Non si può ridurre a un semplice conflitto di gusti l'attuale mostra di giocattoli giapponesi contemporanei, di gran marca e di prezzo elevato, al castello di Versailles ridotto a vetrina pubblicitaria.
Questa confusione di generi (scioccante per alcuni, interessante per altri) è rivelatrice di una deriva di ben più ampio respiro, e che sconfina nell'estetica, cosa che ha molto a che fare con questa materia.
Ho denunciato nel 1992, ne L'Etat Culturel (Lo Stato culturale. Una religione moderna, Adelphi 1993), le origini di questa deriva. Nel nobile nome della democratizzazione culturale, lo Stato, non contento di vigilare sul patrimonio nazionale, del quale ha la responsabilità, si considerava già un mecenate dâÂ?Â?avanguardia.
E sentiva il bisogno di sovvenzionare e di ospitare il rock, il rap, il tag e altri prestiti della cultura di massa americana, avanguardista per definizione. Il successo commerciale di questi irresistibili spettacoli di varietà era comunque ben assicurato dai loro potenti mezzi di diffusione privati, che sono le vedette dell'arte cosiddetta «contemporanea», dai loro non meno abili galleristi e dalle loro famose «Fiere».
Koons è stato esposto, dopo Versailles, alla galleria parigina Noirmont. Non tarderemo a vedere Murakami esposto alla galleria Gagosian, appena aperta a Parigi. Non mancano di certo nemmeno i musei pubblici d'arte cosiddetta «contemporanea».
Marc Fumaroli storico e saggista, Académie Française © «Le Monde», 2010 e, in esclusiva per l'Italia, «Il Giornale dell'Arte»
per gentile concessione
http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2010/11/104864.html