Per tutti i giornalisti italiani, almeno per quelli che abbiano un minimo di coscienza sindacale, Giancarlo Tartaglia è un punto di riferimento imprescindibile, un pozzo di informazioni e di saggezza dal quale attingere ogniqualvolta ce n’è bisogno.
E così, non è un caso che sia toccato a lui, a questo barese trapiantato a Roma, provare a riannodare i fili di una storia lunga più di un secolo. E così, non è un caso che la sua ultima fatica editoriale, più che essere dedicata agli addetti ai lavori, è un autentico manuale di storia, uno di quei libri che aiutano gli studenti universitari a capire l’Italia degli ultimi 150 anni.
Ieri pomeriggio, nella libreria Laterza di Bari, è stato presentato il primo volume: «Un secolo di giornalismo italiano - Storia della Federazione nazionale della stampa - 1877-1943» (Mondadori editore).
A presentarlo, insieme con l’autore, il prof. Beppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci nonché da oltre mezzo secolo tra i più attivi maitre à penser della sinistra italiana, intervenuto dopo un breve saluto di Raffaele Lorusso, presidente dell’Associa - zione della Stampa di Puglia.
Com’era prevedibile, sia il prof. Vacca che Tartaglia si sono soffermati soprattutto sul ventennio fascista. E non solo e non tanto per le innumerevoli implicazioni che il fascismo produsse sul libero esercizio del pensiero e della stampa. Paradossalmente, come hanno sottolineato entrambi, il fascismo fu capace allo stesso tempo di «modernizzare e ingabbiare l’industria editoriale italiana».
Un’opera, quella di Tartaglia, che in 503 pagine rilegge tutti i passaggi salienti della storia dell’ultimo quarto di Ottocento e della prima metà del Novecento. Un’opera in cui, attraverso la storia del sindacato dei giornalisti, si finisce per rileggere la storia dell’Italia, sicuramente la sua storia sindacale, tuttora legata a quel primo contratto siglato nel lontano 1911.
Inevitabili, nel dibattito, gli accenni all’attualità, a cominciare da quelli legati alla spartizione della torta pubblicitaria e quindi al rapporto distorto che da anni costringe la carta stampata ad essere subalterna alla televisione. Inevitabile anche l’accenno al conflitto d’interessi del premier, Silvio Berlusconi. Ma questa, come tutte le altre, è una faccenda che Tartaglia inserirà nel se condo - e perché no - nell’eventuale terzo volume.
s.b.
La Gazzetta del Nord Barese martedì 8 dicembre 2009