Nuove fonti archivistiche per la storia locale. Tra le 73 pergamene di varia provenienza conservate dall’Archivio di Stato di Lecce e risalenti al secolo XV, ne sono emerse numerose rogate a Bisceglie e qualcuna a Corato.
Recentemente è stato avviato uno studio approfondito con la redazione dell’inventario di tali «istrumenti» notarili partendo dall’esame delle vicende storico-istituzionali che hanno portato alla formazione del fondo pergamenaceo dell’Archivio di Stato di Lecce per poi ricostruire il percorso che le ha portate a far parte della raccolta diplomatica.
Tra le pergamene che si potrebbero definire “biscegliesi” si è delineato un legame intorno alla figura di Antonello Berarducci, giudice ai contratti operante nella città di Bisceglie nel secolo XV.
I documenti, anche quando non vedono il suddetto Antonello tra gli attori o nello svolgimento della sua funzione pubblica di giudice, riguardano soggetti a lui legati da vincoli familiari: il figlio Andrea, la nuora Margherita dè Leoni e il consuocero Jacobello dè Leoni.
Gli studiosi si sono concentrati sulla storia dei Berarducci (alcuni discendenti vivono ancora attualmente a Bisceglie), mediante ricerche bibliografiche presso la biblioteca comunale “Sarnelli” di Bisceglie e presso la biblioteca provinciale “G. Bernardini” di Lecce.
Il giudice Antonello, capostipite del ramo biscegliese dei Berarducci, si trasferì da Teramo, precisamente da Macchialone (ora Posta), nella cittadina pugliese nel 1388. In Bisceglie intrattenne relazioni con le famiglie nobili del posto, in particolare con i Falconi ed i Frisari, imparentandosi con le stesse. Un primo collegamento tra questa famiglia e Lecce si riscontra nel XIX secolo quando Giovan Carlo Berarducci (1762-1837) si trasferì in detta città per assolvere all’incarico di giudice della Gran Corte Criminale.
La ricostruzione biografica prosegue con Girolamo Luigi Berarducci che fu sindaco di Lecce dal 1842 al 1844 e legò il suo nome alla riforma dell’amministrazione
dell’Ospedale dello Spirito Santo ed alla realizzazione del Camposanto, come testimonia una delle due epigrafi marmoree.
Le relazioni con la nobiltà leccese continuarono e si intensificarono nel corso degli anni, fino all’unione in matrimonio tra Giuseppe Rossi Berarducci Vives ed un’erede della famiglia Castriota Scanderberg. Quindi si è presunto che gli “istrumenti” in questione siano giunti a Lecce insieme ai componenti della famiglia Berarducci come “archivio di famiglia” e che siano poi confluiti nell’Archivio provinciale, divenuto in seguito Archivio di Stato.
LUCA DE CEGLIA
La Gazzetta del Nord Barese lunedì 2 marzo 2009
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