20/03/2011. BARLETTA - CULTURA: "MACCHE' SFASCIO! IL BUSINESS DELLE MOSTRE TEMPORANEE PREMIA SOLO ESTRANEI AL NOSTRO TERRITORIO" DICE RAFFAELE MONTENEGRO, EX DIRIGENTE DEL COMUNE.
Sulla querelle tra Dirigenti del Comune sulle scelte in materia di politica culturale, interviene Raffaele Montenegro, già dirigente del settore ed assessore alla pubblica istruzione negli anni Ottanta.
Cultura: Le mostre temporanee non possono bastare
La Gazzetta del Mezzogiorno del 4 marzo scorso ha riportato una polemica tra il responsabile dell’Archeo club e l’attuale dirigente del Settore Cultura. Sono state fatte da parte di quest’ultima affermazioni che ritengo gravemente lesive nei confronti di chi si è adoperato per anni nel settore culturale a Barletta, come, ad esempio, quella di aver ereditato una situazione allo sfascio, incolpando di ciò sia la parte politica che la parte gestionale del Comune di Barletta. L’attuale dirigente bazzica da queste parti da quasi quindici anni e affermazioni denigratorie verso la professionalità degli “indigeni locali”, in questi anni sono state frequenti. Avendo avuto la responsabilità della gestione dei Beni Culturali dal 1994 al 2004, prima come funzionario e poi come dirigente incaricato, mi trovo costretto a intervenire, perché a mio parere, il limite è stato superato: Barletta non può essere considerata una città da colonizzare.
La questione dei beni culturali va raccontata in termini di prima fase e seconda fase.
La prima, il decennio richiamato, è quella riferita alle amministrazioni Fiore, Dimiccoli e Salerno, quando si è posto all’attenzione la questione della valorizzazione e fruizione da parte del pubblico dell’enorme patrimonio artistico, in possesso del Comune di Barletta, accatastato da qualche tempo presso il Castello, in seguito alla soppressione del Museo allestito al Palazzo San Domenico.
L'obiettivo: far diventare questo patrimonio artistico una risorsa culturale e storica legata al territorio, e non ad esso estranea, con una ricaduta in termini di risorsa economica e occupazionale.
L’ambizione era di creare un processo virtuoso con il coinvolgimento della società civile, attraverso le associazioni culturali locali e la creazioni di nuove figure professionali (guide turistiche, storici dell’arte, restauratori, operatori di servizi, editori della storia locale). Su questa strada si è proceduto, investendo soprattutto sul Castello, in primis con il recupero della cappella angioina, destinandola all’esposizione del busto federiciano e alla lastra del sarcofago teodosiano (dopo un attento intervento di restauro in accordo e da parte della Soprintendenza Archeologica di Taranto); di seguito, l’allestimento nelle sale del pian superiore dell’intera collezione De Nittis, insieme a una parte della collezione Cafiero (argenti, vetri, miniature); l’allestimento nelle altre sale del Castello con conseguente esposizione, mai avvenute in precedenza da almeno trent’anni, delle opere della collezione Gabbiani e Girondi; allestimento della collezione del teatro dei Pupi; il protocollo di intesa con la Soprintendenza Archeologica su Canne della Battaglia e infine la realizzazione dell’Archivio della Resistenza.
Unitamente a queste iniziative vanno ricordate le campagne di restauro: il recupero dell’intero patrimonio grafico delle opere di De Nittis, realizzato da e in collaborazione dell’Istituto Nazionale della Grafica, accompagnato dalla pubblicazione di un importante catalogo e dalle relative mostre allestite a Roma, Salerno e Barletta; il restauro e la musealizzazione dell’Iconostasi, degli arredi sacri e dei parametri liturgici appartenenti all’ex chiesa Greco-Ortodossa, seguita dalla pubblicazione di un altro importante catalogo; il restauro realizzato, in collaborazione con la soprintendenza archeologica di Taranto, dell’intera collezione di numismatica, composta da migliaia di monete; l’istruttoria per il rilascio, il restauro e l’allestimento museale del palazzo della Marra; l’avvio della stagione delle mostre temporanee, avvenuta attraverso lo scambio di opere con la Galleria di Arte Moderna di Torino.
La campagna di promozione della nostra splendida collezione De Nittis all’Italia e all’estero.
Ma le mostre erano subordinate all’obiettivo principale del riordino e della fruizione dell’intero patrimonio del patrimonio artistico.
Non è stato consegnato nessuno sfascio. Anzi: quel che è stato fatto è stato sfasciato. L’unica opera realizzata da operatori non locali è stata il Parco Letterario che ha subìto una misera fine sprecando ingenti risorse finanziarie. Tutto questo lavoro era propedeutico a quella che chiamo seconda fase, cioè al progetto legato all’utilizzo dei finanziamenti regionali.
Progetto che doveva permettere un’esposizione ragionata di tutto il nostro patrimonio storico artistico nel Castello, Palazzo della Marra, Cantina della Sfida e l’ex Chiesa dei Greci che sarebbe andato a costituire il nostro sistema museale.
Il progetto redatto non ha risposto a questa esigenza, si è scelto un' altra strada. Il Palazzo della Marra è stato adibito a Pinacoteca De Nittis, ma questo era negli accordi fatti con il Ministero che cedeva, chiavi in mano, il Palazzo della Marra e i cui lavori sono stati effettuati dalle Soprintendenze sotto la direzione del compianto Benedetelli.
L’ex Chiesa dei Greci era già restaurata e musealizzata, mentre la Cantina della Sfida destinata a piccolo museo storico dedicato alla Disfida, con l’esposizione di una parte dei manufatti della collezione Cafiero, mai realizzato.
Ma la vera sfida era l’allestimento museale al Castello. Si è scelto di procedere non a comparti compiuti ma a una specie di miscellanea. Soprattutto si è deciso di non risolvere due problemi importati: il superamento della barriere architettoniche e l’impianto di climatizzazione.
I finanziamenti regionali dovevano portare a razionalizzare tutto il lavoro della prima fase. La strada scelta è stata quella di indirizzarsi solo e unicamente verso il business delle mostre temporanee, privilegiando, per gran parte maestranze esterne (anche per le fotografie ci si rivolge a studi fotografici romani).
La maggior parte delle risorse finanziare vengono assorbite per questa attività, trascurando le strutture culturali permanenti del territorio in grado di interloquire con gli operatori locali, onde creare un circuito di rete virtuoso, delle professioni, della cultura e dell’economia. In conclusione penso che a questo punto va ripensata con calma e grande saggezza, senza conflitti, tutta la politica locale sui Beni Culturali con il contributo degli operatori culturale e economici.
Raffaele Montenegro già dirigente alla cultura del Comune di Barletta
Fonte: La Gazzetta del Nord Barese
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