riflettori sulla Canosa archeologica e i suoi tesori ancora nascosti. La decorazione musiva rarissima è emersa dagli scavi che gli studiosi dell’Università di Foggia stanno svolgendo o meglio, hanno svolto, nell’area di San Giovanni. Già perchè la campagna di scavi ancora in corso si è propio conclusa con la scoperta avvenuta nel pomeriggio di mercoledì. La campagna è stata diretta dai docenti Roberta Giuliani e Danilo Leone, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni archeologici di Puglia, con il Comune e la Fondazione Archeologica Canosina.
«Il ritrovamento, di enorme importanza, acquisirà agli occhi dei ricercatori e dei cittadini di Canosa una sicura centralità al pari del famoso mosaico che raffigura il pavone della basilica paleocristiana di San Leucio», ha sottolineato Marisa Corrente, direttore archeologo della Soprintendenza.
«L’area archeologica di Piano San Giovanni è come una miniera che ogni giorno ci regala preziosissimi reperti del nostro passato – ha detto il sindaco, Francesco Ventola , che è anche presidente della provincia Barletta-Andria-Trani - Non è un caso, quindi, che si sia scelto di realizzare proprio in quest’area il museo archeologico. Ringrazio la Soprintendenza, l’Università di Foggia, la Fondazione archeologica canosina e soprattutto i giovani che sono qui a lavoro per il loro impegno e la loro attenzione nei riguardi della nostra storia».
Gli ha fatto eco l’assessore al cultura e archeologia, Nicola Casamassima. «Una peculiarità del sito archeologico di Canosa, un unicum in Puglia e nell’Italia Meridionale, è quello di conservare tante testimonianze, tanti poli archeologici di notevolissimo rilievo, relativi al periodo paleocristiano, in una sola città – ha sottolineato Casamassima - dal polo di san Giovanni sede della prima cattedrale con il battistero “San Giovanni”, a quello di san Pietro che è il luogo in cui Sabino fece costruire il proprio mausoleo insieme ad una grande basilica cimiteriale ed ad altre strutture abitative, a quello della basilica di San Leucio, una sorta di santuario prossimo alla città ma costruito al di fuori di essa nelle campagne adiacenti, alla necropoli del ponte della Lama, dove ci sono resti di sepolture e catacombe. Una caratteristica della città di Canosa che ci contraddistingue e che il Comune di Canosa ha inteso – da sempre - promuovere e valorizzare».
Quindi gran entusiasmo attorno alla nuova importante scoperta archeologica. Ma ora il dilemma è quello della continuazione di uno scavo, che , come ha sottolineato il rettore di Foggia, Giuliano Volpe «mira all’ampliamento dell’area da scavare per riportare alla luce l’intero monumento, al momento indagato per il 20% della su superficie. Sarebbe importante tornare a parlare della realizzazione di un museo in questa zona che consentirebbe non solo la visita ai reperti nelle vetrine, ma offrirebbe anche un’area archeologia importante e ricca di testimonianze».
Intanto la campagna di scavi è giunta alla sua conclusione propio nel momento clou e ora esiste il serio pericolo che l’intera zona scavata, posta tre metri sotto il livello stradale, possa trasformarsi in bacino di raccolta delle acque piovane. Un rischio che dev’essere al più presto evitato, affrontando subito l’ipotesi si riprendere la campagna di scavi e magari questa volta completarla, portando alla luce l’intera area della chiesa paleocristiana più antica oltre che più importante di tutta la Puglia.
Paolo Pinnelli
• TRE METRI SOTTO TERRA I MOSAICI DELLA MERAVIGLIA

Tre metri sotto il livello stradale. «È una montagna di terra, stratificata secolo dopo secolo»: lo dicono quelli che hanno dovuto scavare per giungere al piano dell’antichissima chiesa di Santa Maria. Sono gli archeologi, soprattutto studenti, ma anche laureati, del Dipartimento di Scienze umane dell’Università di Foggia.
Tre metri di terra. Tanto hanno dovuto ripulire prima di giungere al piano di calpestio della più antica chiesa paleocristiana dell’intera Apulia. Una scoperta importante effettuata in parte nella prima campagna di scavi del 2006, ma che si è arricchita di un nuovo interessante tassello tre anni dopo.
Una serie di mosaici, in pratica la pavimentazione dell’antica chiesa, e, sopra, venti centimetri più in alto, una seconda pavimentazione, più ricca, con forme geometriche ma anche con figure di animali.
La più interessante delle scoperte arriva proprio dall’area di ingresso della chiesa: un mosaico policromo che raffigura due cervi che si abbeverano ad un kantaros. La scoperta è arrivata proprio in conclusione delle sette settimane (una in più del previsto) in cui una quarantina di studenti dell’Università foggiana hanno scavato, proseguendo quanto effettuato dai loro colleghi tre anni prima. Il progetto è stato diretto da Roberta Giuliani e Danilo Leon e, dell’Università di Foggia, coordinati dall’archeologo Giuliano Volpe, tornato tre anni dopo il «suo» primo scavo come Rettore dell’Università foggiana.
La scoperta del raro mosaico ha richiamato non solo l’attenzione di molti curiosi ed appassionati. Nell’area della basilica di San Giovanni, a supporto dei suoi studenti, è arrivato il rettore dell’Università di Foggia, Giuliano Volpe.
«Siamo di fronte alla conferma che Canosa e soprattutto questa importante area ha bisogno di essere scoperta e conservata» ha detto l’archeologa Marisa Corrente, della Soprintendenza ai beni archeologici di Puglia. Presenti anche Sabino Silvestri, presidente della Fondazione archeologica, che ha supportato gli studenti nelle sette settimane di lavoro a Cansa, e mons. Felice Bacco, parroco della cattedrale di San Sabino.
Non è mancato il sindaco di Canosa e presidente della provincia di Barletta, Andria, Trani: «Un’altra pagina importante per la nostra storia - ha detto Francesco Ventola - faremo in modo che questo progetto possa proseguire e gli scavi possano riprendere al più presto».
Già, il problema ora è proprio questo: cosa accadrà agli scavi della più antica cattedrale di Puglia. Al termine della scorsa campagna di scavi, l’area venne ricoperta per poterla poi indagare nuovamente. Sono trascorsi tre anni per questa campagna di scavi. La nuova scoperta dei prestigiosi e rari mosaici rivendica però adesso tempi meno lunghi.

• L’INTERVISTA AL RETTORE-ARCHEOLOGO GIULIANO VOLPE

Lo scavo nell’area di San Giovanni è iniziato dopo le campagne (2001) sulla collina di san Pietro. «Lì - dice il rettore Giuliano Volpe, che guidò gli scavi - abbiamo trovato una situazione di devastazione causata da continuo utilizzo dell’area. Nonostante i pochi elementi, abbiamo potuto verificare che quella di San Pietro era una costruzione sabiniana “ospedaliera”, in cui san Sabino aveva realizzato strutture di accoglienza, oltre che la sua tomba. È stato chiaro a quel punto che la prima antica chiesa, di Puglia dove essere nell’area di San Giovanni».
Il rettore gongola. «Abbiamo avuto il coraggio di scavare in una terra sterile che nascondeva a tre metri di distanza, le sue prime tracce - dice ancora Volpe - un grande coraggio che ci porta oggi ad una scoperta importante dalla quale mi attendo ancora molto. Abbiamo indagato solo il 20 per cento dell’intera area. Ora dobbiamo proseguire, perchè ritengo che quest’area, è una delle più importanti paleocristiane dell’intera Puglia. È un museo a cielo aperto che deve ora spingere a perseguire ancora l’idea di realizzare qui il museo. Ma intanto è importante proseguire al più presto con lo scavo.»
Il mosaico dei due cervi è ancora sotto la cura degli archeologi che, spugne e «cucchiaini» tolgono la terra ad ognuno dei piccoli tasselli. Il mosaico risale all’Età Sabiniana, intorno al VI secolo d.C., periodo in cui il vescovo canosino rese ancora più importante e monumentale la chiesa di Santa Maria con interventi alla struttura ma soprattutto con i pavimenti a mosaico.
«Finora conoscevamo come unicum il mosaico del pavone, presso la basilica di san Leucio - dice l’archeologa Roberta Giuliani - mosaici con figure di animali sono molto rari in Puglia. Il periodo di riferimento è il IV-VI secolo ma riteniamo che si tratti di un mosaico fatto realizzare da san Sabino tra le opere di abbellimento della chiesa canosina». Allo stesso periodo risale anche la realizzazione del battistero, fatto costruire da San Sabino accanto alla chiesa, ad un livello di piano più alto.
Il mosaico dei due cervi si trova all’ingresso della navata centrale. Più avanti, una serie di mosaici pian piano sono stati portati alla luce, ripuliti tassello dopo tassello, con un lavoro certosino e paziente. «I mosaici geometrici interni all’antica chiesa presentano, nella zona tra le colonne della navata di sinistra, alcuni rondinini - spiega ancora Giuliani - particolari interessanti nel contesto di una chiesa importante non solo per Canosa ma per l’intera Puglia».
Le indagini effettuate hanno evidenziato che la chiesa è stata utilizzata dopo la costruzione della Cattedrale attuale, nel IX secolo, anche per le sepolture, fino al periodo medievale. Poi è stata rioccupata per altre attività - forse un convento - come conferma la scoperta di granai e cisterne, che però non hanno cancellato le tracce preesistenti.
La campagna di scavi è stata realizzate all’interno di un progetto che ha coinvolto anche l’Albania. «Con la collaborazione dell’assessorato regionale al Mediterraneo - dice l’archeologo Danilo Leone - è stato finanziato questo scavo di ricerca e valorizzazione dell’area di san Giovanni di Canosa e quello dell’area albanese di Oricum, nel golfo di Valona. Il progetto “Libur nia”, ha legato le due aree attraverso la figura di Erode Attico. Ora la nostra preoccupazione e speranza è quella di poter proseguire con questo tipo di porgeti o anche altri interventi, affinchè il nostro lavoro non venga disperso.»

LA RASSEGNA STAMPA DALLA GAZZETTA DEL NORD BARESE

Venerdì 23 ottobre l’annuncio in prima pagina

Venerdì 23 ottobre il servizio completo

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