26/11/2009. DALL’ALSAZIA ALLA PUGLIA NEL RICORDO DEL GRANDE FEDERICO II DI SVEVIA.
L’Alsazia riscopre Federico II (1194-1250) con un convegno di studi internazionali, tenutosi a Kaysersberg (città dell’imperatore) in questo mese di novembre. Sì perché questa terra, tra Germania e Francia, aldiquà del Reno, apparteneva alla sua famiglia Hohenstaufen, insieme alla Svevia. Allora qui era Germania. Oggi è Francia. Lui la definì «carissima al mio cuore». E quando veniva nel suo regno tedesco, la sceglieva come residenza preferita, avendo ingrandito e abbellito il castello di Hagenau, fino a farne, da cupo maniero tedesco, una magnifica reggia paragonabile a quella di Foggia. E altri castelli vi costruì, e altre città (ben 7 imperiali), esplicando anche qui il suo genio urbanistico e politico. Ebbene in tanti secoli e vicissitudini, il suo ricordo qui è stato completamente cancellato. Cominciò il re Sole, Luigi XIV di Francia che, dopo aver occupato militarmente l’Al - sazia, la francesizzò distruggendo tutte le tracce di ciò che era tedesco. La magnifica reggia di Hagenau fu rasa al suolo. Come quella di Foggia dagli Angioini. Dopo circa due secoli, nel 1870 la Germania di Bismarck riuscì a vendicare l’onta e, nella guerra franco-prussiana, strappò l’Al - sazia a Napoleone III. E poi nella 1° Guerra Mondiale la Francia se la riprese; e poi Hitler la rivolle e se la rimangiò; e poi la caduta del nazismo la riconsegnò alla Francia.
IN 70 ANNI TRE NAZIONALITÀ -Insomma un pendolo di conquista e sconfitte, di passaggi da una potenza all’al - tra: vi sono persone qui che nel giro di 70 anni hanno cambiato tre volte nazionalità. Un cumulo enorme di guerre, morti, sacrifici, distruzioni, sofferenze. Dunque siamo nel cuore dolente e straziato della nostra Europa. Il confine del Reno, con le sue ricchezze minerarie (carbone, ferro, argento) era un bottino allettante per tutti. A Strasburgo, capitale dell’Alsazia, nella grande piazza voluta dall’imperatore Guglielmo di Hohenzollern con magniloquenti edifici che dovevano esaltare la cultura e la potenza germanica, c’è un monumento ai caduti di tutte queste guerre che rappresenta una madre che piange i suoi due figli: uno su un braccio è morto per la Francia, uno sull’altro è morto per la Germania. Ma ci fu un uomo di qui che disse: «Basta! Io non voglio essere più né tedesco né francese. Io sono Europeo!». Si chiamava Robert Schumann e da questa sua affermazione prese corpo l’idea di unificare l’Europa. Così nel 1946 a Strasburgo, in place Klébert (un generale napoleonico alsaziano) nel Palais Rouge si riunirono alcuni piccoli-grandi uomini: Churchill, De Gasperi, Spaak, Adenauer e lo stesso Schumann e misero le basi dell’Europa Unita. E noi tutti abbiamo avuto 63 anni di pace e di libertà. Sicché oggi l’Alsazia in pace è un paradiso terrestre di bellezze naturali, di opere d’arte, di tracce di storia, di civiltà del vivere, di prodotti d’eccellenza, dal fois gras (che è nato qui), ai vini alsaziani, raffinatissimi e inebrianti. Girarla da un capo all’altro è un piacere indescrivibile: piccole città in cui il tempo sembra essersi fermato, con le case a colombaia (tralicci di legno che tengono stretti piccoli pezzi di muri di paglia e argilla), le stradine, le chiese romaniche e gotiche, i negozi, le tradizioni locali. A Sélestat c’è una chiesa romanica voluta dall’antenata di Federico II Ildegarda di Egisheim (1025-1095), che portò l’Alsazia in dote al marito Federico von Buren il Guercio, capostipite degli Hohenstaufen, avviando così lei, donna forte e imparentata con un papa, la fortuna del casato fino alla conquista del titolo imperiale. Una chiesa che fa pen sare, per uno strano gioco della storia, alla cattedrale di Altamura voluta dal suo pronipote Federico II. Ma poi vi è anche la Biblioteca Umanista, una delle prime del Rinascimento, epoca che trovò in questa regione una culla della nuova cultura (a Strasburgo, Gutenberg riuscì a stampare il suo primo libro).
EUROPEI DA ALLORA A OGGI - Vi si trovano pezzi rarissimi, dai Capitolari di Carlo Magno, fino alla Cosmographiae introductio in cui per la prima volta si dà il nome di America al Nuovo Mondo, scoperto da Colombo, esplorato da Vespucci ma…battezzato qui in Alsazia! A Colmar c’è la «petit Venise», un quartiere pittoresco con le case a graticcio sul canale, come fosse una Venezia in miniatura, nelle plaghe renane. Eppure è nata qui l’arte del vino bianco d’Alsazia . Lo ricorda una statua su una fontana. È un soldato con una pesante armatura che brandisce nella destra non una spada, ma le barbatelle del Tokaj, il vino che aveva bevuto in Ungheria e di cui si portò in Alsazia i vitigni. Lui si chiamava Schwendi mentre l’autore della statua si chiama Bertholdi, lo stesso che fece la Statua della Libertà, simbolo dell’America e dono della Francia. A Kaysersberg (2700 abitanti, 27 ristoranti) sembra di essere nel paese della favole: in un palmo di mano ci sono la piazza, la chiesa romanica, la statua dell’imperatore romano Costantino (rappresentato con una barba da principe tedesco…) e di sua madre S. Elena scopritrice della S. Croce; il municipio, il macello pubblico, il bagno pubblico, il mulino, i negozi, le case, tutti in pure architetture medievali e rinascimentali: le automobili che vi circolano silenziosamente sembrano fuori del tempo. Ma in alto sulla collina un’altissima e chiusa torre ricorda il controllo del territorio verso la Lorena e verso la Svizzera. La fece fare Federico II (sempre lui…) a suo figlio Enrico VII che lasciò qui a regnare al suo posto, quando lui tornò da noi. Per fortuna che non abbiamo ancora svenduto Federico II, come vuole qualcuno; mentre qui lo riscoprono. Nell’Al - sazia orgogliosa di questa identità storica, nonché della grande eredità culturale che da Federico II ci viene, a noi tutti che ci sentiamo Europei.
BIANCA TRAGNI La Gazzetta del Mezzogiorno mercoledì 25 novembre 2009
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