Dopo sette anni tornano le due preziose ante bronzee. Alle 18.30, in Cattedrale, l'intervento di Vittorio Sgarbi e la relazione sul restauro
Domani la riconsegna ufficiale ed il via alla tre giorni di studi «Ricerche storiche 2006»Dopo poco meno di sette anni tornano a Canosa le porte bronzee del mausoleo di Boemondo. Le due preziose ante che chiudevano la tomba del principe d'Altavilla sono state restaurate e lunedì sono state sistemate al'interno della Cattedrale di San Sabino.
Venerdì, sempre in Cattedrale, alle 18.30, è prevsita la cerimonia di riconsegna alla presenza del Vescovo, mons. Raffaele Calabro, del sindaco di Canosa, Francesco Ventola e del Soprintendente per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le province di Bari e Foggia Filomena Maria Sardella. Il restauro della porta verrà presentato da Fabrizio Vona, il direttore dei lavori e del Laboratorio di restauro della Soprintendenza, alla presenza dei restauratori Osvaldo Cantore e Vito Nicola Iacobellis. Alla cerimonia interverrà l'on. Vittorio Sgarbi, con una relazione dal titolo «La bellezza nell'arte».
L'evento prelude all'annuale convegno di studi «Canosa. Ricerche storiche 2006», convegno che si svolge all'auditorium dell'Oasi Minerva nei giorni 11 e 12 febbraio. Si tratta di annuali incontri di studio perseguono l'obiettivo di scrivere la storia di Canosa, dalle sue più antiche origini, fino all'età medioevale, e l'età moderna. «Ritorna finalmente un pezzo della storia di Canosa - ha affermato il sindaco di Canosa, Francesco Ventola - la riconsegna delle porte bronzee di Boemondo restaurate sono un evento per l'intera città come evento è l'annuale convegno di ricerche storiche che consente di alimentare il continuo recupero di Canosa, della storia e del suo territorio, perché più idoneo possa essere il suo contributo per la crescita culturale del Paese».
«La Soprintendenza che dirigo è impegnata nel vasto campo che va dallo studio del degrado delle opere d'arte alla risoluzione dei problemi connessi alla conservazione - ha detto il Soprintendente Filomena Sardella - La fine dei lavori di restauro della porta bronzea diventa l'occasione per far ripercorrere la storia e le risultanze del restauro, di uno degli oggetti più importanti del patrimonio della Città. La politica della Soprintendenza di "restituzione" alla comunità delle opere restaurate e di partecipazione della "conoscenza" delle stesse, conferma dunque l'intento di collaborare con il Comune e con la Diocesi per tutte le attività che sono esse stesse il fulcro della crescita sociale e culturale della collettività».
E proprio il timore e la preoccupazione che le porte bronzee del mausoleo di Boemondo, partite nel giugno del 1999, potessero non tornare ha accompagnato questi sette anni in cui le porte, trasferite al laboratorio di Palazzo San Francesco di Bari, sono anche state esposte in alcune mostre. La prima esposizione venne effettuata al castello svevo di Bari per una mostra federiciana. Nel luglio del 2001, l'anta più leggera è volata a Tokio per rappresentare l'Italia ad un'esposizione dedicata alla scienza e alla tecnologia. Infine lo scorso anno, in primavera, le porte sono state a Palermo in una mostra dedicata ai normanni.
Più volte nel passato saccheggiate e private anche di alcuni preziosi ornamenti, le porte bronzee insieme al mausoleo hanno sempre rappresentato un forte richiamo per i turisti, soprattutto tedeschi. Per ora saranno esposte in una cappella della Cattedrale, ma non si esclude che al più presto possano tornare all'ingresso del mausoleo. Una relazione chimica sui bronzi ha infatti escluso che, vista la posizione in cui si verrebbero a trovare ci sia il rischio di danni provocati da inquinamento. Piuttosto, prima del loro ritorno davanti al mausoleo, sarà necessario creare alcune protezioni per evitare danni provocati da agenti esterni.
Paolo Pinnelli
paolo.pinnelli@gazzettamezzogiorno.itFonte: La Gazzetta del Nord Barese 09/02/2006Mons. Felice Bacco, parroco della Basilica di San Sabino «Il mausoleo simbolo di dialogo tra due mondi e due culture» La cultura è uno straordinario veicolo di dialogo: ecco perché ogni forma di assolutismo o di chiusura al confronto, è di per sé sinonimo di ignoranza. E' questa la grande lezione che recepisce chi con attenzione si ferma a guardare le porte di bronzo del Mausoleo del Principe Boemondo d'Altavilla.
E' un messaggio di alto profilo morale, valido per tutti i tempi e per ogni uomo, che affonda sicuramente le sue radici nel Vangelo e nel Corano, se correttamente interpretato. Vangelo e Corano che, purtroppo, non sempre hanno guidato la storia dell'umanità, soprattutto negli ultimi due millenni. Le due ante della porta di ingresso al Mausoleo di Boemondo costituiscono una perfetta sintesi tra elementi, che rappresentano la cultura occidentale e cristiana e quella orientale, mussulmana. Su ogni elemento della porta sono raffigurati simboli cristiani ed simboli mussulmani: in quella di destra, su due pannelli troviamo due rosoni in cui volatili ed equini sono finemente cesellati tra motivi ad intreccio, di chiara matrice islamica; sugli altri due pannelli troviamo dei personaggi storici, Boemondo e Ruggero Borsa, inginocchiati con le mani alzate, in un gesto di preghiera. Sull'anta di sinistra c'è l'immagine della Madonna con Gesù agonizzante tra le braccia, modello forse delle infinite successive Pietà. Sui lati si legge:'Maria mater Domini Ihesus Filius Marie'. Sono solo due esempi di questo grande messaggio di 'convivenza' o compresenza di elementi cristiani ed elementi islamici.
La Cattedrale di Canosa è caratterizzata da molti di questi esempi di motivi arabo-orientali che si integrano con elementi cristiano-occidentali: ricordiamo la Cattedra di Romualdo sorretta da elefantini e decorata con aquile, sfingi e la croce o allo stesso pulpito di Acceptus. Non va dimenticato che, come alcuni studiosi, quali ad esempio il Bertaux, non è un sarcofago posto nell'atrio o nella navata di una chiesa, come accadeva sovente, ma la sua cupola sulla pianta quadrata, addossata alla Cattedrale, che suggeriscono piuttosto un turbeh funerario costruito davanti ad una Moschea. Un dettaglio della pianta, l'abside, è stato sufficiente per dare un carattere cristiano al Mausoleo, per trasformare il turbeh in cappella. Aldilà del valore storico-artistico delle porte restaurate, è straordinario questo messaggio di apertura culturale in un mondo certo molto diverso per storia e tradizioni, ma colto, e quindi, ugualmente ricco di umanità, di religiosità e arte. E'questa capacità di integrazione, di rispetto e convivenza pacifica, che ci viene dal passato che tutti dobbiamo riscoprire per vedere nell'altro, non solamente una minaccia da cui difendersi, ma una cultura con cui confrontarsi e dialogare, per creare presupposti di pace e di umana solidarietà. Mentre assistiamo a fenomeni di intolleranza e di violenza, che sconvolgono il mondo a tutte le latitudini, auspichiamoci che, per intercessione di San Sabino, grande diplomatico, messaggero di dialogo e di pace, possiamo recepire e trasmettere l'attualità di questo messaggio di coesistenza pacifica inciso su questi antichi bronzi, come fossero tavole di una nuova alleanza di pace.
Mons. Felice Bacco parroco della Basilica Cattedrale di San Sabino di Canosa
Il principe è citato anche in numerose opere e romanzi Boemondo, la vita epica del Crociato che conquistò Antiochia Boemondo I d'Antiochia, conosciuto anche come Boemondo d'Altavilla o Boemondo di Taranto, nacque nel 1050/58. Figlio maggiore del duca di Puglia e di Calabria Roberto il Guiscardo, fu battezzato col nome di "Marco" ma diventò noto come Boemondo, a causa di un leggendario gigante che portava tale nome. Servì sotto suo padre nel grande attacco contro l'Impero bizantino (1080-1085) e comandò i Normanni durante l'assenza del Guiscardo (1082-1084), nel 1096 radunò un esercito normanno alla testa del quale egli traversò l'Adriatico e si diresse alla volta di Costantinopoli.
Boemondo fu il vero leader della Prima Crociata. Nel 1100 fu catturato e imprigionato , poi riscattato nel 1103 dalla generosità del principe armeno Kogh Vasil; la sua personalità attraente gli fece guadagnare la mano di Costanza, la figlia del sovrano francese Filippo I, e poté reclutare col consenso regio un vasto esercito che usò non per difendere Antiochia contro i Greci ma per attaccare Alessio, che però si dimostrò troppo forte. Boemondo dovette sottomettersi a una pace umiliante. Le gesta di Boemondo sono state riportate in racconti epici di autori come Ariosto e Tasso ma anche romanzeschi come Cesare Malpica (Il Giardino d'Italia) e Pietro Paolo Parzanese (Lettere descrittive). «Abili autori e capaci di trasmettere "patos" con i loro racconti, più che interessarsi alla "storia antica" della città - afferma Pasquale Ieva, ricercatore storico, relatore del convegno di studi 2004 - scrissero di Boemondo riproponendo alcuni brani simili a quelli contenuti nelle inflazionate trame della narrativa cavalleresca del XII secolo».
Malpica si spinge a raccontare le esequie del Crociato, scrivendo che quattro guerrieri «... deposto il feretro in un Tempio lo vegliarono finché un monumento non sorga degno di accogliere la spoglia d'un tanto guerriero. E sorse questo monumento. Avea le porte di bronzo su cui stavano inciso le sue lodi». Parzanese, sacerdote poeta e traduttore, cogliendo a piene mani dalle opere dell'Ariosto e del Tasso, si cimentò nel racconto in prosa della sua morte, componendo un vero e proprio copione. pa.pin.
Le ante bronzee sono anche state esposte in Giappone Erano rosse e nere
I risultati del restauro durato circa sei anni
Le porte bronzee del mausoleo di Boemondo di Canosa il 21 giugno del 1999 vennero trasferite al laboratorio di restauro a Palazzo San Francesco di Bari. Nel corso dei quasi sette anni, oltre ad essere state sottoposte a restauro sono state studiate. Il restauro delle porte bronzee è stato eseguito presso il Laboratorio di Restauro della Soprintendenza dai restauratori del laboratorio per i restauri metallici, Osvaldo Cantore e Vito Nicola Iacobellis. Databile agli anni successivi alla morte di Boemondo, avvenuta nel 1111, la porta del mausoleo è costituita di due ante di bronzo con ornati elegantissimi di carattere arabo fusi da Ruggero da Melfi, diverse l'una dall'altra, non solo per altezza.
La più pesante, proviene da una sola fusione; l'altra è più leggera ed è decorata con quattro formelle in bronzo. Il restauro ha avuto inizio nel febbraio del 2000 con l'indagine diagnostica delle leghe e delle patine di corrosione che hanno individuato come principale fattore di alterazione i depositi calcarei che arrivano dalle lastre di marmo del Mausoleo e dalla trasformazione di materiale organico. «La porta è ricca di novità tecnologiche: con le porte della Cappella Palatina di Palermo - dicono i restauratori - resuscita la tecnica, classica e occidentale, della fusione piena; convivono, per la prima volta, formelle incise alla maniera costantinopolitana e formelle in rilievo, all'occidentale, in una forma di contaminazione che, negli stessi anni, tentava Oderisio da Benevento, con tecnologie differenti, nella porta principale della Cattedrale di Troia». Tra i risultati più interessanti emersi durante il restauro, si segnalano consistenti tracce di colore rosso e nero, rinvenute sulle sulle fasce vegetali periferiche e sul disco superiore di entrambe le ante.
«Lo stato di conservazione, tutto sommato soddisfacente della porta, e la mancanza di inquinamento ambientale suggeriscono di collocare la porta nel luogo per il quale essa è stata eseguita» hanno concluso i restauratori che, in ogni caso, hanno applicato degli strati protettivi che isolano il materiale bronzeo dal contatto diretto con l'atmosfera.
pa.pin.