Il sogno di Tonino Guerra: grandi sculture che ricordino gli elefanti di Annibale nella piana di Canne. Dalla sua Pennabilli il maestro del Cinema Italiano telefona e mi chiede: Allora, questi elefanti li costruite? Ho disegnato dei bozzetti.
L'idea di realizzare degli elefanti è nata un anno fa, da un viaggio in Puglia di Guerra. Lo sceneggiatore di Fellini scrisse una lettera aperta al presidente Vendola in cui immaginava cose magiche da chiedere a qualche artista o qualche grande architetto... per aggiungere bellezza all'Italia e soprattutto a quella che è chiamata la piccola Italia.
Così l'incontro con la Puglia sarebbe subito magico e felice. Non sarebbe male qualche struttura gigantesca di elefante. Presenze alte 5 metri, coperte da semplici reti metalliche che diventano sagome verdi d'estate e rosse d'autunno. Sono per ricordare gli elefanti di Annibale (non importa se nella battaglia di Canne non c'erano).
La bellezza salverà il mondo, scriveva Dostoevskij. Ed il grande poeta Tonino Guerra sembra aver fatto di questo la sua vera missione artistica. Quel viaggio in Puglia il Maestro non l'ha dimenticato e di recente ha regalato al governatore un libretto con bozzetti e disegni. La sua curiosità di bambino novantenne lo ha portato a girare in lungo e in largo questa parte di Sud che lui tanto ha amato.
Guerra nel suo viaggio aveva attraversato la statale delle Saline, da Foggia a Barletta passando per Margherita di Savoia, affascinato dagli specchi d'acqua delle saline ma anche indignato dalle architetture senza poesia della barbara cementificazione. Poi c'è la desolazione della pianura, non c'è poesia, manca la fantasia che poi non c'è bisogno di effetti speciali ma basterebbe poco, piantare qualche albero giusto e qualche opera di qualche artista. Ma è a Margherita che Guerra rivela la sua ricetta di bellezza: recuperate i pagliai, costruite un villaggio di antiche capanne.
Sarà la sua voce leggera come l'aria, sarà la sua inflessione romagnola, sarà la sua aura magica e stralunata, ma quelle parole appaiono come tavole bibliche dinanzi al degrado urbanistico. Voglio solo arricchirmi, dice l'autore di Amarcord, vorrei godere della vista di una città con i pagliai e con delle grandi sculture di elefanti, non servono troppe cose per rendere bella una città.
Guerra appare come un albero di ulivo secolare, un albero gibboso che ha visto la devastazione della guerra e poi ha trovato la poesia nella vita. Ogni sua oliva è colorata ed ha il sapore della prima spremitura. La sua fantasia è elegiaca ma anche molto reale, ricorda molto Leonardo da Vinci la sua creatività geniale, ma oltre la scienza ed il gusto c'è anche la poesia. E' un vecchio saggio sapiente, il suo sogno è stata una idea preziosa, la bellezza si regala, è commovente il suo sguardo che si meraviglia ancora davanti ad un tramonto o ad un artigiano che lavora ancora con le sue mani, e lo è ancora di più nell'ascoltarlo al telefono, a distanza di un anno, a chiederci ancora se qualche politico ha preso in considerazione il suo invito di realizzare gli elefanti di Annibale...
COSIMO DAMIANO DAMATO
Fonte: La Gazzetta del Nord Barese
La leggenda di Annibale e Iride, da Plinio il Vecchio alla Puglia
Tonino Guerra ascolta una leggenda che mi raccontava mio nonno Nunzio che aveva preso in prestito da Plinio il Vecchio e tradotto in pugliese. Eccola. Annibale prima di arrivare a Sagunto attraversò l'Italia fino ad arrivare a Canne sulla foce Ofanto, teatro di un'epica battaglia fra i romani ed i cartaginesi. Annibale prima di recarsi a Canne riposò i suoi reni nelle culle di fango del lago Salpi e si accampò presso Salapia. Qui conobbe Iride, e l'audace condottiero africano si innamorò della bella ragazza figlia del capovillaggio di Salapia. La donna come pegno d'amore pregò Annibale di risparmiare il suo popolo, così Salapia si alleò con i Cartaginesi contro i romani vincendo a Canne. Quando la guerra finì i romani per punire Iride, rea di tradimento, rasero al suolo Salapia. La povera ragazza fu lapidata nel fango di Salpi, che prese il nome di Alma Dannata. Da allora, in quel punto, dove si credeva vi fosse l'anima di Iride, si tramanda la tradizione di scagliare una pietra per scacciare la malasorte.
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