“L’uomo Annibale” è stato il tema di una conferenza che si è tenuta a Trinitapoli presso l’Auditorium dell’Assunta, organizzata dal Comune – Assessorato alla Cultura - in collaborazione con la locale sezione dell’Archeoclub d’Italia.
Relatore Giovanni Brizzi, ordinario di Storia Romana presso l’Università di Bologna, autore di diverse pubblicazioni sul condottiero punico e sulla battaglia di Canne, avvenuta nel 216 a.C. presso la riva sinistra dell’Ofanto, nei territori delle odierne Trinitapoli, San Ferdinando, Canosa e Margherita di Savoia.
L’attenzione di Brizzi si è soffermata sui 15 anni circa di permanenza in Puglia, la maggior parte dei quali vissuti presso Salapia, l’odierna Trinitapoli, dove, tra tanto rumore di spade e spargimento di sangue, il cartaginese si innamora di una gentildonna salapina di nome Iride, figlia del patrizio Basilio e moglie del castellano Filippo, morto in guerra a Capua.
Secondo Brizzi, “Annibale (sposato con prole) non sarebbe stato troppo incline al fascino del gentil sesso, citando fonti romane e cartaginesi”.
Di questo rapporto ne scrive anche Plinio il Vecchio nel suo Historiarum mundi: “Poi c’è l’Apulia dei Dauni, così chiamata dal loro duce, suocero di Diomede. nella quale v’è la città di Salapia, famosa per l’amore meretricio di Annibale”. Se ne occupa anche Francesco Petrarca, nei “Trionfi d’Amore”: “L’altr’è il figliol d’Amilcare; e nol piega in cotant’anni Italia tutta e Roma, vil femminella in Puglia il prende e lega”.
Lo storico Hermes Filipponio, nel suo “Annibale e la battaglia di Canne” scrive che quella passione “non così viene considerata nel romanzo storico “Annibale di Cartagine” dalla scrittrice americana Mary Dolan, nel quale l’amore viene tratteggiato sotto un aspetto più umano e più nobile, che colorisce di più la figura della donna che amò, riamata uno dei più grandi condottieri della storia”.
Si discute ancora dell’ipotesi di chi sostiene che Iride abbia, indirettamente, salvato Roma, in quanto Annibale si sia fatto trascinare negli ozi, distraendosi dagli obiettivi militari.
Si narra che dopo la vittoria a Canne, il generale Maarbale, abbia detto a suo fratello Annibale: “Se vuoi affidarmi la cavalleria e seguirmi tu stesso col resto dell’esercito, fra cinque giorni ti farò trovare la cena pronta, a Roma, sul Campidoglio”.
Ma preferì attendere. Forse, milizie e viveri da Cartagine e Sagunto che non arrivarono mai. Oppure, non voleva staccarsi, così presto, da Iride. Passarono molti anni che consentirono a Roma di organizzarsi. Finché dopo la sconfitta di suo fratello Asdrubale sul Metauro, Annibale, richiamato in patria (il suo amore più grande, non ripagato) decise di tornare a Cartagine senza l’amata Iride; e così lei decide di porre fine ai suoi giorni gettandosi dai bastioni della fortezza di Crotone, anche perché Salapia era caduta nelle mani dei Romani.
Acclarate, invece, le doti di cultura (greca), la conoscenza delle lingue, e soprattutto di intelligenza e genio militare: la strategia “a tenaglia” viene, ancora oggi, studiata presso le più importanti accademie militari di tutto il mondo, a cominciare da quella americana di West Point.
Fu qui che l’apprese Norman Schwarzkopf, comandante dell’operazione Desert Storm contro Saddam Hussein, adottandola, con successo, nei confronti dell’esercito iracheno.
Altra qualità fu quella – psicologica – di infondere sicurezza e coraggio alle sue milizie, alla vigilia di scontri, con battute e sorriso sulle labbra. Gli faceva difetto – probabilmente - l’arte della diplomazia, in cui, al contrario, eccelleva Roma, sia in Italia, che in patria.
L’unica città che lo accolse fu la città fortificata di Salapia (odierna Trinitapoli) ove giunse dopo aver percorso il tratturo Tressanti-Lupara (odierna S.p. 75 Foggia-Trinitapoli) evitando accuratamente le strade dell’interno dov’erano le città di Aece (Troia) Luceria, Arpi, Herdonia e Canosa, fedeli alleate di Roma.
Salapia, poi, pagò a caro prezzo la scelta, perché, al termine delle guerre civili, quando l’architetto Vitruvio propose la bonifica e la ricostruzione della città, Marco Tullio Cicerone tenne un’orazione violenta contro Salapia (delenda est), accolta dal Senato.
GAETANO SAMELE
Fonte: Corriere dell'Ofanto Online mercoledì 13 Maggio 2009
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