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20/05/2010.  BARLETTA - MACCHE' ARAGONESE: IL CASTELLO E' NORMANNO SVEVO!.

Continuano le schermaglie sulla Gazzetta del Nord Barese in merito alla miglior definizione possibile del Castello. Stavolta tocca al dott. Vittorio Palumbieri, già direttore dell'Azienda di promozione turistica

"Mi unisco alla “sorpresa” di Renato Russo circa la definizione del nostro castello come aragonese e mi sono chiesto: ma a chi è venuta la balzana idea di questa inopinata attribuzione?".

Così Vittorio Palumbieri, già direttore dell'Azienda di promozione turistica di Bari e Azienda soggiorno e turismo di Barletta. «I bene informati - aggiunge Palumbieri - mi hanno riferito che si è trattato della novità storica introdotta dalla signora Emanuela Angiuli, che da anni imperver sa nei nostri beni culturali.

La puntuale precisazione del dott. Russo potrebbe por fine alla svista della signora Angiuli. Ma, mi raccontano che la stessa insiste caparbiamente nella sua convinzione, escludendo qualsiasi confronto sull’argomento".

E poi: "A questo punto, e senza avere pari supponenza, mi lascio andare ad una ipotesi, forse utile non a giustificare, ma almeno a spiegare l’errore. Forse la studiosa, affascinata dalla imponenza dei bastioni a punta di lancia, realizzati da Carlo V, finisce per attribuire agli aragonesi l’intero castello? Ma Carlo V, salito al trono di Spagna, apparteneva alla dinastia degli Absburgo, in quanto figlio di Filippo di Absburgo, quindi si tratta di una dinastia che non è certamente aragonese. Ma poi, se proprio vogliamo dare una paternità al nostro castello, chiamiamolo “castello normanno-svevo” perché sono quelle le impronte maggiori rilevabili nella visita del maniero.

Altrimenti ci capiterà di incontrare il turista curioso che di fronte alle aquile presenti all’interno sul lato destro, di fattura chiaramente sveva, ci chiederà che cosa rappresentano; e noi che gli risponderemo, che sono le insegne degli aragonesi?".

"Oppure - fa notare Palumbieri - nella visita ai resti del muro di cinta che attraversa l’atrio del castello, diremo che appartiene agli aragonesi? Ma poi: da quando un immobile di valore storico si attribuisce agli ultimi subentranti e non a coloro che per primi vi hanno posto le fondamenta e dato luogo alla costruzione?

Il castello di Bari, ad esempio, è per definizione normanno-svevo, anche se subì rifacimenti ed ampliamenti con gli Angioini prima, e successivamente con Isabella d’Aragona".

Conclusione: "Mi sembra superfluo continuare. Piuttosto, se proprio la signora Angiuli insiste nel suo capriccio, chiami il castello di Barletta, in barba a tutti gli studiosi, “spagnolo” ma non insista in una attribuzione che non trova alcun sostegno nelle fonti storiche, né nelle linee architettoniche.

Ma l’imperdonabile incidente della signora Angiuli, a ben ricordare, appartiene alla sua presunzione di essere venuta a Barletta a portare la cultura e la civiltà. Ricordo molto bene quando, in una conferenza stampa tenuta a Roma qualche anno addietro si lasciò andare, con il colpevole silenzio assenso del sindaco Maffei, ad una gravissima affermazione, certamente frutto di ignoranza, nel senso che non conosceva e forse non conosce il recente passato di Barletta nel campo della cultura, dichiarando che aveva portato alla luce le tele di De Nittis abbandonate addirittura in un sottoscala! Al sindaco di Barletta l’appello a che i normanni e svevi, autori del castello, non subiscano l’af fronto della spoliazione del titolo di proprietà artistica ed architettonica.

Ma alla fin fine rimane sempre valida la attribuzione onnicomprensiva che uno studioso e restauratore di vaglia quale è stato il compianto prof. Marcello Grisotti ha dato: il castello".

VITTORIO PALUMBIERI

Fonte. La Gazzetta del Nord Barese
Giovedì 20 maggio 2010





 

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