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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

10/03/2011.  ANDRIA - IL MESSAGGIO PER LA QUARESIMA DEL VESCOVO MONS. RAFFAELE CALABRO.

“Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà” (Gal. 5,13)
Itinerario per la Quaresima 2011

Carissimi,

la Quaresima assume pienezza di senso solo in rapporto con la Pasqua e al tempo successivo fino alla Pentecoste, che prolunga nella gioia l’azione salvifica per tutto il ciclo dei cinquanta giorni.

La celebrazione domenicale, in questo tratto dell’itinerario ecclesiale, assume più che mai la caratteristica di evento, di occasione pastorale. In questa prospettiva unitaria la celebrazione del Giorno del Signore, dalla Quaresima alla Pentecoste, si presta a porre in risalto il “Signore dei Giorni” quale fondamento ed asse dei vari e differenti itinerari di fede, che coinvolgono la vita semplice di tutti i giorni.

Secondo gli orientamenti della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, tale prospettiva aiuta a superare una concezione frantumata dell’anno liturgico. Occorre, pertanto, assicurare un giusto dosaggio per non sbilanciare la Pasqua ed i cinquanta giorni rispetto alla Quaresima staccata dalla sua finalità.
Tale affermazione, forse un po’ sibillina, si traduce in pratica nell’illuminare la Quaresima e motivare con la luce e la gioia della Risurrezione. L’itinerario, certamente faticoso e non privo di ostacoli, della penitenza e dell’ascesi, un termine non più in voga, ma che è imprescindibile dalla vera conversione, apparirà nel suo risvolto positivo di rafforzamento delle energie interiori e di un equilibrio che dona serenità e gioia.

1. Conversione cuore della quaresima

Il termine “conversione” compare subito all’inizio della Quaresima con l’imposizione delle ceneri. Convertitevi e credete al Vangelo, che è il refrain o ritornello che inizia la predicazione stessa di Gesù, che continua e prolunga quella di Giovanni Battista, battesimo voluto fermamente da Gesù, quale segno di solidarietà con i peccatori e del suo abbassamento (kénosi).

L’appello di Gesù, molto simile a quello di Giovanni, se ne discosta poiché s’incentra sulla Buona Novella stessa del Regno, depurandolo, perciò, dalle minacce dell’ira divina.
Il Vangelo mette in evidenza l’aspetto positivo della Vita Nuova esprime la fiducia di fondo del Padre celeste nei confronti dell’uomo, nella certezza che se questi intuisce che gli viene offerto un gioiello prezioso (preziosa margarita), non si lascerà sfuggire la straordinaria ed imperdibile occasione di venirne in possesso, lasciando perdere i surrogati, la cianfrusaglia dei falsi o apparenti gioielli.

La conversione, lo sappiamo, comporta un cambio totale di mentalità e una visione del mondo esclusiva, che esclude ogni compromesso con una mentalità mondana basata su una presunta autonomia dell’uomo e dei mezzi che egli ha a disposizione per salvarsi o per valorizzare pienamente la propria esistenza.

L’umanesimo, proposto dal Vangelo, non può essere integrale se non si ispira e si modella sull’Uomo-Dio. L’umanesimo integrale, quale lo concepisce Jacques Maritain, potrebbe ingenerare equivoci ed ambiguità, certamente lontane dalle intenzioni del grande pensatore cattolico, che non ha mancato di precisare sempre di più il suo pensiero nei confronti di false e ingiustificate interpretazioni.

Ad ogni modo, la vita nuova del Vangelo consiste nell’imitazione di Cristo, nella configurazione piena a lui, anche nella prova e nel cammino verso la Croce.

2. Ascesi

Rispunta, in questo contesto, il senso vero dell’ascesi, mortificazione, che non contraddice una sana antropologia ma la rafforza, non solo con riferimento alla fede ma anche nei confronti della ragione, tenendo conto dell’unità sostanziale anima-corpo. Il noto teologo Karl Rahner definisce l’uomo come “Geist im Leben”, Spirito nel Corpo.

Il corpo non è così deprezzato, come nell’eresia manichea, quale carcere, ostacolo nei confronti dello spirito o anima, ma si compone armoniosamente con l’anima e le potenze spirituali, rivelando la sua intrinseca dignità. Ne consegue che gli istinti e gli impulsi corporei non possono né devono essere lasciati a se stessi. Ne verrebbe una situazione di disordine e di conflitto. Essi vanno contenuti, tenuti sotto controllo, e regolati in armonia con l’Io dell’uomo e con le sue potenze spirituali: mente, cuore, volontà, in modo da rappresentare una forza, anziché una debolezza ed un disordine.

Tale visione è ampiamente suffragata e documentata
soprattutto nelle Lettere paoline e data per scontata da tutti gli scritti del Nuovo Testamento.

Alla luce di questi principi e criteri risulta inaccettabile e pericolosa la concezione di Freud, secondo il quale tale impulsi o istinti non vanno repressi e sbagliano tutti coloro che usano l’autorità e l’educazione per soffocare la natura stessa dell’uomo e della sua libertà.

In uno dei suoi ultimi libri, “Il disagio della civiltà”, egli
pone sotto accusa la civiltà, la cultura e la struttura stessa della società, le quali svolgono questa opera repressiva, anche se – egli ammette – non può esistere società o civiltà senza un freno o un controllo che induca l’uomo a “differire”, e a non appagare subito tali impulsi ma solo a dilazionarli per ragioni di sicurezza o di tenuta della compagine sociale, che egli riassume nel principio di realtà.

La concezione freudiana verrà ripresa da Herbert Marcuse in “Eros e Civiltà”, molto letto ed ascoltato negli anni 50 – 70, dando origine a vari movimenti e iniziative libertarie, le cui conseguenze durano ancora.

3. Cammino verso la libertà

L’ascesi cristiana è sottesa alle pratiche tipiche della Quaresima: digiuno, preghiera, elemosina, penitenza, che cercano di tradurre in pratica la penitenza salutare dei quaranta giorni.

Comprendiamo molto bene che tali esercizi o prove di serietà cristiana si dovrebbero praticare nell’intero anno, alla luce delle letture delle cinque domeniche fino alla Settimana Santa, con il soccorso della grazia sacramentale e dell’Eucarestia.

I Sacramenti, secondo la loro stessa natura, ripetono questo ammonimento: “Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e concupiscenze” (Gal. 5, 24). Di conseguenza nella virtù cristiana della mortificazione si tratta di qualcosa infinitamente superiore alla categoria puramente morale, del dominio di sé e dell’autodisciplina, del senso della misura – cose tutte che, naturalmente, vi sono incluse - la realtà più importante è comunque la conformità a Cristo che soffre e espia.

La penitenza costituisce la vera ed unica via verso la libertà autentica.

La Pasqua cristiana realizza il suo significato etimologico:
transito - phase. Prolunga la Pasqua ebraica ma la oltrepassa e la supera e ne rappresenta il compimento definitivo. La liberazione dell’Esodo, interpretata dal Deuteronomio, è costituita dalla liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto verso la Terra promessa.

Già nell’Antico Testamento tale liberazione, avvenuta una volta sola, allude ad una liberazione continua, attestata da mille episodi consimili, analoghi, che da sempre rammentano al popolo d’Israele che il loro Dio, Jahwé, è costantemente all’opera nel corso della storia, per liberarlo e proteggerlo, come suo scudo e corazza. Il popolo ebraico è l’inventore della storiografia, proprio perché i suoi scribi prendono nota degli eventi, giorno dopo giorno, per trasmetterli ai posteri.

Il profetismo tiene vivo nel popolo questa consapevolezza e certezza, al di là di ogni dubbio e di sconfitte temporanee, perché è il popolo eletto da parte di Jahwè che tuttavia non è esclusivista nei confronti di altri popoli. Israele ha il compito e la missione di far conoscere e testimoniare presso altri popoli la volontà salvifica ed universale di Jahwè. La splendida visione di Isaia: “Tutti i confini della terra vedranno e toccheranno con mano la salvezza del nostro Dio”.

La Pasqua cristiana è l’antitipo della liberazione di Israele dalla schiavitù dell’Egitto, ma ne allarga i confini e ne raggiunge la profondità già implicita nel tipo, ma restata inespressa.

La redenzione operata da Cristo, con il suo sacrifico ed il versamento del suo sangue, culminante nella Risurrezione, libera da ben altra e più radicata schiavitù: quella dal peccato.

Gesù è “l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, così lo indica il Battista ai suoi discepoli (Gv 1, 29).

L’Agnus Dei liturgico usa il plurale, anziché il singolare del Vangelo di Giovanni, forse occultandone la radicalità. Il peccato dice molto più dei peccati, perché di questi è la radice e l’origine.

Ad ogni modo il concetto resta chiaro e si presta bene alla meditazione e alla riflessione.

4. Voi, infatti, fratelli siete chiamati alla libertà (Gal. 5,13)

Nell’epistola ai Galati, S. Paolo enuncia, in termini molto chiari, la conseguenza della redenzione operata da Cristo: la libertà, effetto della liberazione.

Dopo aver sviluppato nel capitolo 5 un interpretazione allegorica (evidenziando la sua formazione rabbinica) tra Sara, la moglie di Abramo, e Agar, la schiava convinta a surrogare la moglie legittima per dare un figlio ad Abramo, Paolo conclude: Sara è la donna libera, Agar la schiava.

“Ora, queste cose - afferma Paolo - sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due alleanze. Una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, è rappresentata da Agar - il Sinai è un monte dell'Arabia -; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la madre di tutti noi” (4, 24-25).

L’argomentazione di Paolo diventa via via sempre più esplicita e concreta:

“Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità.

Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? E' dunque annullato lo scandalo della croce? Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!

Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è legge.

Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.

Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione. Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: ciascuno infatti porterà il proprio fardello.

Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possiede a chi lo istruisce. Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede” (Gal 5-6).

L’esistenza cristiana, lievitata e mossa dallo Spirito di Dio, risulta così una liberazione da (dal peccato e dai vincoli del peccato) e soprattutto una liberazione per amare di più, essere più snelli e spediti, senza impaccio, per seguire Cristo e la sua chiamata al discepolato e all’apostolato.

Ritornando alla concezione freudiana degli istinti lasciati liberi, si può constatare come questi portino dritto dritto non alla libertà, quanto piuttosto al libertinismo, alla violenza incontrollata, all’aggressività. Esiti questi che, nelle affermazioni stesse di Freud e Marcuse, dissolvono la società nell’anarchia e nel dominio, di un uomo sull’altro, che il marxismo combatte.

Ognuno può rendersi conto della ricaduta sociale delle opposte visioni in gioco: quella cristiana e quella miope sua antagonista.

Vorrei concludere questa mia Lettera proposta come traccia possibile tra tante più autorevoli o preferite.

Disponendoci insieme a vivere con zelo e impegno la Santa Quaresima, vi saluto e vi benedico.

Andria, dal Palazzo Vescovile, 22 febbraio 2011, festa della Cattedra di San Pietro.

Raffaele Calabro
Vescovo





 

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