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CANNE DELLA BATTAGLIA:
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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

10/07/2006.  Per la «Daunia felix» un museo diffuso sotto il cielo di Puglia.

La cura del corpo e i piaceri del banchetto costituivano alcune delle principali attività che si svolgevano nelle residenze rurali dei ricchi aristocratici di età tardoantica (IV-VI secolo d.C.). Come emerge dall'epistolario di Quinto Aurelio Simmaco, scrittore, retore e potente uomo politico del IV secolo, proprietario egli stesso di villae in Italia meridionale, i piaceri dell'otium, della riflessione culturale e dello studio, della caccia, del ricevimento di amici (catervas amicorum) e clienti, e quindi anche delle terme e del convivio banchetto, si accompagnavano alla cura degli affari e alla gestione delle ampie proprietà terriere. In età tardoantica, a lungo a torto considerata un periodo di crisi e decadenza, la Puglia centro-settentrionale (Apulia) rappresentava una delle aree economicamente più vivaci dell'intero Mediterraneo, capaci di attrarre gli investimenti delle principali famiglie aristocratiche dell'Impero, oltre che del sovrano stesso e poi anche della Chiesa.

La villa di Faragola nel territorio di Ascoli Satriano costituisce uno dei migliori esempi di questo tipo di villa. Non è così un caso che gli scavi, pur avendo riguardato una superficie (oltre 1500 mq) ancora lontana dal coprire l'intera estensione della residenza, abbiano finora individuato due degli elementi principali della villa, una lussuosa sala da pranzo estiva (cenatio) e le terme (balnea); la circostanza non sorprende affatto poiché è nota l'importanza assunta dagli spazi e dalle pratiche della sociabilità e della convivialità. La cenatio, organizzata come una sorta di lussuoso «padiglione» aperto verso il paesaggio circostante, era decorata da una pavimentazione marmorea nella quale erano incastonati tre pregevoli e rari pannelli in opus sectile, con decorazioni geometriche policrome realizzate mediante lastrine di marmo e di pasta vitrea. Il vano era inoltre dotato di un particolare divano semicircolare per il banchetto (stibadium) e garantiva scenografici effetti basati sui giochi di acqua e di colori. Il banchetto era sentito come una sorta di spettacolo, non solo per l'esibizione di musici, attori, mimi, ma perché la sala da pranzo era sentita quasi come uno spazio teatrale nel quale il dominus e i selezionati ospiti, nel rispetto di precise regole sociali, recitavano una parte, ostentando il proprio status: la forma cerimoniale costituiva infatti quasi un'ossessione in una società fortemente gerarchica come quella dell'età tardoantica.

Le grandi terme, estese su una superficie di oltre 7-800 mq, comprendono un ampio salone per gli esercizi ginnici e i massaggi, varie sale tiepide (tepidaria) e calde (caldaria), oltre ad una serie di vasche di varie dimensioni rivestite di marmi, tra cui una grande piscina (natatio), scoperta nel corso di quest'ultima campagna. Alcuni vani presentano una pregevole pavimentazione musiva geometrica policroma inquadrabile, sotto il profilo stilistico, nella tradizione adriatica e databile alla fine del IV-inizi del V secolo d.C. È stato proprio all'interno dello strato di crollo di un caldarium che è stata di recente rinvenuta una scultura forse adibita all'arredo di questi vani. La statua in marmo rappresenta un fanciullo paffuto, verosimilmente un Eros, appoggiato ad un albero posto alla sua destra al quale si arrampica un cane; i capelli lunghi terminanti in riccioli sono parzialmente raccolti in un ciuffo verticale legato da un nastro alla sommità della testa; quest'ultima caratteristica è tipica di Arpocrate (solitamente però raffigurato con un dito portato alla bocca), una divinità di origine egizia, la cui iconografia in età romana finì per essere assimilata a quella di Eros. Sulla base di vari elementi tecnici è possibile collocare nel II secolo la datazione della scultura, che si caratterizza per ottima fattura, come mostrano la qualità del modellato e la cura dei dettagli. Si tratta di una scoperta certamente significativa, importante non tanto in sé, ma che trae maggiore significato dal contesto della villa, confermando l'alto livello degli apparati decorativi in questo tipo di residenze.

Si conferma inoltre il fenomeno del reimpiego di elementi più antichi, come aveva già dimostrato il tondo (oscillum) del I secolo d.C. raffigurante una danzatrice e la cista mistica, reimpiegato nello stibadium, per sottolineare il carattere «dionisiaco» di questo spazio conviviale. Si tratta cioè di un tassello di un mosaico più complesso, nel quale gli aspetti del lusso e quelli della produzione, l'edificio padronale e il paesaggio agrario circostante si integrano, consentendo di leggere una pagina significativa della storia delle campagne pugliesi. Non appaia dissacrante, allora, che un'altra scoperta effettuata a Faragola in questi stessi giorni possa apparire all'archeologo altrettanto importante: una latrina. I materiali archeologici (tra cui alcune monete) e in particolare i resti archeozoologici (ossa di animali, tra cui uccelli ed anche roditori) e archeobotanici (semi, pollini, legni, carboni) rappresentano infatti uno straordinario archivio di informazioni per la ricostruzione della fauna, della vegetazione, di aspetti dell'alimentazione, cioè delle condizioni di vita in età tardoantica.

Lo scavo di Faragola è parte integrante di un progetto di archeologia dei paesaggi della Daunia in corso da anni da parte di una équipe composta da archeologi, storici, epigrafisti, archeometri, geofisici, archeobotanici, archeozoologi, archeoantropologi. Un progetto di «archeologia globale» che si avvale dell'impiego integrato di una moltitudine di fonti e di strumenti di indagine diversi, l'apporto di una pluralità di discipline umanistiche e scientifiche, di tecniche e tecnologie innovative. C'è da augurarsi che approcci analoghi ispirino sempre più anche la politica di tutela, di valorizzazione e di fruizione, da intendersi non più limitata ad una concezione puntiforme del singolo sito o monumento, ma estesa ad interi contesti territoriali, considerando il paesaggio un vero «museo» dell'evoluzione culturale, l'archivio dell'identità di un territorio.

Anche sotto il profilo della valorizzazione turistica, si dovrebbe rinunciare alla logica del singolo monumento (la Puglia non possiede un «Colosseo» o una «Pompei») creando reti ed itinerari all'interno di distretti culturali omogenei: ad esempio, nel caso di Faragola, si pensi alla possibilità di creare un sistema di «museo diffuso» della valle del Carapelle, che metta in relazione Herdonia (purtroppo in grave stato di abbandono), la villa di Faragola e le altre ville del territorio, la città di Ascoli Satriano: si offrirebbe al visitatore la possibilità di conoscere una città daunia, romana e medievale abbandonata, un esempio di azienda agricola, una città daunia, romana e medievale a continuità di vita, attraversando il suggestivo paesaggio del Tavoliere e del Subappennino.

GIULIANO VOLPE

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno 09/07/2006




Beni culturali, una nuova politica.
Non distruggiamo le tracce del passato


Lo studio archeologico dei paesaggi stratificati costituisce lo strumento più adeguato per la conoscenza e per la difesa dei paesaggi stessi e per una programmazione più attenta alla tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico, capace di conciliare le esigenze della società attuale con la conservazione delle tracce del passato. Non solo l'abusivismo edilizio ma anche le grandi opere pubbliche (si pensi ai parchi eolici), realizzate spesso senza un'adeguata «valutazione dell'impatto archeologico», rischiano infatti di ridurre il potenziale informativo dell'archivio storico conservato nel paesaggio. Ora, finalmente, si intravede un'inversione di tendenza. L'assessorato regionale ai Beni Culturali sta tentando di imboccare la strada giusta di una politica complessiva dei beni culturali, collegati all'ambiente e al paesaggio.

g. v.

09/07/2006



Clicca qui per visionare l'articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno domenica 9 luglio 2006








 

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