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Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

05/05/2004.  I PRIGIONIERI DELLA BATTAGLIA DI CANNE E GLI OSTAGGI ITALIANI: STORIE DRAMMATICAMENTE PARALLELE, DA ANNIBALE ALL’IRAQ.


Iraq: destino crudele per ostaggi e prigionieri fin dai tempi dell’antica Roma. Soffrono i parenti di Sammichele di Bari come, in altra epoca e secondo ben altri costumi, piansero e soffrirono le famiglie romane. Ne abbiamo un esempio in Puglia, quasi un capitolo di storia sconosciuta o, per meglio dire, nascosta nell’ombra di un episodio molto più famoso: la Battaglia di Canne del 216 avanti Cristo.
Sentiamo Tito Livio, cronista del tempo, cosa scrive nei suoi Libri. “Fatti avanzare i prigionieri e separati i Romani, come aveva già fatto alla Trebbia ed al lago Trasimeno, Annibale rivolse benevolmente il discorso ai prigionieri alleati, che aveva lasciato liberi senza prezzo; chiamati poi i Romani, cosa che non era mai successa prima, parlò anche a loro con parole assai miti, dicendo che egli non intendeva di avere coi Romani una guerra per la vita o per la morte, ma di combattere solo per la dignità e la supremazia. Mentre i suoi predecessori avevano ceduto dinanzi al valore romano, egli, dal canto suo, si sforzava che i Romani, a loro volta cedessero nello stesso tempo alla sua fortuna e al suo valore. Si decise di scegliere dieci prigionieri, che andassero a Roma al senato e non si richiese da loro altro impegno di fede, se non il giuramento che sarebbero tornati”.
Giunti in senato, i dieci reduci da Canne si affidarono alle parole del loro capo. “Allorché il capo della delegazione pose fine al discorso, subito da quella folla che era nel comizio si levò un grido pietoso; tendevano le braccia alla Curia pregando che fossero loro resi i figli, i fratelli, i parenti. La paura e il bisogno avevano mescolato nel foro anche le donne, in mezzo alla turba degli uomini. Allontanati i messi dei prigionieri, si cominciò a chiedere a ciascuna senatore il suo parere. Qui le opinioni erano diverse: alcuni pensavano che i prigionieri si dovessero riscattare a spese pubbliche; altri, invece, che non si facesse alcuna spesa pubblica, pur permettendo che si facessero riscatti con denaro privato; se qualcuno, poi, al momento mancasse della somma necessaria, proponevano che questa fosse prestata dal pubblico erario con malleveria di poderi per garantire il patrimonio pubblico”.
Come si comportò la classe politica dei senatori? Scrive sempre Tito Livio: “Allora Tito Manlio Torquato, uomo di antica ed aspra severità, si dice che così rispondesse: “Volete voi tornare col denaro là da dove siete venuti via per codardia od infedeltà? Voi non ubbidiste al vostro comandante che vi ordinava di prendere le armi e di seguirlo, ma poco dopo ubbidiste ad Annibale che vi comandava di consegnare l’accampamento e le armi. Son questi i cittadini che la patria dovrebbe desiderare? Se gli altri fossero stati simili a loro, oggi essa non avrebbe più alcun concittadino di quelli che combatterono a Canne. Questa è la gente che io dovrei riscattare? O senatori, io ritengo che costoro non siano da riscattare, più di quanto non debbano consegnarsi ad Annibale coloro che con grandissimo valore restituirono se stessi alla patria”. Quando fu pronunciato il severo verdetto che i prigionieri non venivano riscattati, nuove manifestazioni di lutto si aggiunsero alle precedenti per la perdita di tanti concittadini”. Facciamo in modo che la storia non si ripeta per noi…

NINO VINELLA
Presidente Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia





 

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