La città si prepara ad accogliere, o meglio a riappropriarsi di un altro ipogeo, un altro sito da aggiungere alla sua offerta turistico-archeologica.
La sfida è già iniziata con la presentazione del progetto di sistemazione dell’area dell’ipogeo Varrese, redatto dall’architetto Carmine Robbe, con la collaborazione dell’arch. Matteo Ieva, su proposta dell’archeologa Marisa Corrente, direttore della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, e della Fondazione Archeologica Canosina.
«Andiamo a recuperare un ipogeo da cui è arrivata un’inestimabile collezione di reperti attualmente in esposizione a palazzo Sinesi. Collezione che fu al centro di una diatriba con la provincia di Bari, proprietaria della metà della collezione» ha ricordato il sindaco e neo-presidente della provincia, Francesco Ventola. E lo ha fatto nel corso della cerimonia della firma della convezione con cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia ha concesso al Comune 150 mila euro per effettuare il recupero del sito archeologico.
«Come istituzione – ha sottolineato Antonio Castorani, presidente della fondazione bancaria - siamo attenti al territorio e alla Puglia. Canosa ha una tradizione antica di cultura e archeologia ed è sembrato utile aderire alla richiesta del sindaco Ventola di finanziare questo primo intervento finalizzato non solo a restituire un sito al patrimonio culturale della città ma anche a fornire un ulteriore mezzo di sviluppo turistico ed anche economico, secondo le finalità della nostra fondazione».
Ma cosa caratterizza l’ipogeo Varrese? «Rispetto a tutti gli altri scoperti a Canosa, l’ipogeo Varrese è l’unico che, oltre a fornire la diretta correlazione fra struttura architettonica e corredo funerario, ha permesso di individuare un’ampia area interessata da un esclusivo processo di monumentalizzazione, nato su iniziativa dell’antica gens della città – spiega l’architetto Carmine Robbe - Un recinto cultuale colonnato, simile alla Sema, raffigurata sui vasi a figure rosse, qualifica la strutturazione del luogo a testimonianza della complessa celebrazione del rito che si svolgeva attraverso precisi percorsi cerimoniali orientati dalle strutture innalzate. Secondo le attuali ricerche e scavi, tale sistemazione non è nota neppure nella vicina e più importante città di Taranto».
Il progetto esalterà anche nella prospettiva la complessità della struttura e il centro ideale di tutto il complesso funerario.
Accanto al recupero dell’area ipogeica è stata già progettata anche un’area di servizi. «La Fondazione archeologica canosina – spie ga Sabino Silvestri - ha messo a disposizione il terreno su cui insiste l’ipogeo, terreno che fu donato dai germani Civita nel 1997 e poi il progetto realizzato da Robbe e Ieva , in qualità di soci della fondazione». Soddisfazione per l’iniziativa è stata espressa dall’assesore al turismo, Michele Marcovecchio, che si accinge a presentare nei prossimi giorni, l’iniziativa “Città aperte”: «Recuperiamo un altro sito archeologico che si andrà ad aggiungere ai beni culturali che Canosa già offre – ha detto Marcovecchio - questo intervento aumenterà l’offerta turistica della città di Canosa che si appresta a diventare la culla della cultura nella territorio dell’intera sesta provincia».
PAOLO PINNELLI
L’articolo pubblicato su La Gazzetta del Nord Barese venerdì 19 giugno 2009