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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

05/01/2011.  BARLETTA - VENERDI' 7 GENNAIO FESTEGGIA IL TRICOLORE SIMBOLO DELL'UNITA' D'ITALIA NEL RICORDO DI RAFFAELE LACERENZA, QUEL GARIBALDINO BARLETTANO CHE COSTITUI' "I CACCIATORI DELL'OFANTO". .

Venerdì 7 gennaio Barletta partecipa commossa ed orgogliosa ai festeggiamenti per il Tricolore come simbolo dell'Unità nazionale, specie quest'anno in occasione dei 150 anni da che fu fatta l'Italia una e indivisibile.


Si parla, è vero, di federalismo, e se ne parlerà ancora di più toccando fra poco in Parlamento il settore delle municipalità più a diretto contatto con la gente e col Territorio.


Ma anche la Città della Disfida non può fare a meno di ricordare a se stessa, all'opinione pubblica ed a chiunque abbia sensibilità e attenzione ai valori fondanti della nostra Carta Costituzionale, specie il mondo delle Associazioni di Volontariato operanti nei vari settori della vita civile, come le Scuole e quanti altri, che fu proprio Barletta ad essere prescelta come sede di reclutamento di italiani per la III guerra di indipendenza del 1866, unica nell'Italia Meridionale.


Nella nostra Città la sera del 9 giugno del 1866, giunse Menotti Garibaldi, figlio dell'eroe dei due mondi, in un'atmosfera di italianità degna dell'occasione storica, come i nostri studiosi di storia locale annotarono nei loro scritti al di là della retorica.


Conserviamo nel nostro Museo la storica bandiera di quel Reggimento.


Francesco Saverio Vista ricorda così l'accoglienza riservata a un tanto personaggio: "Fu accolto alla stazione da tutte le autorità, dalla banda musicale e da una enorme quantità di Garibaldini, che l'accompagnarono tra gli evviva e i battimani a casa del compianto Cav. Vito Cafiero, da lui offerta gentilmente. Difficoltà concrete, a dire il vero, in quel giugno 1866, dovette affrontarle il Sindaco Nicola Parrilli, costretto ad alloggiare una marea di giovani che, in un solo giorno di quel mese, raggiunsero il ragguardevole numero di dodicimila reclute in una città che, al censimento del 1842, registrava una popolazione di ventiseimila residenti. Furono così costituiti, in quei giorni, il IX e il X Reggimento dei Volontari Garibaldini che presero il nome di Brigata Barletta".


Michele Cassandro aggiunge: "L'accenno alla disfida provocò nei Garibaldini uno scoppio irrefrenabile di applausi. Il Comandante della Brigata, Maggior Generale Pichi conte Angelo, espresse i sentimenti della Camicie Rosse per la cordiale, fraterna assistenza fatta loro dai cittadini di Barletta. Il 9° Reggimento, il 29 Giugno, è a Bergamo in movimento per Lonato e Salò, il 7 Luglio, con Garibaldi, a Rocca d'Anfo. Il 10° Reggimento partecipa con successo a sanguinosi scontri e occupa forti posizioni nemiche. Bezzecca fu presa e riconsegnata al suolo della Patria, ma il 25 di luglio pervenne a Garibaldi il noto dispaccio Armistizio firmato, evacuare Trentino.


Allo scioglimento della Brigata Barletta, Menotti Garibaldi, con lettera autografa di vero e sentito apprezzamento per i suoi soldati e per la città, restituì la gloriosa bandiera, decorata al valor militare, del 9° Reggimento, preziosa testimonianza per Barletta che, con orgoglio può ritenersi città leader, non solo nel ristretto territorio tardivamente assurto a Provincia, ma nell'intero Meridione d'Italia, in quel faticoso e contrastato processo storico dell'unità della Nazione".


Ma è proprio alla figura di Raffaele Lacerenza, il garibaldino di Barletta, che si deve tutto questo, come ci ricorda lo storico barese De Ninno nella sua biografia sull'eroe pubblicata nel 1913 e da cui ricaviamo queste note.


"Un personaggio forse non molto conosciuto, che ha fatto la storia al fianco di Mazzini e Garibaldi. Egli è educato sin da piccolo alla ricerca della libertà intesa nel senso più assoluto del termine, come dimostrano le sue scelte. Quando infatti per il Regno delle due Sicilie si apre una luce di speranza con la ascesa al trono di Ferdinando II di Borbone, egli si arruola volontario nelle file dell'esercito. Ma dopo il 1831 le aspettative non sono più rosee e l'idea di libertà comincia ad essere offuscata. Ed è allora che stringe amicizia con alcuni patrioti aderenti alla Carboneria e si accosta ai principi di Giuseppe Mazzini.


Ha inizio così la sua lunga odissea. Accusato di cospirazione ai danni dell'autorità reale, nella città di Penne nel 1831, è prima rinchiuso nel carcere militare e in seguito rimesso in libertà per mancanza di prove. Umiliato e deluso, decise di abbandonare il Regno: si reca prima a Corfù e poi a Smirne, dove conosce i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera. Con loro decide di scrivere a Mazzini per affiliarsi alla "Giovine Italia" e da quel momento ha inizio la sua corrispondenza col grande italiano.


Da Smirne a Costantinopoli, dall'Egitto al Mar Rosso, da Bombay a Madras, trascorre ben 14 anni in esilio volontario. Sempre fermo nelle sue convinzioni repubblicane ed umanitarie; quando nel '48 riceve l'avviso di ritornare in Europa dal comitato di Londra presieduto da Mazzini, parte. È giunto finalmente il momento di mettere in opera i suoi principi. A Londra si mette in contatto con Mazzini, dal quale riceve la "missione" di andare in Francia ed in Italia per mantenere desti i focolai della rivoluzione.


Infatti, dopo essere stato in Belgio, in Francia e nell'Italia del nord, si stabilisce a Firenze da dove diffonde a proprie spese in tutta Italia seimila copie del "Decreto di grazie ed onori" concessi dal governo di Montevideo ai legionari italiani comandati da Garibaldi nella Guerra dei Farrapos. Egli, nonostante sia fortemente sospettato e sottoposto a vigilanza, continua a lottare. Infatti, non appena Palermo insorge il 2 gennaio 1868, si reca a Napoli per convincere il re ad accordare la costituzione.


Il re promette che la concederà: allora egli ritorna a Barletta, dove contribuisce, sulla scia delle altre province, alla organizzazione della Guardia Nazionale. Più tardi viene però arrestato in seguito ad un rapporto fatto dal Sottintendente di Barletta cav. Francesco Coppola, per il quale, il Lacerenza ed altri compagni avevano organizzato bande armate contro l'autorità reale.


Prosegue così la sua odissea, fatta di incomprensioni, carcere, peregrinazioni, finché non viene da Mazzini l'ordine di ritornare nel Napoletano. Qui, e soprattutto nel Barese, crea sollevazioni, proclama governi provvisori.


Nel Foggiano crea addirittura, con le forze insurrezionali, un Corpo a cui dà il nome di "Cacciatori dell'Ofanto". Si unì, insieme ad un gruppo di volontari, ai mille di Garibaldi sbarcati in Sicilia, al comando del "battaglione Lacerenza" che prese il suo nome su espressa richiesta dei volontari, con il grado di maggiore comandante, essi furono inquadrati nella prima compagnia comandata da Nino Bixio.


Uomo instancabile, fedele ad un'unica bandiera, quella della libertà, non smise di lottare finché non sarà collocato a riposo dal governo. Rifiuterà sempre le innumerevoli offerte, anche da parte di Garibaldi, di candidarsi a deputato del Regno d'Italia, non volendo in alcun modo rinunciare alle sue convinzioni repubblicane.


Si ritira da prima a Milano e poi a Napoli nel 1874, dove resterà fino al giorno della sua morte, avvenuta il 29 dicembre 1889".


LA SCHEDA STORICA


La bandiera italiana


Nasce ufficialmente il 7 gennaio del 1797 la bandiera italiana tricolore. Fu in quella data, infatti, che nella Sala del tricolore, oggi sala consiliare del comune di Reggio Emilia, era riunito il Parlamento della repubblica cispadana, su suggerimento del sacerdote cattolico Giuseppe Compagnoni decreta "che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti".


Ispirata evidentemente alla bandiera francese del 1790 la scelta delle fasce di uguale misura in tre colori diverse deriva dai vessilli della Legione Lombarda che avevano appunto i tre colori bianco rosso e verde. Il bianco e il rosso compa rivano nello stemma comunale di Milano (croce rossa in campo bianco) mentre il verde era il colore della guardia civica milanese. Nel corso degli anni la bandiera tricolore ha mantenuto gli stessi colori ma cambiato foggia fino alla nascita della Repubblica, quando un decreto legislativo presidenziale del (19 giugno 1946) stabilì la foggia della attuale bandiera.


Ogni 7 gennaio si festeggia la festa del tricolore, giornata nazionale della Bandiera, in particolare a Reggio Emilia è prevista ogni anno la visita di una delle più alte cariche dello Stato (Capo dello Stato o il Presidente di una delle Camere), mentre al Quirinale è previsto il cambio solenne della Guardia, che i Corazzieri svolgono in uniforme di gala, che altrimenti avviene solo il 2 giugno.


PER SAPERNE DI PIU'...


ROMA - IL QUIRINALE FESTEGGIA IL TRICOLORE CON SFILATA E FANFARA


http://it.notizie.yahoo.com/19/20110104/tpl-quirinale-venerdi-festa-tricolore-co-1204c2b.html


 


E ANCORA...


 


15/11/2004.  BARLETTA, IL TRICOLORE... INVISIBILE. 


http://www.comitatoprocanne.com/newsDett.asp?news=138


 


 






 

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