In effetti, ha cambiato il profilo della celebre cittadella che si affaccia sulla piana dell'Ofanto, tumultuoso ed affascinante anche quando straripa, fino allo splendido panorama sul Gargano, in questi giorni di primavera col cielo colorato di un azzurro terso mozzafiato.
Quella colonna di granito sta lì esattamente da settant'anni. Ed é diventata il simbolo stesso più visibile e immediato di una "certa" Canne della Battaglia fortemente radicata nel mito storico di Annibale e del suo talento militare storicizzato in tutto il mondo dalla vittoria del 216 avanti Cristo. Nè gli schiaffi del tempo né la successiva incuria degli uomini hanno potuto scalfirne l'importanza.
E' l'immagine più fotografata da italiani e stranieri di ogni età, reporter di mestiere a caccia del colpo d'occhio, piuttosto che turisti nella classica gita di Pasquetta o delle visite scolastiche.
Quella colonna fu voluta tenacemente da Michele Gervasio, l'archeologo che scoprì i sepolcreti nei tempi in cui (oggi come allora?) l'archeologia era fatta da pionieri: lui stesso ne descrive lo svolgimento delle campagne di scavo in quest'articolo della Gazzetta di martedìl 14 marzo 1939, una "terza pagina" conservata gelosamente nell'archivio storico del Comitato Pro Canne, da studiare sia per gli aspiranti giornalisti (tante foto, disegni, forte titolazione ad effetto) che per gli appassionati lettori di sempre.
Da quelle suggestive colonne di piombo fuso tipografico, il prof. Gervasio parla della colonna di Canne eretta a imperituro ricordo di quell'episodio destinato a cambiare la Storia, come scrisse nella rivista Iapigia dell'Università di Bari, con l'iscrizione sul basamento delle due celebri frasi di Tito Livio (Nessun altro popolo avrebbe resistitito a tanta rovina) e Polibio (Uomini valorosi furono, e degni di Roma) nel ricordo. Completa il monumento l'incisione (rivolta verso la pianura e non visibile subito dai visitatori) ANNO XVII E.F. essendo stato eretto appunto durante il regime fascista che datava i suoi anni a partire dal 1922 (Marcia su Roma).
In questo 2009 ricorrono dunque i settant'anni dall'installazione del cippo celebrativo: dal 1939, questa colonna - data la sua posizione dominante e visibile anche a lunga distanza - ha modificato lo "skyline", il profilo della storica Cittadella di Canne della Battaglia, divenendo essa stessa il simbolo più percepito e riconosciuto come immediato evocatore del sito archeologico di fama mondiale, accrescendone la notorietà nel richiamo intramontabile di Annibale, pur senza sottacere la presenza di insediamenti attestanti la più lontana civiltà umana fin dal VII-VI millennio avanti Cristo e fino alla distruzione operata dai Normanni di Roberto il Guiscardo (1083), in quei secoli bui dove rifulse la carismatica del Santo Vescovo Ruggiero divenuto poi Protettore e Patrono della Città di Barletta nel corso delle successive vicende storiche medievali.
Scrive così Gervasio sulla Gazzetta con stile diretto ed un tantino retorico come usava in quegli anni, riprendendo gli stessi concetti della rivista che ospitava lo studio "Scavi di Canne" nel volumetto corredato da foto ed immagini: "L’unità politica e civile del Mare Mediterraneo fu il capolavoro dello spirito costruttivo di Roma: Canne sta nel centro del grandioso panorama, e i morti, che da oltre due millenni dormono in quei 23.000 metri quadrati, sono quanto di più sacro abbia mai avuto la patria italiana. E quante altre memorie riassume questo lembo di terra pugliese! Quante vicende, dai remoti tempi della pietra a quelli dei monumenti megalitici e dell’età del bronzo, dalla età del ferro alle leggende dell’epopea omerica, dai fasti della libertà italica agli imperatori di Roma; e poi il vescovato cristiano, e poi Bisanzio, e poi i Goti, i Longobardi, i Saraceni, i Normanni, gli Angioini…
In attesa, l’Ente fascista per la tutela dei monumenti di Bari ha innalzato sulla collina di Canne una colonna di granito, alta tre metri, rinvenuta negli scavi; e sulla base, ai lati dell’ «anno XVII», ha inciso le parole di Livio: «Nessun altro popolo avrebbe resistito a tanta rovina», e le altre non meno scultoree di Polibio: Uomini valorosi furono, e degni di Roma".
Oggi possiamo affermare che quella colonna resta per sempre il simbolo di Canne annibalica, come pure che in essa si riassumono dunque tutte le epoche nelle quali la civiltà dell'uomo ha avuto dimora lungo il corso dell'Ofanto, cuore della Sesta Provincia.
Nino Vinella
Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia
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