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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

14/12/2006.  APPIA ANTICA DA ROMA A BRINDISI - IL MINISTRO RUTELLI PROMUOVE IL PROGETTO E LO AFFIDA A LA REGINA.

Il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Francesco Rutelli, ha proposto al professor Adriano La Regina di coordinare e guidare il progetto che il Mibac sta mettendo a punto per il rilancio dell'Appia Antica da Roma a Brindisi.
L'obiettivo del progetto è il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione del tracciato originario dell'Appia, delle sue antiche pertinenze e dei contesti paesaggistico-ambientali lungo i quali si snodava.
L'Appia prende il nome dal censore Appio Claudio che riprese, nel 312 a.C. i lavori di pavimentazione riferibili a un precedente tracciato. Nel suo percorso verso Capua e Brindisi, l'importante arteria, definita "Regina Viarum", contiene molti tratti da riscoprire, proteggere e valorizzare. Questa iniziativa sarà collegata alla rete delle vie e degli itinerari storici, culturali e religiosi che è stata affidata al coordinamento del professor Antonio Paolucci.
Adriano La Regina è stato Soprintendente Archeologo di Roma dal 1976 al gennaio 2005. E' docente presso l’Università di Roma, La Sapienza.



Fonte: www.beniculturali.it 12/12/2006

CENNI STORICI

L’Appia antica può essere considerata alla base di quello straordinario “monumento” che fu il sistema stradale del mondo romano. Essa fu infatti la prima delle cosiddette viae publicae, le grandi arterie realizzate da Roma per rispondere a una specifica esigenza tecnica sulla base di un preciso programma strategico. Un percorso artificiale e quasi sempre rettilineo, che mirava diritto alla meta. Quando l’ Appia arrivò a Brindisi venne a costituire la naturale via di comunicazione tra Roma e l’Oriente. L’anno di nascita della via fu il 441 dalla fondazione di Roma, ossia quello che per noi è il 312 a.C.

Aveva inizio dalla Porta Capena delle mura urbane (subito a sud-est del Palatino e del Circo Massimo) e dapprima arrivò fino a Formia. Poi nel 307, durante il consolato di Appio Claudio, fu condotta fino alla meta inizialmente prevista, che era Capua.

La Via Appia nacque dunque come via militare (o strategica) e la sua realizzazione fu, ad un tempo, frutto di una precisa volontà politica, segno di forza e d’intraprendenza e auspicio di successo. Non si sa se all’inizio fu pavimentata, come sembra, o piuttosto battuta, oppure inghiaiata (glareata). Di pavimentazione, con lastroni di pietra (saxo quadrato ), si parla per la prima volta, e limitatamente al primo miglio, per l’anno 296 a.C.

Dovette passare circa mezzo secolo dalla sua costruzione perché si verificasse una grossa novità. Nel 268 a.C. la via fu prolungata fino a Benevento. Seguirono poi altri prolungamenti. Interventi particolari vi sono stati nel periodo di Adriano, Settimio Severo e Caracalla quando, agli inizi del III secolo d.C., furono innalzate a Brindisi, davanti al porto, le due gigantesche colonne monolitiche a fare da segnacolo terminale della via. L’aspetto più suggestivo della via Appia è dato dalle numerose vestigia di antichi monumenti funebri, distribuiti ai suoi lati, conformemente alla legge delle XII tavole (V secolo a.C.) che vietava le sepolture entro le mura della città.

L’Appia divenne la strada cimiteriale per eccellenza; il primo tratto urbano e quello extra-urbano della via fino a Bovillae vennero caratterizzati da una fila, a volte ininterrotta e ripetuta, di monumenti sepolcrali, che la serravano come una lunga scenografica quinta marmorea (oggi essi sono ridotti al solo nucleo cementizio, privo di ogni rivestimento). Anticamente il panorama che si offriva al viaggiatore che a piedi o a cavallo percorreva la strada era estremamente vario: un gran numero di cippi sepolcrali a forma di edicola o di grande ara, statue, colonne poste come segnacoli si alternavano a monumenti a forma di parallelepipedo sormontato da piramide, oppure di cilindro su base quadrata con copertura conica o, secondo la tipologia del mondo funerario etrusco, a tumulo di terra piantato ad alberi, su un alto podio circolare.


Quando nel II secolo d.C. l’ uso dell’ inumazione prese il sopravvento su quello dell’incinerazione, le celle sepolcrali - che in monumenti precedenti, anche grandiosi come quello ben noto di Cecilia Metella, erano di dimensioni modeste – acquistarono maggiore spazio per contenere i sarcofagi, ed il monumento prese la forma di un piccolo tempio, con cella rettangolare o circolare, gradinata sul podio e frontone triangolare. L’opera di rilevazione topografica di tutte le sopravivenze archeologiche fu promossa dal pontefice Pio IX e attuata da Luigi Canina nel 1853 con l’opera intitolata “La prima della via Appia, dalla porta Capena a Bovillae”, con un volume di testo e uno di tavole. Oggi a tener viva la memoria della regina viarum e a perpetuarne, sia pure a grandi linee, il percorso, c’è la strada statale n.7 che, con lo stesso nome va ancora da Roma fino a Taranto e a Brindisi, attraverso Capua e Benevento.

Clicca qui per visionare l'antico percorso della Via Appia da Roma a Brindisi con le stazioni di posta








 

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