09/04/2015. BARLETTA - CASO XYLELLA: LA FRANCIA DECRETA L'EMBARGO SUI PRODOTTI PUGLIESI. MA I FRANCESI DIMENTICANO LA FILLOSSERA DELL'OTTOCENTO CHE DISTRUSSE I LORO VIGNETI E LORO VENNERO AD ACQUISTARE IL VINO QUI DA NOI. LA STORIA INSEGNA .
Caso Xylella: la Francia vieta l’importazione di prodotti vegetali dalla Puglia. La notizia bomba rischia di far esplodere i già precari equilibri nell’agricoltura dell’Europa Unita.
Non è sicuramente una nuova Disfida di Barletta, Francia contro Italia. Stavolta la storia si ripete, ma alla rovescia. Ai francesi dev’essere infatti ricordato che certi guai nessuno se li va a cercare, e che quando arrivano bisogna correre ai ripari. Non vietando qualcosa contro qualcuno ma mettendosi a collaborare insieme, magari guardando alle soluzioni fuori casa: proprio con quello spirito pratico che oggi si chiama Europa Unita ma che a metà Ottocento si chiamava ancora difesa nazionale.
E già, perché quando la fillossera (quell’insetto distruggitore arrivato dall’America) scatenò il suo iniziale attacco alle viti di Francia, spargendosi dovunque nel vecchio continente, i coltivatori di uva francesi ed i produttori di quel loro vino si mobilitarono proprio chiamando in soccorso i loro compagni di lavoro dell’Italia, del Sud in particolare, e della Puglia in modo specifico.
La fillossera, questo dannoso insetto alato che si ciba della vite, originario del Nordamerica, comparve in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, e proprio in Francia provocò in breve tempo gravi danni alle radici e la conseguente morte degli sterminati vigneti d’Oltralpe. Viticoltori e scienziati furono in principio “spiazzati” dai disastri causati dall'insetto. Finché provarono che i vigneti impiantati in terreni sabbiosi resistevano alla fillossera: ma la prospettiva di trasferire la viticoltura su terreni esclusivamente sabbiosi si doveva rivelare decisamente antieconomica e di lungo periodo.
Ecco perché l’infestazione da fillossera mandò in crisi buona parte della viticoltura europea a partire dal 1863 incrementando, proprio negli anni post Unità d’Italia, una corrente d’importazione dei vini italiani, soprattutto pugliesi e fra questi proprio il vino barlettano: di grande spessore organolettico, resistente praticamente a tutto, spedizioni di migliaia di chilometri compresi.
Il territorio di Barletta divenne così il terminale di un corridoio che funzionava a doppio binario proprio con la Francia, con significative spedizioni del nostro rosso soprattutto oltralpe. Scenario che determinò due risultati molto concreti: il primo, fu la crescita esponenziale del reddito agricolo con abbondanti esuberi di liquidità che si tramutarono nella nascita delle prime banche o casse di risparmio locali, fondate in quegli anni d’inattesa ricchezza dai ricchi possidenti agrari e dai commercianti che preferirono affrontare, si, il rischio della concessione di prestiti ai concittadini ma partendo dall’abbondante massa monetaria della raccolta di denaro di cui venivano pian piano in possesso.
Il secondo risultato fu un altro tipo di “innesto”, diremmo sociologico, causato dalle missioni nel Barlettano delle più grandi compagnie vinicole francesi: esodo che divenne stabile coi matrimoni fra i rappresentanti delle ditte di Francia con le migliori figliole dell’emergente borghesia agricola.
La famiglia Coliac ne è un esempio, quando il progenitore Fernand Coliac venne a dimorare qui da noi per governare meglio da Barletta le spedizioni del nostro vino nella sua terra d’origine: sposandosi qui a Barletta ha trapiantato un pezzo di Francia che, grazie a questo cognome, resiste.
Una grande lezione. Di vita, di stile, di… vite, di storia.
Nino Vinella Giornalista Barletta, 4 aprile 2015
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