Il Parco Nazionale dell'Alta Murgia pubblica sul proprio sito web ufficiale www.parcoaltamurgia.it "Fitostoria descrittiva della Provincia di Bari" relativa ai 13 Comuni del Parco. La "Fitostoria descrittiva" il cui autore è padre Antonio Amico, docente presso l'Istituto di Botanica dell'Università di Bari, è un testo del 1954 ormai introvabile.
Una quantità straordinaria di informazioni storiche e naturalistiche la cui pubblicazione della "Fitostoria" è stata autorizzata dalla Accademia Pugliese delle Scienze, presieduta dal prof. Vittorio Marzi. Per quel che concerne Spinazzola il viaggio nel tempo ripercorre la descrizioni del nome della città per poi condurre con vari cenni storici ad alcuni inediti che arricchiscono ancor più quel che sino ad oggi si conosceva. Tutto ovviamente da approfondire.
Dalla stazione romana collocata presso un grande pino "Ad Pinum" sarebbe derivato il nome di "Espinosolo" poi "Spinosolo" ed infine "Spinazzola", anche se l'autore aggiunge: "A dire il vero questa spiegazione etimologica mi pare un po' a longe petita. Nei documenti più antichi è detta Spennazzola". La storia del possedimento del territorio parte dal XIII secolo con Re Ferrante, il 1399 diventa feudo di Stefano Sanseverino, mentre nel 1492 diviene proprietà del conte di Muro Mazzeo Ferillo. Ed è da quest'atto di vendita che si può dedurre lo stato dell'agrodi Spinazzola composto da 18.268 ettari.
Altri cenni storici portano ai d'Aragona Alfonso e Francesco, per giungere nel 1534 agli Orsini. Nel 1668 ancora una volta il feudo viene rivenduto, questa volta al Duca di Calabritto della famiglia Tuttavilla. Una delle dispute che segnano la storia è quella del bosco di Acquatetta passato da diritto di legnare il secco degli spinazzolesi che ne godevano sin dal 1435 a Minervino.
Una lunga disputa di annessione che ebbe iniziò nel 1799 per concludersi davanti al Tribunale di Bari il 22 marzo 1822 con vittoria della città di Minervino. Sotto l'aspetto più naturalistico il testo evidenzia quel che nei secoli è stato il patrimonio boschivo del territorio che ha subito diverse trasformazioni a favore di una conversione ad uso agricolo. Molte centinaia di ettari di bosco furono trasformati.
Un patrimonio botanico che ancora oggi continua ad essere depauperato non più per esigenza di trasformare il suolo a coltura, bensì, spesso, per mano incendiaria, come la recente cronaca testimonia. Dal passato, emerge un territorio ricco di vegetazione, pascoli, una identità che specie negli ultimi cinquant'anni è andata ancor più perdendosi.
COSIMO FORINA
Fonte: La Gazzetta del Nord Barese
Venerdì 1° ottobre 2010