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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

21/04/2020.  BARLETTA - EPIDEMIE NELLA STORIA: L’INUTILE “ZONA ROSSA” DELLA CITTA’ ISOLATA PER LA GRANDE PESTE DEL 1656 E LO SCIACALLAGGIO SULLA ROBA DEI MORTI. OGGI LA 5^ TAPPA DEL VIAGGIO DI MEMORIA E DI MEMORIE FRA LIBRI E DOCUMENTI CON IL GIORNALISTA NINO VINELLA.

Le misure di contenimento anti Coronavirus, le conferenze stampa della Protezione civile, l’azione del Governo, la uarantena e come informare i cittadini: la realtà di oggi da tutti noi vissuta fra media (tivvù in primissima linea) e socialmedia “globalizza” in diretta ogni forma di comunicazione di massa. Sono il tema della quinta puntata a proposito del confronto con le storiche epidemie a Barletta nella Storia, memoria e memorie fra libri e documenti. Prosegue il ”viaggio” con il giornalista Nino Vinella (Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia, Archeoclub d’Italia Onlus Canne della Battaglia Barletta) per ripercorrere tutte quelle pagine nei secoli spesso dimenticate ma utili al patrimonio identitario collettivo.

“Oltre le persone che andavano e venivano, i banni, le ordinanza sanitarie pubblicate per tutto il regno, mettevano in un continuo orgiastico allarme. E Barletta, che ne avea da trattare con Napoli (era di fatti una delle piazze d’armi del regno), dovea star più d’ogni altra vigilante” annota lo storico Sabino Loffredo per raccontare come la nostra gente visse i preliminari della grande peste nel 1656. Sono infatti le più remote cronache storiche - citate nel nostro viaggio grazie all’ormai introvabile volume di circa 600 pagine “Barletta: leggere la città” di Ruggiero Mascolo (lo studioso ex direttore di biblioteca e pinacoteca) e di sua moglie Rita Ceci, Edizioni Libreria Liverini per i tipi di Ars Graphica Barletta, settembre 1986 – a raccontarci come andarono le cose allora.

E aggiunge monsignor Salvatore Santeramo: “Fu veduto ad un tempo mettersi i rastelli alle porte della città, apprestarsi in fretta il lazzaretto, moltiplicarsi a sera grandi fiammate nelle piazze… La moria intanto di dì in dì cresceva e fatto impossibile sfuggire ormai il pericolo, in quanti disgraziati trovavansi in Barletta allora chiusi, si diffuse il terrore; e que’ che al governo della medesima erano preposti d’ogni umano soccorso sfiduciati, nel dì 29 luglio votavano a Dio la città con solenne promessa di devoti riti e di offerte a Gesù Sacramentato, al Santo Legno della Croce, alla Vergine Immacolata ed al Patrono S. Ruggiero”.

Da colto uomo di chiesa ma da acuto narratore del vivere civile in quel tempo, sempre Santeramo scrive: “E’ a credere che nei preposti al governo della città sia venuta meno l’autorità del consiglio, ovvero l’energia dell’esecuzione; e che a se stesso abbandonato, il popolo promovendo per pio scopo agglomerati nelle chiese e per le vie, sia della contagione venuto esso stesso crescendo il fomite e propagandolo. Stante che il morbo, dilagando, invase abituri e palagi, uccidendo vecchi e giovani, popolani e signori, non avendo riguardo ad età, a sesso, a condizione, non risparmiando strazi, non modi di morte spaventosi”.

E dove seppellire le centinaia, le migliaia di morti appestati? Così: sotto le mura, nelle chiese o presso i lazzaretti che dovettero essere certamente più di uno: il principale fu senza dubbio il convento della Madonna della Croce ma poi per necessità di più luoghi di ricovero e di isolamento, si fece ricorso anche a baracche di legno, a magazzini, ad abitazioni private, a botteghe, al Castello. “Lungo i palmenti, che si stendevano da Porta Nuova al baluardo di Sant’Agostino, le poche case staccate dalle mura furono in buona parte usate a lazzaretti e a luogo d’isolamento per la quarantena. Profondi cavi che accanto alla chiesa di Sant’Andrea, sotto il cortile del monastero attiguo, erano dapprima stati adibiti al seppellimento, furono presto ricolmi e fu forza trarre e accumulare i cadaveri in fosse ovunque fatte od a bruciarli. Non poche famiglie sparvero. Case e strade intere se rimasero deserte di abitatori. I superstiti se non divenuti brutali, oramai non speravano salvezza che da Dio”.

E sempre in cerca di analogie con l’odierna situazione, Santeramo rievoca quel tragico 1656 scrivendo: “Si era tormentosamente oltrepassato agosto, oltrepassato settembre ed anche ottobre, quando tanta ferocia di morbo parve accennasse a declinare, ma come fuoco di vulcano che credi spento e pe’ crepacci della crosta erompe, ringagliardiva la contagione ad ogni tratto. Forse a rifare vivaci i mali gemi aiutavano i fluidi pestilenti ch’esalavano dai carnai mal chiusi; aiutava di certo l’uso incauto che i cupidi superstiti facevano delle suppellettili dei deceduti. Scemata la paura, era cresciuto l’amore della roba. Occultavasi, si trafugava quanto esser dovea dato al fuoco o disinfettato; ed alla contagione si davano così fomiti nuovi. Fu mestiere della disinfezione delle case degli appestati che erano tante, fare il fuoco rigido ministro; e con le suppellettili si vennero dando allora alle fiamme archivi di antiche famiglie e schede dei pubblici notai, carte di interesse pubblico e privato, diplomi, privilegi e documenti d’ogni sorta, nulla risparmiandosi, niente valendo a far oculata la paura ricresciuta de’ buoni, niente a fare riguardosa la malia vieppiù ringagliardita de’ tristi”.

NINO VINELLA
5^ PUNTATA (continua)

Barletta, 21 aprile 2020

LA RASSEGNA STAMPA SUL WEB...

Epidemie a Barletta nella Storia: l’inutile “zona rossa” della città isolata per la grande peste del 1656 e lo sciacallaggio sulla roba dei morti (quinta puntata)

https://www.barlettanews.it/epidemie-a-barletta-nella-storia-linutile-zona-rossa-della-citta-isolata-per-la-grande-peste-del-1656-e-lo-sciacallaggio-sulla-roba-dei-morti-quinta-puntata/





 

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