LE TESI DEI NEOLAUREATI DEL NORD BARESE SULLA GAZZETTA
Maria Pia Panessa si è laureata con il massimo dei voti in Lettere classiche all'Università di Bari, discutendo una tesi sull'archeologia nella Magna Grecia
Ritrovati in Daunia in contesti riferibili ad un periodo compreso tra IV e III secolo a.C.L'argomento della mia tesi è la ceramica di «Gnathia» o, più comunemente, di Egnazia, ritrovata e prodotta in Daunia. La ceramica di «Gnathia» rientra pienamente nella produzione artigianale apula di età ellenistica.
Essa si distingueva dalla maggior parte dei prodotti artigianali apuli per la tecnica di decorazione, che consisteva nel coprire la maggior parte o tutta la superficie del vaso con vernice nera, di solito immergendo il vaso nella vernice, e poi applicando la decorazione con colori sovraddipinti (soprattutto bianco, giallo e rosso, ma anche, più raramente, verde, viola ed azzurro) direttamente sulla superficie verniciata. Ricoprendo la vernice bianca con un leggero strato di vernice diluita si produceva una tinta giallognola, adatta sia a rappresentare oggetti di metallo o capelli biondi, sia a creare l'ombreggiatura e ad impartire un senso di tridimensionalità. La denominazione ceramica di Egnazia risale al Minervini che, nel 1845-46, pubblicò due interventi su alcuni di questi vasi scoperti vicino Fasano, ritenuta l'antica Egnazia.
Il termine apparve subito inadeguato ed insufficiente: l'estesa diffusione di tale produzione non solo in altre località pugliesi ma anche in Campania, Sicilia, Etruria ed in altre zone del bacino del Mediterraneo portò presto a preferire la denominazione «ceramica sovraddipinta policroma». Oggi gli studiosi si interrogano su alcuni aspetti di questa produzione rimasti problematici, quali l'inquadramento cronologico, soprattutto i limiti cronologici riferibili al suo momento conclusivo; la localizzazione di altre officine e di altre zone di diffusione; i modi di produzione e commercializzazione dei prodotti; l'organizzazione degli atelier specializzati. I vasi decorati in stile di «Gnathia» sono stati ritrovati, in Daunia, in contesti riferibili ad un periodo compreso tra IV e III secolo a.C. Nella mia tesi ho analizzato 170 vasi, approntando un catalogo con scheda e fotografia, ritrovati in contesti funerari di Canosa, Arpi, Ascoli Satriano, Barletta, Bovino, Ordona, San Severo, Lavello e Melfi, tutti appartenenti a questo periodo. La produzione di questa ceramica è strettamente legata ad un fenomeno di crescente ellenizzazione, che interessò la Peucezia e la Messapia già in età arcaica con la fondazione di colonie greche: i primi vasi sovraddipinti furono prodotti in officine che producevano vasi decorati a figure rosse, da parte di artigiani attici emigrati nelle colonie fondate in Puglia.
Alcuni studiosi ritengono che la ceramica di "Gnathia" sia stata prodotta per la prima volta in un'officina di vasi a figure rosse di Taranto, che, per lo sviluppo e la ricchezza raggiunti nel IV secolo, sembra il luogo più probabile dove una tale innovazione potesse aver avuto luogo. Alcune caratteristiche dei vasi di "Gnathia" , come la presenza del graffito, l'impiego delle stesse tipologie morfologiche, l'uso della sovraddipintura, l'adozione di un analogo repertorio iconografico e decorativo, comuni alla produzione a figure rosse, danno valore all'ipotesi di uno stretto legame tra le due classi ceramiche. Successivamente, con la rarefazione dei rapporti delle colonie con la madrepatria, le officine apule furono costrette a coprire il fabbisogno locale con una produzione autonoma. Tutto ciò dovette accadere all'incirca nella prima metà del IV sec. a.C. L'ellenizzazione, con la penetrazione di modelli greco-italici, interessò la Daunia a partire dal IV sec. a.C., in ritardo rispetto alla Peucezia e alla Messapia; in particolare, i primi centri coinvolti furono quelli più evoluti e più vicini all'area peuceta, come Canosa, e solo nella seconda metà del IV secolo il nuovo linguaggio espressivo comparve nei centri più settentrionali. Inizialmente, la ceramica di "Gnathia" giunse in Daunia come materiale di importazione, insieme a vasi a vernice nera e a figure rosse, tipici prodotti di derivazione ellenica, dalla Peucezia e dalla Messapia. Infatti, i primi vasi in stile di "Gnathia" appaiono in contesti riferibili alla metà del IV sec.a.C. e trovano puntuali confronti con la produzione tarantina e peuceta.
Nella seconda metà del IV sec.a.C. la ceramica di "Gnathia", insieme ai vasi a figure rosse, iniziò ad essere prodotta in officine daunie, come dimostrato dal sistema produttivo e commerciale, dall'esame delle forme e delle decorazioni, dalla distribuzione dei prodotti pertinenti ad una stessa officina, dalle prime osservazioni sulle caratteristiche tecniche dell'argilla. Anche se nella seconda metà del secolo la produzione di ceramica in stile di "Gnathia" aumentò e presentò caratteristiche peculiari, essa mantenne un modello distributivo disomogeneo e limitato nel tempo. Solo alcuni centri svilupparono una committenza importante, mentre altri furono poco propensi alla diffusione e al consumo di questi prodotti, sicuramente per la differente situazione economica e politica: in centri come Ordona ed Ascoli Satriano la ceramica sovraddipinta policroma scomparve improvvisamente, senza dar vita ad imitazioni locali. A tutto ciò vi è una spiegazione di carattere storico-sociale: l'arrivo dei Romani in Daunia nel III secolo fece mutare i riferimenti politici e culturali delle aristocrazie daunie, per cui si preferì lasciare un linguaggio espressivo legato alla presenza ellenica ed italiota e fare propria una nuova maniera d'espressione più consona ai modelli comportamentali dell'aristocrazia romana, dando vita a forme artigianali originali ed autonome. Non a caso, scomparve anche la produzione di vasi a figure rosse.
Diversa, ad esempio, è la situazione di Canosa, dove la ceramica di "Gnathia" non scomparve improvvisamente ma si ridusse nel tempo, perché Canosa non subì, con il primo arrivo dei Romani, confische o repressioni, riuscendo a mantenere un buon livello economico; ma, una volta divenuta base filoromana, ben presto anche Canosa dovette interrompere tale produzione. La documentazione più consistente proveniente dai siti dauni è costituita da materiali ascrivibili ad un artigianato di livello medio-basso, che produceva vasi di piccole e medie dimensioni, alcuni di buona qualità, la maggior parte in serie, riproponendo o modificando forme vascolari tradizionali (come skyphoi ed oinochoai di chiara derivazione tarantina) o introducendone altre, peculiari di questa classe ceramica (come il boccale, la pisside globulare o l'epichysis), che testimoniano un adattamento del repertorio morfologico a necessità locali ed un esigenza di differenziazione da parte dei ceti dirigenti dauni. Gli schemi decorativi sono caratterizzati da uno scarso impegno, costituiti nella maggior parte dei casi da un repertorio vegetale (è stato possibile attribuire la maggior parte dei vasi analizzati ad alcune officine, che riprendono la tipica decorazione del Pittore della Rosa, del gruppo di Knudsen, il gruppo dell'Arpa di Napoli con il sottogruppo Sidewinder, del gruppo Konnakis, del gruppo del Ramo Punteggiato), ottenuti con rapide pennellate di colore, poco precisi, mostrando un repertorio artistico poco originale, monotono e ripetitivo, comunque rispondente al gusto ellenistico: vi troviamo rami d'edera, grappoli d'uva, tralci, ghirlande, bende, corone, festoni, strumenti musicali, tutti elementi già noti agli artisti dauni perché comuni alle poche scene dipinte su alcune pareti tombali, ricche di immagini di carattere naturale (ricordiamo, ad esempio, le immagini naturali dipinte sulle pareti della tomba a camera rinvenuta in proprietà Varrese a Canosa).
Pressochè assente è la figura umana: tra i vasi analizzati, solo un'oinochoe, ritrovata nella tomba 9 della necropoli di Melfi Cappuccini, presenta una decorazione figurata. Infatti, compare sul corpo del vaso un Eros androgino nudo, dalle forme prosperose, il capo avvolto in un "kekryphalos", una "cuffia", e con ai piedi calzari, in volo con una corona tra le mani, circondato da rami d'edera penduli. La committenza, pertanto, non doveva richiedere solo pezzi unici, ma per lo più esemplari poco originali, simbolo di uno status sociale non più elevatissimo con l'andar del tempo. La presenza pressochè esclusiva dei vasi di "Gnathia" in corredi tombali in Daunia, nonché le dimensioni miniaturistiche, fanno propendere per una loro funzione funeraria, escludendo un effettivo uso nella vita quotidiana.
Maria Pia Panessa
Fonte: La Gazzetta del Nord Barese 18/01/2006
Appassionata di storia e musei
Mi chiamo Maria Pia Panessa e sono nata a Trani il 20/08/1979. Dopo aver compiuto il ciclo obbligatorio di studi mi sono iscritta al Liceo Classico «F. De Sanctis» di Trani; mi sono diplomata nel 1998 con una votazione di 60/60. Ho successivamente vinto il «Premio Raffaello Stea», in ricordo di un professore di latino e greco del liceo di Trani molto amato e ricordato per la sua immensa cultura, per gli ottimi risultati conseguiti in latino e greco nel corso degli anni di liceo e la borsa di studio del Rotary Club come miglior diplomato per l'A.S. 1997-1998.
Mi sono poi iscritta alla Facoltà di Lettere Classiche con indirizzo storico-archeologico, interessandomi molto a discipline come la letteratura italiana, latina e greca, la storia greca e romana, l'archeologia greca, romana e della Magna Grecia, la biblioteconomia e la bibliografia. Mi sono laureata nell'aprile 2003 con una tesi intitolata «La ceramica di Gnathia in Daunia», seguita dal prof. E.M. De Juliis, ordinario di archeologia della Magna Grecia, con 110/110 e lode.
Ho conseguito nel maggio 2005 l'abilitazione Ssis all'insegnamento per le classi di concorso 43A-50A (insegnamento di italiano, storia e geografia nelle scuole medie inferiori e negli istituti tecnici e professionali). Sono attualmente iscritta al corso Ssis per conseguire l'abilitazione all'insegnamento per alunni portatori di handicap. Da sei anni faccio parte di un'associazione culturale della mia città, «Obiettivo Trani», di cui sono stata presidente nel 2003, avente come scopi la conoscenza della storia e delle tradizioni cittadine, la tutela del patrimonio artistico e la diffusione di tali conoscenze per mezzo di eventi quali mostre, concerti, conferenze, progetti laboratoriali per le scuole ed un servizio di guide turistiche (io stessa lavoro come guida turistica).
Sono attualmente presidente della Conferenza Giovanile Vincenziana «Beato Pier Giorgio Frassati», che rientra nella Società di San Vincenzo dè Paoli, un'associazione di volontariato cattolico diffusa a livello internazionale che opera nel sociale, cercando di alleviare situazioni di povertà non solo economica e materiale ma anche morale e spirituale. Le mie passioni sono, oltre l'archeologia e l'insegnamento, la storia dell'arte e la lettura. Non a caso, mi piacerebbe lavorare in un museo o in una biblioteca.
Per informazioni scrivere a:
g.panessa@tin.it18/01/2006
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