10/03/2010. PERSONAGGI - ATTILIO CALVARESI, UN AUTENTICO MAESTRO DELLA FOTOGRAFIA A CENTO ANNI DALLA NASCITA.
Il ricordo di Nino Vinella
Cento anni fa nasceva Attilio Calvaresi, autentico pioniere e maestro della fotografia di Barletta. Quando arrivò poco più che ventenne a Barletta da Porto d’Ascoli, dov’era nato l’11 marzo 1910, aprì il suo primo laboratorio all’imbocco di via Municipio con corso Vittorio Emanuele.
Erano gli anni Trenta: lui (che sfoggiava anche un bel paio di baffi d’attore) e gli altri giovanotti erano i gagà, capelli all’indietro con tanta brillantina… Per far colpo sulle signorine, i primi scatti fotografici nella Barletta di allora quel bel ragazzo marchigiano volle subito condividerli con un artista di un solo anno più giovane, e con le stesse belle speranze, Biagio Vinella, mio padre, lui sì barlettano davvero, che allora lavorava nel negozio di famiglia dell’Unica dietro l’angolo.
Proprio questa differente “natalità” finiva per accomunarli sempre più stretti come compagni in un abbraccio fra attualità fotografica ed arte pittorica. Fotografo e pittore, due vite, due talenti, due forti passioni, un’amicizia che durò fino all’ultimo giorno della loro esistenza scandita da tanti sacrifici ma sempre con l’amore per Barletta nel cuore. Li distingueva soltanto l’uso dello strumento col quale riuscivano a ritrarre una realtà viva e palpitante come la Barletta degli anni della loro giovinezza, i ruggenti anni Trenta e Quaranta del Novecento.
Biagio Vinella adoperava tavolozza e colori col suo pennello, Attilio Calvaresi invece un mezzo che, solo all’apparenza, poteva considerarsi più moderno, meccanico ed impersonale come la macchina fotografica.
Ecco perché lo sguardo “fotografico” di Attilio Calvaresi è stato acuto e sempre originale: attraverso il suo obiettivo ha raccontato la realtà della cronaca, delle persone, dei volti, dei gesti. Senza finzioni o mascheramenti i suoi sono stati gli occhi più veri su Barletta, la città che divenne la propria, quella della sua famiglia.
Per far meglio capire di cosa sarebbero stati capaci uomini che a quei tempi non avevano molti mezzi come i nostri “photoshop” e via dicendo, racconterò un aneddoto abbastanza avventuroso su Attilio Calvaresi. Doveva realizzare un servizio fotografico sulla teleferica, il grande impianto voluto per collegare le saline di Margherita di Savoia al porto di Barletta. Ma per lui era troppo semplice riprendere i pali (oggi abbattuti, chi se li ricorda più all’orizzonte della litoranea di Ponente?) dal basso in alto. E allora s’inventa un colpaccio da inviato speciale: si fa caricare a bordo di un carrello, si, e così fotografò dall’alto il mare, le navi, la spiaggia sballottolato su questa navicella sospesa ad almeno una ventina di metri!...
Ricordo che da bambino accompagnavo mio padre a trovare l’amico Attilio seduto allo stesso bancone tuttora esistente nello studio di corso Garibaldi, il suo piccolo grande regno, dove operano oggi i nostri colleghi, il figlio Ninì (Vincenzo) e l’omonimo nipote, entrambi apprezzati cinefotoreporter: lui mi salutava con uno scappellotto (alias “scapilatozzo” alla barlettana) mentre lo vedevo ritoccare un negativo (c’erano allora solo le lastre di vetro) usando quella stessa certosina pazienza che Biagio Vinella metteva nel ritoccare col pennellino i suoi quadri.
Oltre ad Attilio Calvaresi hanno operato dopo di lui tanti altri nel settore, da Capacchione di Foto Impero a Gianni Gentiluomo. Ma in lui c’era una visione della realtà tutta originale che trasferiva nel bianconero di alcune fotografie alla Luxardo, i ritratti ad esempio, e che poi sarebbe sfociato nell’uso delle immagini come se fossero stati articoli di giornale, con le foto spedite via fuorisacco alla Gazzetta di Piazza Moro a Bari per essere trasformate in quelle lastrine di zinco dette clichè.
Come mio padre a soli cinquantaquattro anni nel 1965, anche Attilio Calvaresi ci ha lasciato prematuramente nell’agosto del 1968. Oggi nonno Attilio sarebbe contento di essere l’amato patriarca di un bella nidiata di nipoti tutti affermatisi in suo onore.
Nino Vinella
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