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Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

26/03/2015.  BARLETTA - ESCLUSIVO: LA FICTION SU PIETRO MENNEA AL GIUDIZIO DEL PROF. CARLO VITTORI, L'ALLENATORE DEI TEMPI D'ORO. "TUTTA DIVERSA DALLA VITA VERA. MA SPLENDIDA DA VEDERE". LA MINISERIE IN ONDA SU RAI UNO DOMENICA 29 E LUNEDI' 30 MARZO IN PRIMA SERATA. .

Autorino. Mascolo. Vittori. Eccoli i tre allenatori di Pietro Mennea. In ordine alfabetico e di vita. Quella vera. Ma è proprio così che li rivedremo domenica prossima nella fiction su Rai uno dedicata alla freccia del Sud?

Ho conosciuto loro tre di persona in epoche diverse. Io, classe 1954, da studente (e futuro ragioniere) all’istituto tecnico Cassandro, fra il ’68 ed il ’73, ho avuto il prof. Alberto Autorino come insegnante di educazione fisica: epoca in cui Pietro, classe 1952, vinceva i campionati studenteschi provinciali di marcia anche con una scarpa sola. Come ricorderà poi: “L’altra la persi nel fango, ma il prof mi fece segno di andare avanti, e così vinsi la mia prima medaglia…” Medaglie e trofei conservati nell’armadio a vetri vicino alla presidenza della stessa scuola al Polivalente. Di questo, e di tanto altro ancora, parlo spesso con Elvira ed Angelo, i figli di Alberto Autorino, quell’uomo distinto dall’aria di gran signore che abbandonò la carriera di avvocato per insegnare ginnastica a scuola.

Da giornalista, è stato invece con l’amico Franco Mascolo che ho debuttato nelle interviste su Mennea, quando lo allenava lui. Una relazione umana, tecnica e professionale basata su stima e rispetto fra tecnico ed atleta. Un legame sempre rimasto forte anche quando Mennea, dopo le alterne vicende umane e sportive nella naturale crescita di personalità con destini differenti, passò a Formia.

Autorino e Mascolo sono stati interpretati qui a Barletta nelle riprese a giugno scorso della fiction di Ricky Tognazzi al vecchio stadio Simeone dagli attori: che si sono incontrati o con i figli di Autorino o con Mascolo in persona. Ho assistito a questi incontri, cogliendone le reciproche, profondissime emozioni e stampandole nelle foto. Coi figli di Autorino e con Mascolo aspetteremo la messa in onda per conoscere le loro reazioni, e ne scriveremo dopo.

Ultimo ad essere chiamato in questo appello della memoria è lui, Carlo Vittori, allenatore degli anni d’oro, che il pubblico di tutta Italia rivedrà nella fiction con la faccia e gli atteggiamenti di Luca Barbareschi.

E così torno ad intervistare il prof. Carlo Vittori a pochissimi giorni dalla messa in onda del film tv/fiction “Pietro Mennea, la freccia del sud” su Rai Uno domenica 29 e lunedì 30 marzo in prima serata nella massima fascia di pubblico televisiva nazionale.

Una lunga chiacchierata telefonica con l’allenatore dell’uomo più veloce del mondo, un’intervista ben diversa dall’ultima che, per la pagina sportiva de La Gazzetta del Mezzogiorno, realizzammo io da corrispondente e Carlo Gagliardi da redattore sportivo sulla pista dello stadio di via Vittorio Veneto in quel pomeriggio dell’agosto 1980, qualche attimo dopo il record mondiale sui 200 metri del campione. Trentacinque anni fa…

Ma Vittori a Barletta c’era già stato molti anni prima nel luglio 1972, per l’appuntamento con un altro record mondiale, che Pietro a vent’anni stabilì correndo l’ultima frazione nella staffetta 4x200 con Ossola, Abeti e Benedetti nel meeting organizzato dal prof. Lattanzio sotto l’egida dell’Avis.

La sua ultima apparizione nella camera ardente di Pietro a Roma, salone d’onore del Coni, marzo 2013: maschera di tristezza infinita col suo lapidario ed autobiografico commento “Beffardo il destino di quei padri che sopravvivono ai propri figli”.

Scovato dunque con un giro di telefonate in varie redazioni di mezza Italia, raggiungo il prof. Vittori, 84 anni, nella sua casa di Ascoli Piceno. Stavolta il tema è: cosa ne pensa Carlo Vittori della fiction che tutta Italia vedrà fra qualche giorno sulla vita e le imprese di Pietro Mennea da Barletta, la freccia del Sud?

Risponde pensandoci solo un attimo, voce profonda ma squillante: “Avevo maturato la convinzione dalla lettura del primissimo copione, sottopostomi da Ricky e Simona, che non c’era, che non ci poteva essere niente di reale. La gente di tutta Italia che vedrà la fiction ovviamente si domanderà da casa: quello che si vede è accaduto oppure no? A Barletta, giù da voi, ci saranno commenti a valanga. Per Tognazzi e la Izzo è stato davvero un impegno improbo direi, ma ora posso dire davvero che il film mi è proprio piaciuto tantissimo. Si, perché mi sono ricreduto, ecco perché va visto come realmente è: una fiction sulla vita e le imprese di Pietro Mennea, la freccia del sud. Va visto come una fiction, un racconto televisivo che ha preso spunto dalla realtà, dalla storia. Ma talmente assai diverso. Diversissimo da quella realtà che ho vissuto e che ricordo benissimo…”

Tutto positivo, allora? “L’augurio, direi la scommessa era in partenza che la fiction non guastasse i personaggi: e la fiction non li ha guastati, anzi! Barbareschi è stato molto simpatico, verso tutti e verso di me più in particolare. Una bella cosa la sua produzione: nel suo totale rispecchia l’umanità dei protagonisti, tutti quanti, del film. Riondino bravissimo, si è dimostrato un vero atleta (lo dico io!) lui che è un attore. Ne sono rimasto completamente soddisfatto, a vederlo sia in pista che sullo schermo”.

L’avete visto in pochi prima di tutti gli altri? “Si, anteprima dell’anteprima di questi giorni un mesetto fa. Solo per noi, eravamo si e no una dozzina, all’anteprima riservatissima, io seduto a fianco di Manuela. La finzione si vede tutta, ma va bene così, perché dev’essere così. Nessuna critica da parte mia, io personalmente giudico ottima la riuscita dell’impresa”.

I personaggi principali? “Il prof. Autorino non lo posso ricordare e mi evito i paragoni. Franco Mascolo nel film mi è apparso anche fin troppo spigliato e perfino fin troppo padrone di sé: Nella realtà, era tutt’altro: era uno che conosceva bene se stesso e la sua personalità. Un uomo modesto, modesto perché non povero di sentimenti e di spinte sul filo del carattere. Voglio dire che era modesto perché non usciva mai dalle righe, sapeva come non uscire mai dalle righe di una vita come la sua, che non sbracava mai e stava sempre al posto suo. Chi altri mai avrebbe consegnato Pietro a me, a Formia, cioè avrebbe consegnato un Mennea ad un professore pretenzioso come io ero conosciuto allora da tutto il mondo dell’atletica italiana?
Ciò che ho visto nel film non favorisce certo la domanda: ma questo non è vero? Le cose più somiglianti fra tutte quelle che ho visto io e che vedranno gli italiani da domenica sera? La faccia di Riondino-Mennea: la stessa determinazione, quella rabbia nell’affrontare la corsa, il viso cattivo, le smorfie dello sforzo. Era questo Pietro Mennea, era proprio così quando contraeva tutti i muscoli del suo corpo e quelli della faccia”.

Qualche ricordo più personale degli altri? “La ricordo quella casa dei Mennea, col balcone dove si affacciavano tutti, compresa Angela la sorella che gli voleva un bene dell’anima. Ma abitano ancora lì? Era vicino al caffè dei fratelli Mazzocca, Franco e Vito. Ma sono ancora vivi? Loro regalavano le prime colazioni con cornetto e cappuccino gratis a Pietro, era il loro modo di sostenrlo nella vita di tutti i giorni, e quando doveva partire per gare fuori gli organizzavano le collette fra i clienti del bar”.

Il risultato finale? “E’ che questa fiction fa conoscere un grandissimo atleta, campione unico, a chi ancora non lo ha potuto conoscere, i giovani. Il mio voto: è un nove tondo tondo in pagella. Molto brava nella parte della mamma la vostra Lunetta Savino, con la parlata e gli accenti tutti pugliesi. L’attore che interpreta Salvatore, il papà, invece lui mi è piaciuto meno. Già, Salvatore Mennea: io avevo un’autentica venerazione per Mennea padre. Era, direi, uno spirito originale, bravissimo sarto, un signor artigiano di quelli all’antica. Forse con un solo difetto, almeno a parere di Pietro: mangiava spaghetti con una mano e con l’altra fumava la Marlboro. Per questo, Pietro lo sgridava sempre quando eravamo a tavola in casa Mennea, era una cosa che lo faceva imbestialire al massimo. Ricordo distintamente l’immagine che mi porto dietro da allora. Al pranzo nella casa al primo piano di via Pier delle Vigne numero 10, Salvatore Mennea a capotavola come un patriarca: la moglie Vincenza gli portava la scodella fumante di pastasciutta e lui faceva le razioni, una per tutti noi commensali. Mi sapeva di amore del padre che distribuisce il nutrimento ai propri figli ed agli amici di famiglia. Alla fine della proiezione mi sono tantissimo rallegrato con Tognazzi: “Bravo Ricky, gli ho detto, hai fatto per Pietro Mennea una cosa bellissima, davvero magnifica, direi splendida. Grazie”.

Nino Vinella, giornalista
23 marzo 2015


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Leggi lo"strillo" dell'articolo nell'edizione La Gazzetta del Nord Barese, prima pagina....


 

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