- 10 GIORNI AL 2 AGOSTO...
Meno 10 giorni. Mancano ormai solo dieci giorni nel "conto alla rovescia" della nostra speciale macchina del tempo per martedì 2 agosto, 2227° anniversario della Battaglia di Canne del 216 avanti Cristo, quando Annibale ed il suo esercito affrontarono nella piana dell'Ofanto e sconfissero le otto legioni comandate dai consoli Lucio Emilio Paolo e Terenzio Varrone, che Roma gli aveva mandato contro per sbarrargli il passo dopo le vittorie, altrettanto micidiali, al Ticino, alla Trebbia ed al Trasimeno.
Ci accompagna in questo cammino dal passato il racconto di Paolo Rumiz, autore del bellissimo libro "Annibale, un viaggio" (Feltrinelli editore) pubblicato a consuntivo di una serie di fortunati reportages pubblicati da Repubblica nel 2007, e che ringraziamo per questa opportunita' di maggiore divulgazione culturale in rete, attraverso il Mediterraneo come ai tempi delle Guerre Puniche.
Il Comitato, nel corso di un'affollata bellissima serata culturale patrocinata dal Comune di Barletta, ha ospitato il noto giornalista ed inviato, nonche' scrittore, a Palazzo Della Marra il 29 settembre del 2008.
Questa e' la ventunesima puntata...
IL VIAGGIO/21.
Di quando il condottiero africano lasciò l'Italia per sempre per raggiungere a malincuore la natìa Cartagine. Il saluto del vulcano.
dal nostro inviato PAOLO RUMIZ
Stelle filanti sullo Jonio, così grosse che fanno rumore. Oltre i canneti e la ferrovia, la linea pallida del golfo di Squillace, l'immenso anfiteatro di sabbia da dove nel 203 l'africano lascia per sempre l'Italia e l'Europa, portandosi dietro parecchie migliaia di calabresi.
Se ne va a malincuore, spinto dal vento di Maestro, per raggiungere Cartagine. Laggiù c'è un console romano, Scipione, che ha osato attaccare la sua patria, esattamente come fece lui quindici anni prima, passando le Alpi per sfidare la Dominante.
Volevo aspettare la notte a Capo Colonna, presso Crotone, sulle rovine del tempio di Era Lacinia, là dove Egli incide le sue gesta su un bronzo che Polibio leggerà prima che vada perduto. Volevo, ma non ho potuto, perché a Capo Colonna non si vedono le stelle. C'è troppa luce.
Una funebre processione di lampioni simili a capestri ha sconciato il promontorio più bello del Mediterraneo. Pomposi manifesti glorificano la Provincia che ha ucciso la notte. Il mito richiede penombra, e qui nulla più dice del gran fuoco lacinio che dava la rotta ai naviganti tra le coste illiriche, il tacco d'Italia e il cratere fiammeggiante dell'Etna.
Oggi troppe cose devo ignorare per carpire quella magia: la devastazione edilizia di Crotone, i bottini stracolmi di immondizia, i bimbi protervi che ostentano impennate in motocicletta, le radio a tutto volume, il parcheggio nuovo già a pezzi, la strada che porta a un ristorante anziché al tempio.
E poi quell'irrigazione a pioggia col sole alto mentre i giornali locali alzano pianti greci sulla grande sete. Ma il peggio è scoprire che il Capo è superiore a tutto questo: se ne sta con la sua solitaria colonna, appoggiato ai faraglioni, come un oggetto celeste indifferente agli umani. Astronave immobile sotto l'ultimo cielo italiano di Annibale.
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http://www.repubblica.it/2007/08/speciale/altri/2007annibale/annibale-21/annibale-21.html
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