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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

11/09/2006.  Campello d’Itri: incontro di tre civiltà.

Un poderoso lavoro di ricerca di Albino Cece e Antonio Masella

Con uno sforzo organizzativo senza precedenti nella tradizione storica di Itri, Albino Cece e Antonio Masella, hanno passato al classico setaccio i 25 ettari di territorio montano che costituiscono l’altopiano di Campello d’Itri (Latina), arrivando a conclusioni strabilianti e mai prima d’ora rilevate dalla storiografia locale e nazionale.
Eppure questo è un luogo continuamente percorso da gente itrana e forestieri per lavoro o per svago!
Il comune di Itri è peraltro noto per aver dato i natali al famoso guerrigliero antifrancese Frà Diavolo (Michele Pezza) e per esservi qui venerata nel suo santuario la Madonna della Civita che la tradizione vuole dipinta da San Luca
Sull’altopiano di Campello sono rimaste cristallizzate e congelate, pur nello svolgersi dei millenni, ben tre distinte civiltà: un’arcaica civiltà mediterranea di cui tuttora sono sconosciute le origini all’archeologia; un tempietto ed un altare arcaici scavati nella roccia; i resti di una fortificazione eretta dal popolo aurunco in epoca pre-romana; una nutrita serie di borgate rurali medievali che potevano accogliere un numero di oltre 1.500 abitanti.
Il tutto ben conservato e facilmente recuperabile per programmare uno sviluppo turistico di qualità e di cui un modesto, ma ben sfruttato esempio, lo troviamo in Europa soltanto nelle Higlands scozzesi.
Secondo le minuziose ricerche effettuate dai due autori, le emergenze archeologiche presenti a Campello d’Itri rappresentano un vero e proprio patrimonio dell’umanità che non si può rischiare di perdere e che si è mantenuto pressoché inalterato nel tempo grazie proprio alla continua frequentazione umana dell’area che ha consentito di mantenere in esercizio i manufatti antichi.
La ricerca era iniziata con l’obiettivo di individuare gli antichi sentieri che, attraverso Campello, collegavano d’antica epoca l’area del Golfo di Gaeta con il retroterra di Pico, Pontecorvo, Esperia e Maranola che pure sono stati individuati, descritti e cartografati.
Nel corso delle ricerche, gli autori si sono trovati di fronte ad una notevole mole di resti antichi per cui sono stati costretti ad allargare i propri interessi fino a comporre un volume di grande valore documentario, corredato da centinaia di fotografie e da una specifica cartografia innovativa e correttiva dell’allocazione di ben 67 toponimi.
Sono state annotate importanti presenze speleologiche che non hanno nulla da invidiare alle più conosciute grotte di Pastena; qualche cisterna a volta interna, in origine, doveva essere un vano eretto a piano di campagna e lentamente interrato dal millenario trasporto erosivo dalle vicine colline.
Gli autori confidano, quindi, nel sostegno degli enti locali (Comune di Itri, Parco Naturale dei Monti Aurunci, Comunità Montana) per la pubblicazione di quest’opera che si ritiene fondamentale come lavoro preparatorio all’impostazione di un progetto di recupero globale del territorio di Campello a fini turistici senza mortificare, ma esaltando ed incrementando le attività rurali che attualmente vi si continuano ad esercitare.
Il più grosso problema che gli autori hanno dovuto affrontare è stato quello della mancanza assoluta di ogni tipo di bibliografia su questa località se si eccettua un solo lavoro di ricerca d’archivio relativa al 1700, cioè ad epoca molto vicina al nostro tempo, in cui si descriveva un allevamento di circa ottomila maiali che i nobili Caetani esercitavano su quest’area avvalendosi di manodopera campomelana .
Qui, ad esempio, non è stato possibile rintracciare alcuna presenza d’epoca romana tanto da far pensare che gli abitanti di questo altopiano siano passati indisturbati dall’epoca arcaica fino all’anno mille circa della nostra era. Un fatto assolutamente eclatante!
Campello è uno scrigno di ricchezze antiche tanto importanti che il popolo d’Itri ne potrebbe fare, nel totale rispetto della natura e delle attività che vi si esercitano, un centro turistico di primo livello e di una tipologia unica al mondo.
Assolutamente unica al mondo!

Campello: sulla macchina del tempo
Un viaggio dalla preistoria ai nostri giorni

Campello di Itri è stato sempre al centro della storia itrana e del circondario ma nessuno finora ne ha mai descritto il territorio.
E’ come una macchina del tempo che ci trasporta dalla preistoria ai nostri giorni ma che oggi è abbandonata a sé stessa in un angolo senza che nessuno ne sfrutti le eccezionali potenzialità turistiche ed economiche.
La continua frequentazione dell’uomo nel corso dei secoli ha contribuito in parte alla conservazione delle antiche strutture conservatesi fino ai nostri giorni.
Campello è stato fino all’epoca moderna un crocevia di sentieri che permettevano il collegamento tra la costiera tirrenica col retroterra.
Oltre che negli stessi sentieri individuati, resta traccia di ciò anche nel tempietto arcaico individuato nelle Mesole davanti al quale un intricato snodo di sentieri permetteva da Sant’Elmo di Itri di raggiungere l’altro S. Elmo di Pontecorvo ed altri luoghi circonvicini.
Forse era questo un tempietto arcaico dedicato a quell’Ercole, patrono dei viandanti, di cui resta traccia nel lacerto toponomastico della vallata di Ierchie.
Un panorama splendido che si apre sull’intero Golfo di Gaeta e sulle catene montuose contermini si gode dal monte Castellone dove finora tutti credevano esserci resti introvabili delle fabbriche di un castello medievale.
Ma qui esistono ancora e ben visibili le reliquie preziose di una antica fortificazione che ne contorna la cima e certamente opera di quell’antico popolo aurunco che difese a denti stretti la sua indipendenza contro l’invasione di Roma. Mura a secco quasi ciclopiche tutt’intorno alla cima del monte, porte d’accesso alla fortificazione, camminamenti di ronda intramurarie scavati in parte nella roccia,; sono questi alcuni dei risultati della ricognizione effettuata da Albino Cece e Antonio Masella.
Altre e più importanti strutture che vanno dall’epoca arcaica a quella medievale sono presenti nell’altopiano di Campello; tutte rilevate nel volume preparato dai due autori.
Trattandosi di uno studio fondamentale per una eventuale progettazione di recupero a fini turistici e produttivi e che richiede un costo di stampa alquanto oneroso, gli autori hanno chiesto al Comune di Itri, al Parco dei Monti Aurunci, alla XVII Comunità Montana ed alla Provincia di Latina un sostegno finanziario per procedere alla sua pubblicazione.
Soltanto così essi potranno mettere le loro scoperte a disposizione di quanti le vogliano conoscere, apprezzare e valorizzare.






 

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