11/10/2011. BARLETTA - MEMORIE DAL CROLLO DI VIA CANOSA DEL 1959: LETTERA AD UNA NONNA MAI CONOSCIUTA E MORTA DI CREPACUORE. PER COLPA DELLA MALAEDILIZIA.
Un commovente e duro intervento della collega LUCIA DE MARI sulle conseguenze del crollo di Via Canosa del 16 settembre 1959 negli affetti familiari traditi dalla malaedilizia e sui lutti che ha provocato anche a distanza di tempo dalla maggiore tragedia italiana collettiva del secondo Novecento:
Non ho mai conosciuto mia nonna Rosaria. Quando io nacqui lei era già morta: “crepacuore”, avevano detto senza mezzi termini i medici in ospedale. Ma a soli 49 anni ce ne vuole perché il cuore ti scoppi letteralmente nel petto. Ti si spacca in due solo per il dolore più grande che una mamma possa avere: la morte di un figlio.
Ed era stato proprio così per nonna Rosaria: la sua bella Lucia, allegra e solare più delle altre, pittrice e già insegnante al liceo, 22enne appena sposata ed appena tornata dal viaggio di nozze, se ne era andata in una notte di settembre insieme al suo amato Nino e ad altri 57 coinquilini. Tutti sepolti vivi nel tragico crollo di via Canosa, il 16 settembre 1959.
E dire che nonna Rosaria, insieme agli altri parenti e figli, la sera precedente era stata proprio in quella bellissima casa appena costruita: Lucia aveva invitato tutti a vedere le fotografie della luna di miele appena sviluppate, e quei filmini super8 dei luoghi visitati nel viaggio più bello della vita, quello da innamorata.
Qualche pasticcino ed un vermouth intorno al tavolo lucido, nel tinello con il cellophan che ancora copriva le sedie, come si usava negli anni ’50. Risate e allegria. Poi, a tarda ora, tutti a casa: sul pianerottolo dell’abitazione di Lucia e Nino ci si saluta e ci si dà l’arrivederci alla prossima.
In attesa dell’ascensore qualcuno si sofferma a notare le grandi crepe che solcano il muro. Ci infila dentro una chiave e quasi la perde: come mai queste fessure? Poche ore prima nessuno le aveva notate, non c’erano.
“L’ingegnere è venuto a vedere, ci sono anche da altre parti, ha detto che è l’intonaco – spiega Lucia col sorriso sulle labbra – sai la casa è nuova e si deve ancora assestare. Hanno detto di non preoccuparci, è tutto a posto, tranquilli. Buonanotte a tutti”.
Lucia non vide mai più l’alba.
La trovarono con la vestaglia indossata, si era accorta che la casa tremava, e il suo Nino con i pantaloni infilati solo su una gamba: non aveva fatto nemmeno in tempo a vestirsi per tentare la fuga.
Il palazzo in pochi secondi crollò su di loro e sugli altri innocenti, sugli altri e su di loro crollarono i 20 appartamenti realizzati al posto dei 17 progettati, costruiti con poche fondamenta per far posto ad un garage per autobus. Tutto regolarmente autorizzato.
Vittime dalla mala edilizia. Una lezione che a Barletta non hanno imparato: è tutto a posto, tranquilli. Bastardi.
Nonna Rosaria vagò per la città in cerca della sua Lucia. Andò nelle chiese sperando di trovarla a pregare. Trascinò le lacrime in un’attesa solcata dalle sirene delle ambulanze: Lucia sarà lì dentro, magari è solo ferita.
Ma per Lucia non furono necessarie le sirene. Né per Nino, né per gli altri cinquantasette innocenti.
Il palazzo di carta era crollato sulle loro vite. Poco dopo crollò anche il cuore di nonna Rosaria. Un cuore crepato per la morte tragica della figlia Lucia.
Ed io, prima nipote nata dopo quel lutto, ne porto il nome ed il ricordo per tutti.
LUCIA DE MARI
Nella foto della Famiglia (per gentile concessione in esclusiva) le quattro sorelle Straniero
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