Ci sono tante piccole storie speciali di uomini normali ma straordinari in questa nostra Sesta provincia che la Gazzetta ci aiuta a scoprire. Oggi vi racconto io di lui, Domenico Lomuscio, settantadue splendidi anni, bersagliere sotto le armi, l’unico andriese andriese fin nel midollo ma che sa “raccontarvi” tutto su Canne della Battaglia come se fosse casa sua: cioè col cuore di chi vi ha vissuto da bambino e che festeggia oggi, 12 aprile, il settantesimo simbolico compleanno “cannese” perché è qui che ci ha passato una vita intera.
“Avevo due anni e mezzo quel 12 aprile 1937, quando mano a mano di mio padre Francesco da Andria ci trasferimmo nella stazioncina che allora si chiamava Canne Scavi. Papà fu il primo ferroviere a fare servizio su quella linea nell’area archeologica: eravamo l’unica famiglia nel raggio di parecchi chilometri. Ci svegliavamo e andavamo a dormire guardando la cittadella, che allora era un pascolo per greggi sull’Ofanto. Ma io – dice Mimì come lo chiamano con affetto amici e vecchi compagni di lavoro - ho avuto la fortuna di conoscere tutti quelli che hanno contributo per primi a fare grande e famosa Canne, dal generale Ludovico, fondatore del “Comitato pro Canne”, al professor Michele Gervasio (scopritore dei sepolcreti) negli anni Cinquanta, pionieri dell’archeologia ai tempi dell’apertura della prima mostra fotografica al museo”.
Una miniera vivente di aneddoti e di curiosità mai svelate, Mimì Lomuscio è l’ultimo testimone di quell’epoca, di quando aveva vent’anni ed iniziò a lavorare pure lui come ferroviere nella stazioncina di Canne della Battaglia dove si arriva anche oggi in treno sull’unico binario dell’altrettanto storica ferrovia che da Barletta sale su fino a Spinazzola. Nell’agosto 1954, questa stazioncina imbandierata dai tricolori passò alla storia dei cinegiornali quando, in una mattinata di festa popolare piena di sole coi militari in libera uscita e le famiglie a fare merenda sui prati, gli operatori dell’Istituto Luce ripresero l’arrivo della mitica “littorina” dalla quale scendevano politici ed autorità per inaugurare il vicino Museo ai piedi della cittadella niente meno che alla presenza di un giovanissimo Aldo Moro, allora ministro della Pubblica Istruzione.
Quando abbiamo rivisto la pellicola bianconero ripescata dagli archivi romani, negli occhi di Mimì Lomuscio c’è scappata una lacrima: “Lo vedi quel giovanotto appoggiato al muro dell’Antiquarium con la sigaretta in bocca, capelli neri lucidi di brillantina, laggiù alle spalle del professor Gervasio e di Aldo Moro? Quello lì sono io…” E poi mi tira fuori altre fotografie: luglio 1958, lui in canottiera con un gran fascio di ruca in mano, accanto all’archeologo Gervasio (in doppiopetto con l’inseparabile bastoncino ed il panama in testa) che ritornava sulla collina di Canne per un sopralluogo alla cittadella, accompagnato da Sabino Pizzuto, il pubblicista canosino con la tessera numero uno dell’Ordine dei giornalisti,che scriveva fiumi d’inchiostro sulle colonne della Gazzetta.
“Sono queste persone che mi hanno aiutato a custodire l’amore per Canne, dove ho vissuto con la mia famiglia per ben settant’anni, in quella stazioncina” confida Mimì Lomuscio. “Andavamo a prendere in calesse il professor Gervasio a Casalonga, la stazione più vicina quando Canne era ancora un casello ferroviario e prima ancora che venisse chiamata “Canne Scavi”. Il professore arrivava con un baule, faceva un boccone a casa nostra nella stazioncina, e poi lo accompagnavamo su alla Masseria dei Doronzo, sopra la fontana di San Ruggiero, che oggi è purtroppo rovinata ma nella quale io riconoscerei ancora la stanza dove dormiva il professor Gervasio e dove ha scritto le sue più grandi opere storiche su Canne”.
Nino Vinella
Giornalista, presidente del Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia
Barletta, martedì 10 aprile 2007
Fonte: La Gazzetta del Nord Barese venerdì 20 aprile 2007 (Cultura & Spettacoli)
Clicca qui per visionare la galleria fotografica