Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza Archeologica di Roma
Roma, Anfiteatro Flavio, 4 luglio 2003 – 7 gennaio 2004
Ulteriori informazioni ed immagini: www.studioesseci.net“E’ là ad Olimpia che si affrontano i corridori più veloci,
là che si giudicano la forza, il valore, la resistenza alle fatiche.
E il vincitore, per il resto della sua vita, conosce la felicità e la gioia che gli vengono dai giochi.
E’ una gioia che si trasmette nel tempo, nei giorni:
è la gloria, bene supremo per gli uomini”
Pindaro (Olimpica I)Dopo il successo della mostra Sangue e Arena che nel 2001 ha registrato quasi un milione e mezzo di visitatori ed ha inaugurato gli spazi espositivi del Colosseo, la Soprintendenza archeologica di Roma ha ideato nella stessa maestosa cornice un’esposizione sull’agonismo sportivo nell’antichità classica. Scelta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per inaugurare il semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, questa mostra si propone come un percorso storico delle competizioni sportive classiche nel mondo greco e romano. La mostra si inserisce nel programma di restauro finanziato da Banca di Roma.Un rametto d’ulivo, foglie d’alloro, una fronda di palma. Piante frequenti, consuete nel paesaggio mediterraneo: eppure, nella loro semplicità e fragilità, sono diventate simboli universali della gloria, addirittura dell’immortalità. Erano il premio per i vincitori, per coloro che ottenevano il successo nelle gare sportive del mondo antico.
Sublimando e celebrando la Vittoria, soprattutto nella celebrazione quadriennale dei Giochi Olimpici, gli antichi Greci hanno dato ulteriore spessore e concretezza alla definizione di un modello “classico” per l’uomo “moderno”. Scendere nello stadio, cimentarsi nelle palestre o quanto meno partecipare alle gare anche da semplice spettatore diventa così un’attività non meno importante e profonda dello studio della filosofia o di assistere a una tragedia a teatro. Nel mondo greco l’esercizio fisico e la competizione leale sono diventati parti essenziali, quasi proverbiali, di una completa formazione dell’individuo: il motto “citius, altius, fortius” (più veloce, più in alto, più forte), adottato dal barone de Coubertin per le Olimpiadi moderne, è molto di più che un incitamento sportivo, può essere visto e interpretato come un vero e proprio programma morale.
Nell’arte greca e romana le figure destinate a impersonare la Vittoria erano scattanti e meravigliose, con lunghe vesti ondeggianti e ampie ali spiegate, pronte a balzare dal mondo degli uomini all’Olimpo degli dei, e a portare con sé il nome, il ricordo, l’immagine del trionfatore. La Vittoria è alata, non solo perché porta in alto il vincitore al di sopra dei comuni mortali, ma anche perché è rapida, ci passa davanti e va, letteralmente, presa al volo, come l’attimo fuggente di un destino che ben difficilmente offrirà un’altra opportunità: nella vita di un atleta, quattro anni non sono pochi e mantenere intatte le possibilità di un successo da un’Olimpiade all’altra è difficilissimo. Per questo, la figura della Nike appare inafferrabile e fascinosa, sembra scivolare via nel fruscio lieve di un peplo, nell’istantaneità irriproducibile di un sorriso. Proprio il contrario delle seriose, gravi e monumentali immagini degli sportivi che ci sono giunte dal mondo classico: discoboli piegati nello sforzo, pugili dal naso rincagnato che si riposano, atleti ansanti che si detergono con lo strigile. La Vittoria corre veloce, pronta a offrirsi a nuove mani: il vincitore viene celebrato da capolavori della poesia e scultura antica, il suo nome e la sua immagine resteranno famosi attraverso i millenni.
Il percorso della mostra, aperto dalla splendida Nike di Napoli, è studiato come un viaggio “in immagini e versi” tra alcune delle più belle opere atletiche che l’arte classica ci abbia lasciato. Attraverso le splendide raffigurazioni sui vasi attici dal museo di Taranto, di Napoli e dal Louvre potrà rivivere la solenne atmosfera dei Giochi e l’autentico “spirito della gara”, il cui fine ultimo non è “partecipare”, o “guadagnare”, ma “vincere”. Compagne di viaggio saranno anche opere di impressionante efficacia come i Corridori da Ercolano, per la prima volta esposti fuori dal museo di Napoli, il Pugile delle Terme, uno dei bronzi più famosi dell’antichità e l’opera che meglio di ogni altra mostra l’altra faccia delle competizioni, e cioè i sacrifici del duro allenamento dell’atleta e la difficoltà della lotta; infine, il gruppo dei lottatori da Ostia, in mostra per la prima volta dopo un restauro che contribuisce ad una sua reintepretazione. 70 circa sono le opere - tra statue, vasi, rilievi, mosaici e oggetti, gli attrezzi del gioco insieme ai corredi atletici completi delle tombe di Lanuvio e di Vulci-, esposte secondo un itinerario che virtualmente passa dall'interno del ginnasio al momento agonistico e infine alla premiazione dell'atleta.
Un allestimento essenziale e lieve come le silhouette dei vasi attici sostiene con l'uso di colori brillanti - insolito per una mostra archeologica - il clima festoso e ludico della preparazione dell'atleta-cittadino con i suoi riti o quello coinvolgente dei Giochi documentato nella sezione descrittiva delle discipline sportive. La mostra veste invece un abito più austero, dai toni e dalle sfumature più solenni, nel momento della glorificazione e della Vittoria, quando al fianco della Nike che incorona i vincitori e delle grandiose sepolture aristocratiche in cui la virtù atletica compare alla pari di quella militare, sfilano le statue celebrative dei nuovi eroi. Sono raccolte infine le creazioni di alcuni dei più grandi scultori: il Discobolo di Mirone, il Cinisco, il Diadumeno e il Doriforo di Policleto altro non sono che le immagini immortali di atleti vittoriosi. Queste opere, che per secoli sono state il paradigma della classicità, si potranno finalmente ammirare per la prima volta una accanto all’altra, come vicine erano le statue dei vincitori che affollavano i santuari panellenici. Di fronte a tutte queste immagini, che da sempre rappresentano la quintessenza del più puro spirito agonistico, stanno opere di grande impatto che ben testimoniano quale diverso spirito animasse le competizioni sportive a Roma. Di fronte all’eleganza dei vincitori greci basta l’aspetto rude, quasi brutale, dei pugili nei mosaici delle Terme di Caracalla e Eleniane a dimostrare come lo sport a Roma non fosse più una pratica nobile ma un’occasione di divertimento e tifo a volte estremi, alla pari dell’entusiasmo sfrenato che circondava contemporaneamente i giochi gladiatori nel Colosseo.