Un anno fa, Nichi Vendola promulgava come Presidente della Regione la legge regionale n. 7 del 16 marzo 2009 che riperimetrava i confini del Parco dell Ofanto dopo una raffica di proteste degli agricoltori culminate, a Barletta, nella delibera di Consiglio Comunale che tagliava ben tremila ettari dalla precedente superficie riducendola drasticamente specie nell area dal fiume verso l agro di Canne della Battaglia.
Esattamente un anno dopo, allertati da diverse segnalazioni di comuni cittadini al nostro Comitato, abbiamo voluto percorrere chilometro dopo chilometro la provinciale n. 142 dall innesto della statale 93, la strada che segna la linea di demarcazione (sulla carta) al confine sud del Parco: nel tratto rettilineo prima della storica masseria seicentesca di Antenisi, abbiamo assistito ad uno spettacolo continuo di pale meccaniche e di ruspe al lavoro per sbancare gli antichi uliveti (vedi foto esclusive La Gazzetta dell'Archeologia on line) e molto probabilmente sostituirli con vigneti ritenuti attualmente piu' remunerativi nella logica di mercato.
Stesso scenario appena superata la stessa masseria, questa volta sia a sinistra (in maniera decisamente molto più vistosa) che a destra, poco prima della curva che immette nel maestoso viale di pini mediterrani e del proseguimento verso il Santuario di San Ruggiero alla Boccuta.
Quasi che tutti gli addetti ai lavori si fossero messi d accordo per festeggiare in questo modo il primo compleanno di una legge mai tanto discussa ed altrettanto discutibile in rapporto alle reali esigenze di un territorio che oggi viene assoggettato ad una sistematica operazione di alterazione del paesaggio che richiede coraggiosamente la riapertura del dibattito anche durante questa campagna elettorale.
Quella che un tempo era conosciuta infatti come la strada panoramica dei sepolcreti, costruita dalla Provincia di Bari per facilitare i collegamenti ad uso agricolo e di interesse turistico atti a favorire la visitabilita' del celebre sito archeologico verso la Cittadella, arteria certo suggestiva per il paesaggio conservatosi a destra ed a sinistra, oggi si e' trasformata in un area dove si lavora su estese superfici per pianificare scientificamente (e non senza esborso di denaro vero per decine e decine di migliaia di euro) la trasformazione delle colture.
Purtroppo, volendo riproporre una gita turistica in questo desolato scenario, oggi come oggi al visitatore bisognerebbe solo mostrare ettari ed ettari di nudo terreno dove, una volta eliminati e cancellati gli ulivi simbolo della colture mediterranea piu' antica (ancora visibili solo da Google satellitare http://www.google.com/maps?q=41.284853,16.154838&num=1&t=h&sll=41.319277,16.28399&sspn=0.134151,0.256119&ie=UTF8&ll=41.282741,16.160524&spn=0.008191,0.013583&z=16 con vedute ahimé considerabili da archivio storico), si riesce solo da intuire dagli scassi e dagli sbancamenti in atto, come lo scavo di trincee assai vistoso e profondo, che prossimamente su questo schermo andra' in onda il film di nuovi tendoni per uva da tavola e da vino: chissa' mai con quali registi e con quale finale...
Puo' bastare una sola annata di crisi olivicola per autorizzare simili disegni di trasformazione colturale e fondiaria in un area cosi' nevralgica a ridosso dell Ofanto come Canne della Battaglia senza che nessuno dei politici e dei nostri amministratori, sia comunali che candidati a consigliere regionale in questa campagna elettorale, si interroghi sul futuro delle nostre terre e della nostra agricoltura, dimostratasi piu' spregiudicata, che altera scientificamente ed economicamente (cioe' sempre a caro prezzo) il paesaggio?
Nino Vinella, Presidente Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia
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