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Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

10/01/2010.  PROFESSIONE GIORNALISMO: ISTRUZIONI PER L'USO.

Negli ultimi dieci anni sono cambiate molte cose nel mestiere del giornalista. Anzitutto sono cambiate le regole di accesso alla professione, si sono moltiplicate le scuole di formazione, si sono infittite le norme. Un aspetto della professione non è cambiato: la sua dimensione sociale, sempre più centrale per la convivenza civile e democratica.
Non è un caso che di libertà di stampa e di censura si parli soltanto nei momenti bui della democrazia, o quando la professione tradisce il proprio ruolo contravvenendo alle regole. È doveroso dunque puntualizzare i compiti della professione e approfondire regole, diritti e deontologia perché il giornalista sia sempre all’altezza di questo suo ruolo, culturale e sociale insieme. Le nuove tecnologie hanno peraltro dilatato, in maniera fino all’altro ieri inimmaginabile, i confini della professione, facendo del giornalista non più solo la sentinella della verità ma anche il soldato delle coscienze.
Fino a dieci anni fa, chiunque volesse fare il giornalista da grande aveva un solo compito: coltivare la passione facendo in modo di frequentare una redazione. Quindi doveva rubare il mestiere al vicino di scrivania e imparare «sulla strada», armato di taccuino, di tanta volontà e di spirito di sacrificio. Finalmente questa concezione romantica del mestiere è tramontata: al giornalista si richiede non solo capacità ma anche preparazione, competenza, specializzazione. Fino a dieci anni fa, a chi volesse fare il giornalista da grande non era richiesto un titolo di studio; adesso per raggiungere la mèta è consigliato un master oltre la laurea. Finalmente.
Fare il giornalista significa anche indovinare il momento per una riflessione a tutto tondo sulla dimensione sociale della stessa professione giornalistica. L’Ordine nazionale ha colto l’attimo pubblicando in quattro volumi - a cura di Michele Partipilo la «summa» delle regole della professione. Ogni volume ha titolo e tema specifico: da La deontologia a La professione, da Il diritto a Le regole (con prezzo vario da 30 a 55 euro). Si tratta di quasi millecinquecento pagine in totale, redatte da oltre sessanta autori e pubblicate dal Centro di Documentazione Giornalistica, come tutti i volumi di preparazione all’esame di Stato che da più di trent’anni periodicamente sono stati licenziati per la formazione dei nuovi giornalisti.
I quattro tomi ancora freschi di stampa valgono come testi base per «studiare da giornalista», ma costituiscono in realtà uno strumento di alto valore culturale intorno a tutti i temi che affollano il panorama dell’informazione. Il livello scientifico dei contributi è facilmente illustrato dalle firme dei singoli saggi, affidati a specialisti della materia per quanto riguarda gli aspetti giuridici come quelli storici, filosofici, deontologici, etici, tecnici.
Qualche nome? Sergio Lepri, già direttore dell’Ansa, Luciano Violante, ex presidente della Camera, o Biagio Agnes, già direttore generale della Rai, Giancarlo Tartaglia e Alessandro Brignone, ai vertici tecnici rispettivamente della Federazione della Stampa e della Federazione degli Editori. O ancora Valeria Falcone, funzionario presso il Garante per la privacy, e il giornalista Stefano Natoli, entrambi co-curatori di due dei quattro volumi.
Nutrita la «scuola pugliese» dei collaboratori scientifici, dallo stesso Partipilo a Oscar Iarussi, entrambi giornalisti della «Gazzetta del Mezzogiorno», ad Alessandro Barbano, vicedirettore del «Messaggero», a Pino Bruno, uomo-Rai e pioniere dell’informazione online, a Francesco Giorgino, volto noto del Tg1, a Elio Donno, veterano dei pubblicisti pugliesi, ai giuristi Michele Laforgia, avvocato penalista, e Aldo Loiodice, costituzionalista dell’Universi - tà di Bari.
I quattro volumi voluti dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti costituiscono uno stimolo per la riflessione sui valori che il mondo dell’informazione ogni giorno incalza: quello della verità, quello della correttezza, quello del rispetto della persona. Le prime pagine dei quotidiani italiani degli ultimi sei mesi sono molto eloquenti da questo punto di vista: titoli impostati come sentenze, o comunque come capi d’imputazione senza appello. La scuola anglosassone di giornalismo è la più rigorosa al riguardo e distingue tra notizia e commento; un proverbio inglese non a caso recita: «Gli errori dei giudici finiscono in carcere, quelli dei medici sotto terra e quelli dei giornalisti in prima pagina».
L’Ordine professionale fa dunque - proprio in questa fase delicata per l’informazione nel nostro Paese - un’opera poderosa di riequilibrio culturale tra il diritto e il dovere di informare ed i relativi limiti, tra lo spazio che spetta all’informazione e quello che non va sottratto all’onore, alla reputazione, alla riservatezza. Lo fa riepilogando e illustrando tutti i fondamenti normativi sui quali poggia la professione, a cominciare dall’articolo 21 della Costituzione che tuttora ai giornalisti vien chiesto di imparare a memoria.
Deontologia, regole, diritti. Se la professione negli ultimi anni ha perso smalto è solo perché ha tentato di demolire impudentemente questi pilastri fondativi. Ma se il giornalismo resta ancora uno dei mestieri più affascinanti è perché ogni giorno si rigenera raccontando la vita del mondo.
ONOFRIO PAGONE


Leggi l’articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno domenica 10 gennaio 2010.



 

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