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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

04/07/2010.  BARLETTA - L'EX CONVENTO DI SANT'ANDREA IN TOTALE DEGRADO: MA IL RESTAURO POTREBBE FARLO DIVENTARE UN ALBERGO....

L’ex Convento di Sant’Andrea, nel cuore del centro storico, versa in uno stato di colpevole abbandono.

L’incuria del tempo ha trasformato quello che, oltre ad essere un ex carcere, è anche una delle testimonianze architettoniche più importanti della città. Non solo ma l’ex convento si trova in una delle zone «sensibili» per quel che riguarda gli itinerari turistici.

E a tale proposito interviene l’arch. Alba Oriana Bufo.

«Troppo spesso soffermiamo lo sguardo su luoghi o eventi di carattere nazionale o addirittura mondiale, dimenticandoci delle cose preziose che abbiamo sotto i nostri occhi - precisa l’arch. Bufo - Questa disattenzione verso la storia, l’arte, l’architettura sono enfatizzate dallo stato d’incuria e degrado nel quale versano i nostri centri storici e i monumenti del passato. Barletta è come molte altre città italiane, un palinsesto storico culturale, uno stratificarsi di architetture appartenenti a epoche e tradizioni diverse. Come spesso accade alcune di queste architetture vengono dimenticate e soffocate da situazioni di speculazioni edilizia o afflitte da situazioni di abbandono. È il caso dell’ex Convento di Sant’Andrea, di cui ho avuto modo di occuparmi nella mia tesi in architettura».

«La storia di questo monumento è ricca di vi cende che né hanno determinato l’attuale configurazione e questo sin dalla sua fondazione, già controversa (alcuni storici propendono per il 1558, altri per il 1578) quando ospitava l’Ordine dei Minori Osservanti, fino alla trasformazione in carcere avvenuta nel 1876, passando per vari ampliamenti, per la trasformazione in Caserma e in Sifilicomio - è sempre l’arch. Bufo che prosegue - Oggi lo stato in cui versa l’ex Convento fa presagire il peggio, infatti in un gioco di ruoli tra pubblico e privato e rimandi di competenze ed inadempienze degli enti preposti a vigilare sul patrimonio architettonico, l’antico chiostro è imploso su se stesso trascinando la struttura del pozzo e mettendo a rischio le fondazioni dell’ex Convento e la stabilità della Chiesa di Sant’Andrea».

«Come se non bastasse a tutto ciò si aggiunge l’ignoranza e la superficialità di chi non si fa scrupolo di devastare la storia di tutti: la vera del pozzo, dove era scolpita la data del 1654 cioè dell’ampliamento e completamento del chiostro, è “misteriosamente” scomparsa, le mura dell’ex convento sono addobbate da scritte vandaliche che poco hanno a che fare con l’arte, per non parlare della precarietà della situazione igienico-sanitaria in cui versano i vicoli adiacenti all’ex convento, dove abitano molte famiglie.

Una visione auspicabile è quella che vede intorno allo stesso tavolo, Soprintendenza, la neo Provincia, il Comune e gli attuali proprietari, uniti nell’intento di recuperare e ridare una funzione pubblica a questo edificio.

Nella proposta progettuale, elaborata durante lo studio di tesi, auspico un restauro conservativo e una rifunzionalizzazione in chiave turistico-ricettiva, trasformando una strut tura che per sua natura ben si presta ad accogliere il servizio ricettivo».

«Evitando invasivi interventi di trasformazione spaziale, inoltre, il consolidamento dell’antico chiostro resosi necessario a causa del crollo, fornirebbe l’occasione per la creazione pensato come spazio espositivo, dove potrebbero trovare posto laboratori creativi e luoghi per il ristoro. Sebbene la mia tesi si presenti solo come una proposta ed uno studio personale, resta invece la denuncia legata al disinteresse dell’opinione pubblica e degli enti preposti; non è infatti più possibile nascondersi dietro un dito adducendo la motivazione della macchina burocratica inceppata, noi abbiamo il dovere di attivarci chiedendo l'interessamento del Pubblico per riconsegnare un tassello della città ai suoi abitanti.

Spero che l’immobilismo e l’indifferenza non facciano più danni del tempo».







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