28/05/2009. CANOSA - LEGAMBIENTE PUGLIA: CON LA DISCARICA A TUFARELLE SI TRIPLICANO I RISCHI PER LA SALUTE .
Legambiente Puglia ha inviato già a febbraio scorso le sue osservazioni alla Provincia di Bari e ai sindaci di Canosa e Minervino in cui ritiene che per un’eventuale concessione alla nuova discarica «si debba obbligatoriamente effettuare la Vas, la verifica ambientale strategica in quanto la Via (la valutazione di impatto ambientale) è carente proprio dell'effettivo sovraccarico ambientale legato alla presenza di una discarica attualmente chiusa perchè esaurita, della ditta Cobema, ad un impianto di trattamento acque reflue e fanghi, nonchè la discarica Bleu srl ancora in attività». «Infatti c’è la presenza di insediamenti ,attività infrastrutturali entro un raggio di 1 km dall’impianto: la condotta interrata dell’Ac - quedotto Pugliese, il torrente Locone (circa 170 m), l’impianto di discarica della Bleu - continua Legambiente Puglia - Inoltre la zona è ricca di vigneti, uliveti, frutteti e di allevamento zootecnico, anche questi omessi nella richiesta». «La necessità di produrre la verifica ambientale strategica deriva dalla presenza nella stessa area, a distanza ravvicinata, di altri impianti simili. Tale circostanza è, in realtà, un fattore di grande criticità perché la minima distanza che separa gli impianti (gestiti da soggetti differenti) non consentirebbe affatto l’individuazione, in caso di inquinamento ambientale, di individuare il responsabile e, dunque, la bonifica del sito sarebbe a completo carico della comunità». «La gestione delle discariche esistenti Bleu e Cobema implica che fino ad oggi sono state abbancate tonnellate di rifiuti “formalmente” non pericolosi ma sostanzialmente più pericolosi di quanto sarebbe possibile smaltire. - continua Legambiente - Inoltre l’area in cui si intende realizzare l’impianto presenta fattori di pressione potenzialmente ancora tanto elevati da non consentire l’ulteriore attivazione di impianti simili anche per la presenza del vincolo idrogeologico. Infatti, sebbene i progettisti abbiano argomentato in merito “alla conformazione geomorfologia del sito” che scongiurerebbe eventuali inondazioni del sito, si rileva che di norma le discariche non devono ricadere in “aree esondabili, instabili e alluvionabili; deve essere presa come riferimento una piena con tempo di ritorno di 200 anni” e non di 30 anni, così come descritto nella relazione. Inoltre il tutto è più accentuato dalla enorme profondità delle cave pari a 60 metri». «Inoltre c’è una contraddizione tra quanto esposto nell'inquadramento territoriale dove, nel contesto paesaggistico, si scrive "ampie distese coltivate" e ciò che invece viene riportato nel piano di ripristino ambientale "basso impatto adiacenza di aree incolte e adibite ad usi agricoli poveri". Le pesche , le albicocche, l'uva , le olive di questa zona rappresentano la maggior parte della produzione agricola delle due città, per cui è evidente che non si possa parlare di "agricoltura povera". - conclude - Legambiente infine evidenzia ancora che l'Enea di Roma già dal 1994 ha classificato l'area in oggetto come “sito inquinato da rifiuti tossici e nocivi soggetta a ripristino ambientale”. «Tale ripristino - conclude Legambiente Puglia - non è mai avvenuto, anzi, si continua ad autorizzare abbancamenti di rifiuti provenienti, non solo da tutta la Puglia, ma anche da altre zone dell'Italia».
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