09/02/2006. Lavoro per costruire un mondo più accogliente per tutti *.
Intervista a Padre Saverio Paolillo, barlettano di nascita e sacerdote comboniano, missionario in Brasile, che lo scorso 12 dicembre è stato insignito del prestigiosissimo premio "Personalità dell'anno 2005 per i Diritti Umani" in Brasile.
Il premio, istituito nel 1995 per ordine del Presidente della Repubblica del Brasile, è destinato a personalità e ad associazioni che si distinguono per il loro impegno in difesa dei Diritti della Persona Umana. A padre Saverio il Premio è stato consegnato a Brasilia. È memorabile l'opera di intermediazione che il sacerdote barlettano in più circostanze ha prestato nelle carceri dove sono ospitati giovanissimi. Quella che segue è una intervista che mette bene in luce la grandezza di un uomo che ha donato la propria vita a Dio per essere al servizio dei più poveri tra i poveri.
Quali sono state le tue sensazione ed emozioni quando ti hanno consegnato il premio? All'inizio, devo confessare che sono rimasto un pò sorpreso. Sapevo dell'esistenza del premio, ma non della mia indicazione. Il Brasile è un paese grande, con centinaia di esperienze nell'ambito della difesa e promozione dei diritti umani. Per cui non avrei mai pensato che un giorno sarei stato indicato e scelto per ricevere questo riconoscimento a livello nazionale. Allo stupore è subentrata la gratitudine a Dio e a tutti coloro che collaborano alla realizzazione di questa opera, dagli educatori ai benefattori. In tutte le interviste ho sempre sottolineato il carattere collettivo del premio. Anche se è stato concesso a me, è chiaro che deve essere esteso a tutti coloro che si sono fatti coinvolgere in questa grande cordata in difesa della vita. Spero che un giorno non ci sia più bisogno di premiare alcune persone per il loro impegno in difesa dei diritti umani. La difesa della vita, l'impegno per costruire un società più giusta, la coscienza ecologica e la logica della solidarietà devono fare parte del DNA, del codice cromosomico di qualsiasi persona che sia orgoglioso di appartenere alla razza umana.
Quale è attualmente la situazione dei ragazzi che tu con tanto amore e dedizione «proteggi»? Il Brasile é un paese che sta crescendo e che possiede tutte le condizioni per diventare una grande nazione. Non mancano, però, grandi sfide, tra cui quella della ingiusta distribuzione delle ricchezze. Qui la gente vive sulla propria pelle l´esperienza della parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. C´è chi ha troppo e che addirittura si può permettere il lusso di sprecare e chi deve accontentarsi delle briciole che cadono dalle tavole degli ingordi. È la tragedia dell'abisso di cui parla il racconto biblico. È la cultura della distanza tra classi sociali, tra culture differenti, addirittura tra le religioni. A farne le spese sono sempre i piccoli, i deboli. È come se ogni giorno si consumasse una ennesima strage degli Innocenti, non meno feroce di quella ordinata dal crudele Erode. A rendere più difficile la situazione, oltre alla fame e alla miseria, da alcuni anni è sopraggiunta la violenza che insanguina le strade delle grandi metropoli, soprattutto nelle periferie e miete in tutto il paese quasi quaranta mila persone all'anno. Tra le vittime ci sono soprattutto adolescenti e giovani che, senza prospettive per il futuro, fanno il loro ingresso nel mondo della malavita e della droga, nella falsa illusione di conquistare uno spazio nella società con le armi in pugno.
Quanto è stata importante la tua formazione di comboniano per la tua nobile opera che effettui in Brasile? Tutto quello che sono lo devo, prima di tutto, alla formazione che ho ricevuto in casa. Sono figlio di marinai, da parte del papà e di contadini da parte della mamma. Dal mare ho ereditato la voglia di salpare, di superare le distanze, di non accontentarmi di navigare lungo la costa, ma di veleggiare verso le acque più profonde fuggendo dalla banalità e dalla mediocrità e andando alla ricerca dei valori che effettivamente rendono la vita una avventura che vale la pena vivere intensamente. Dalla terra ho appreso la voglia di approdare, di camminare, di avvicinare, di seminare, piantare e raccogliere anche laddove tutto sembra perduto. A undici anni ho conosciuto i Missionari Comboniani. Sin dall'inizio sono rimasto appassionato per il loro coraggio e la loro dedicazione. Alla loro scuola ho imparato a donarmi senza riserve ai più poveri e abbandonati.
Che cosa significa in Brasile questo premio? Il premio è stato istituito nel 1995 per ordine del Presidente della Repubblica de Brasile. È destinato a personalità e a associazioni che si distinguono per il loro impegno in difesa dei Diritti della Persona Umana. Il suo obbiettivo è quello di garantire il riconoscimento e l´appoggio dello Capo dello Stato e del Paese a persone e associazioni che molte volte sono vittime di persecuzioni e di minacce per il loro impegno in difesa dei Diritti della Persona Umana.
Ci puoi descrivere brevemente i progetti che hai realizzato sino ad ora? Coordino il Progetto A.I.C.A. (Assistenza Integrale al bambino e all'Adolescente). Non si tratta di un lavoro paternalista e assistenzialista, ma di costruzione della cittadinanza. La nostra missione è quella di stimolare i ragazzi e le loro famiglie e recuperare l´auto-stima, a riconoscere la propria dignità e a lasciarsi coinvolgere nella conquista dei diritti. Con il nostro lavoro non stiamo prestando un favore, ma stiamo compiendo il dovere di garantire ai ragazzi il diritto a vivere con dignità. Con la nostra proposta pedagogica cerchiamo di sviluppare nei ragazzi la coscienza critica, la capacità di lettura e di analisi della realtà e la ricerca e sviluppo di iniziative che garantiscano la promozione della loro dignità. In questa maniera si sconfigge la logica del clientelismo per subentrare quella del diritto. Si passa dalla subalternità e dalla passività al protagonismo e alla partecipazione attiva. Muore la cultura del favore da parte dell'amministratore pubblico per subentrare l´esercizio della cittadinanza. Attualmente abbiamo sei centri: due occupano i ragazzi durante il tempo libero dalla scuola, con doposcuola, attività culturali e sportive, laboratori artistici, artigianato e corsi di formazione professionale. Tre sono case di accoglienza per ragazzi e ragazze che vivono sulla strada, cercando di ricostruire al più presto il rapporto con la famiglia garantendo il diritto a vivere in casa circondati dall'affetto familiare. Il sesto programma è destinato a adolescenti in libertà vigilata. Un gruppo di assistenti sociali e psicologi orienta questi ragazzi perché abbandonino la delinquenza. In tutto, sono oltre settecento coloro che frequentano i nostri centri.
E quelli in cantiere? Nel 2006 apriremo un nuovo centro per accogliere 200 ragazzi e ragazze durante il tempo libero dalla scuola in Planalto Serrano che è uno dei quartieri più poveri e più violenti del Comune.
Ai tuoi conterranei a Santa Helena, don Mario e don Savino, quale messaggio lanci? Un grande rapporto di stima e di amicizia mi stringe ai confratelli di Santa Helena, soprattutto con don Savino Filannino, di cui sono un grande amico. Non ci vediamo perché ci sono oltre duemila chilometri di distanza tra noi e loro, ma ci sentiamo frequentemente al telefono. Mi sento in comunione con loro perché immagino le difficoltà e le sfide che devono affrontare. Le nostre sono realtà differenti. La mia è più urbana e la loro rurale, ma in comune c´è la moltitudine dei poveri cristi crocifissi dalla ingiustizia e la voglia matta da parte nostra di aiutare i poveri a scendere dalla croce per fare l´esperienza della pienezza della vita. Che la loro e la nostra missione sia soprattutto esercizio della misericordia, passione ardente per la liberazione dei poveri e la costruzione di una società più giusta e fraterna.
Quale è stato il messaggio che più ti ha commosso avendo ricevuto il premio? La cosa che più mi ha commosso è stata quella di vedere la mia foto stampata sulla prima pagina del giornale con il titolo: "Premio meritato". Non è per il merito perché sono sempre più convinto che il nostro lavoro deve essere realizzato nella logica della gratuità. In quel momento mi sono ricordato di tutto quello che abbiamo passato, dagli insulti alle minacce, dai risultati positivi ai momenti di dolore di fronte alle bare dei nostri ragazzi strappati prematuramente alla vita dalla violenza. Qualche giorno prima ci avevano perfino rubato il pulmino che il Comune di Barletta ci aveva aiutato a comprare. Per cui ho sentito quel titolo come una carezza partita dalla tenerezza di Dio destinata a consolare, a fasciare le tante ferite e soprattutto a dar forza per continuare con entusiasmo e dedicazione questo lavoro.
La città di Barletta e la Puglia in generale è rimasta molto colpita da questo riconoscimento, vuoi lanciare un messaggio? Per natale cosa auguri ai lettori della Gazzetta? A chi dedichi questo premio? Quando torni a Barletta? Il bambino in fasce posto in una mangiatoia, in una grotta alla periferia di Betlemme ben lontano dai palazzi è il segno che l´angelo addita ai pastori quando annunzia loro la nascita del Salvatore. Dio entra nella storia nei panni di un bambino povero e emarginato. Ci tiene a mantenersi a distanza dalle fortezze dove si annidano i centri di potere che mettono in funzione i marchingegni che creano le strutture della esclusione. Tutto ciò ci commuove, ma non ci sconvolge. Soprattutto non ci porta a riconoscere questa maniera assurda di agire di Dio anche nei nostri giorni. Dio continua ad entrare nella nostra storia nei panni dei bambini condannati all'esclusione. Il mondo è pieno di grotte di Betlemme, di bambini posti in mangiatoie, in cassonetti della spazzatura, in baracche indecenti, in capanne malsane perché non c´è spazio per loro in un mondo dove lo spazio lo si dà solamente alle cose, alle ricchezze, alle apparenze e al benessere disperatamente cercato e perseguito soltanto per se stessi. Noi ci passiamo davanti senza accorgercene o facendo finta di non vedere assorti nella nostra indifferenza e incatenati al nostro individualismo. Ci passiamo davanti magari proprio mentre ci rechiamo in chiesa per cantare la ninna nanna al bambinello del presepio. È una delle tante contraddizioni dei nostri tempi. Il Bambinello che ci commuove perché sta esposto "al freddo e al gelo" oggi ha i nomi dei nostri bambini, o forse non ha neanche il nome perché gli hanno strappato perfino il diritto ad essere qualcuno. Sono questi bambini il segno della presenza di Dio oggi in mezzo a noi. Mettersi al loro servizio e lavorare per costruire un mondo dove ci sia spazio accogliente per tutti è la maniera più bella di vivere lo spirito del Natale.
Giuseppe Dimiccoli
* L'intervista è stata realizzata per la "Gazzetta del Nordbarese" e lì pubblicata, in maniera ridotta, qualche giorno prima del Natale 2005. Il testo qui riprodotto è quello integrale. La redazione di "In Comunione" ringrazia la redazione de "La Gazzetta del Nordbarese" e il giornalista Giuseppe Dimiccoli.
- Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth - http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/vis_diocesi.jsp?idDiocesi=205
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