14/04/2011. "VEGLIANDO OLTRE IL CANCELLO" - QUELLA VILLA DEGLI ORRORI SULLA VIA PER CANNE DELLA BATTAGLIA. L’ORRORE E LA PIETA’….
Presentato al Circolo Unione di Barletta il libro del giornalista Gianpaolo Balsamo "Vegliando oltre il cancello" (Edizione Secop - Corato) sulla vicenda delle tre sorelle Tupputi, della morte di due di loro fra isolamento e indifferenza nella loro abitazione sulla strada per Canne della Battaglia ribattezzatta "la villa degli orrori" dalla stampa per la forte eco suscitata.
Una storia ben raccontata, arricchita dalle diverse testimonianze di chi ha vissuto direttamente e indirettamente quegli avvenimenti, fra cui il nostro Direttore Nino Vinella che ha contribuito al volume con un intervento qui pubblicato integralmente.
LA REDAZIONE
QUELLA VILLA DEGLI ORRORI SULLA VIA PER CANNE DELLA BATTAGLIA. L’ORRORE E LA PIETA’…
L’amico e collega Giampaolo Balsamo mi ha invitato a dare testimonianza sugli avvenimenti dell’agosto 2007 che racconta in questo suo libro.
Il mio personale amarcord di quei giorni passa attraverso una strana sensazione, fra il dissacrante e l’amarognolo di chi è abituato a seguire i fatti di cronaca ma senza disgiungerli, nella particolare circostanza, da altri vissuti.
Una di quelle mattine, locandina della Gazzetta sulla “villa degli orrori” a Canne della Battaglia: la scioccante notizia del giorno. Davanti all’edicola ricevo un insolito buongiorno.
“Scusi presidente, mi fa una ragazza sui vent’anni in tenuta da spiaggia, me la darebbe lei un’informazione? Oggi c’è vento, purtroppo niente mare. Ma quasi quasi ci facciamo una passeggiata col mio ragazzo a vedere ‘sta villa: dove sta esattamente, che strada dobbiamo prendere, è facile arrivarci, come facciamo a ritornare a Barletta? Ci aiuti per favore, sennò che noia…”
Sono rimasto di sasso, senza rispondere, ho salutato e me ne sono tornato sui miei passi, col giornale sotto braccio, a riflettere.
Lentamente, mi riprendo e mi rendo conto che una notizia del genere è come un pugno nello stomaco, ti colpisce e ti fa cambiare idea sulla stessa identica, precisa realtà che hai conosciuto fino a poco prima.
Canne della Battaglia, nuova “geografia” del turismo da reality show, quello che ti prude nell’horror pesato e venduto a un tanto al chilo, quello che ti fa andare con l’immaginazione a pensare una sciocchezza dopo l’altra ma che ti spinge a muoverti, a fare quei due passi sul luogo del delirio. Esattamente come poi sarebbe avvenuto ad Avetrana nel 2010…
E così, a nuove notizie macabre, ecco spuntare nuove mete turistiche da raggiungere.
Allo sportello informazioni, su internet, alle guide, magari agli stessi vigili urbani non chiederanno più come si arriva all’antiquarium o alla cittadella ma, com’è successo al sottoscritto, ti domanderanno “Scusi, per la villa degli orrori vado bene sempre dritto?...”
Davvero, amici miei, rischiamo di dare i numeri se non ci diamo tutti quanti una bella regolata, e magari non ci facciamo tutti quanti un bell’esame di coscienza.
Ha scritto bene di quelle poverette Rino Daloiso nell’editoriale di quel giorno: loro credevano nella resurrezione. E noi?
Canne della Battaglia alla morte c’è abituata da sempre, la morte qui è di casa.
“Ignobilis vicus Apuliae” venne ribattezzata dai romani dopo la carneficina di Annibale del 216 avanti Cristo. Ma quella era una morte, pur tanto sanguinosa e orrenda, con gli oltre cinquantamila cadaveri a putrefare sotto il sole di agosto in riva all’Ofanto, ma era una morte cioè tragica e spettacolare, drammatica e solenne nella sua iperbolica, colossale quantità di vite massacrate e mandate a morire in nome della patria (quale?).
Qui, nella villa degli orrori, in contrada Antenisi, a pochi metri dalla seicentesca chiesa restaurata negli anni Settanta e che si può vedere percorrendo la provinciale 142 da via Canosa verso la zona dei sepolcreti, quelli prima ritenuti annibalici e poi “solo” preistorici e medievali, la morte si fa chiusa e domestica, senza spargimento di sangue, la morte qui si fa quasi altare familiare e tabernacolo di una comunità parallela e misteriosa tutta da indagare dalla giustizia, con le sue solitudini che si elevano a ben altre aspirazioni nella prospettiva dell’aldilà.
Per la cronaca, tre sorelle di Barletta in un solitario eremo di campagna a Canne della Battaglia, agosto 2007. Per la letteratura, quasi una singolare coincidenza con le tre sorelle Salina, nubili e bigotte, protagoniste del “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, Sicilia 1910.
Ecco perché mi è venuta in mente una della pagine finali del famoso romanzo, quando arrivano nella villa dell’ormai defunto principe i delegati archeologi e paleografi del cardinale di Palermo a ripulire la cappella di famiglia dalle tante reliquie fasulle e “patacche” accumulate negli anni dalle tre sorelle dedite al loro culto.
“Le persone di servizio che passavano davanti all’ingresso della cappella udivano martellatine, stridorini di viti e sospiri” descrive meticolosamente così l’autore quell’opera di pulizia materiale e spirituale.
Pulizia: la stessa che quei sospiri oggi interrogano e reclamano nel profondo, e che dovrebbero trasformarsi non in urla di terrore, non in chiacchiericcio di paese, non in scandalistici pruriti di fin troppo facile pettegolezzo ma nella voce di pietà delle loro anime.
Nino Vinella, Presidente Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia Gennaio 2011
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