19/09/2007. Barletta - Basole coperte: un’invenzione dei Borboni….
Sulla questione delle basole coperte dall’asfalto, dispiace davvero vedere “certi” politici accapigliarsi per una materia tutt’altro di ordinaria amministrazione date le consistenti cifre da gestire. Come certamente non fa nemmeno piacere vedere larghi settori dell’opinione pubblica cittadina dislocarsi a favore o contro Tizio o Caio con quell’impeto civile che, se analogamente replicato per ogni altra problematica del genere, faciliterebbe molto il compito allo stesso Consiglio comunale ed alla stessa giunta prima di arrivare ai minimi termini… Ma se a questo basta ed avanza la nostra Gazzetta, permettetemi di fare presente che i barlettani dovrebbero essere avvezzi ormai da diversi secoli alla questione delle basole ricoperte, e che la cosa in sé per sé non dovrebbe scandalizzare più nessuno, visti gli illustri precedenti che nessuno dei “duellanti” finora in azione si è ricordato di prendere in esame. Cosa voglio dire? Facciamoci due passi dalle parti della Cattedrale, e diamo un’occhiata all’ultimissimo scavo archeologico tuttora sprovvisto di adeguata protezione ma che rende bene l’idea di quanto sto affermando. Il ciottolato, o basolato, del ‘700 in prossimità dell’abside appare molto ben conservato alla profondità di circa un metro, ed è venuto fuori da nemmeno un anno (compresi i suggestivi solchi lasciati dal passaggio delle carrozze del tempo) proprio perché ottimamente “ricoperto” da un successivo manto di altre pietre che, a quanto pare, lo hanno preservato fino ai giorni nostri, e che oggi mi permettono questa pubblica dissertazione. Con una piccola ma importante differenza. Che i nostri progenitori, diciamo “borbonici”, hanno utilizzato per lo strato della ri-copertura solo altre pietre, ben levigate, altrettanto ben squadrate e posizionate mentre gli attuali amministratori (e relativi dirigenti) hanno pensato bene di ricoprire le basole con dell’asfalto, ovvero materiale bituminoso derivato dal petrolio ad alta efficacia viscosa. Ho domandato io stesso al sindaco Maffei, alcuni giorni fa quando ci siamo incontrati per i preparativi della donazione-esposizione che farà il prof. Savasta, nostro socio fondatore e ricercatore-studioso, dei suoi reperti archeologici al Comune, in che modo altrettanto pratico si pensa di “scollare” (quando sarà) il manto di asfalto dalle singole basole, i costi di questa rocambolesca operazione, le sue modalità tecnico-esecutive e soprattutto i tempi di realizzo finale. Ma io e il sindaco siamo stati presi entrambi dalla bellezza delle selci ritrovate ad Ariscianne dal professor Savasta, e il discorso non è andato più avanti. Vorrei inoltre ricordare ai miei amici Lettori che le basole di pietra lavica provenienti dal vulcano per eccellenza, il Vesuvio, hanno da sempre rappresentato uno “standard” - per quantità impiegate e per qualità intrinseca di questa pietra – del sistema viario urbano voluto appunto dai Borboni su larga scala in ogni città, soprattutto se importante come Barletta, del loro regno delle Due Sicilie. Per cui, fra impiego della materia prima dalle pendici del Vesuvio, taglio, trasporto, magazzinaggio, risorse umane qualificate (artigiani scalpellini e via dicendo), sistemazione in loco, il processo economico finale risulterebbe oggi di sicuro assai svantaggioso per le finanze del Comune. A meno che non ci si preoccupi davvero di far riemergere quelle stesse basole fra due o trecento anni, tanti quanti ne sono passati dal primitivo basolato venuto fuori vicino alla Cattedrale e che tutti possono, oggi, facilmente ammirare visto il ragionevole tempo trascorso…
Nino Vinella Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia Barletta martedì 14 agosto 2007
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