27/04/2006. 730° ANNIVERSARIO DELLA TRASLAZIONE DELLE OSSA DI SAN RUGGIERO DA CANNE A BARLETTA.
Sono trascorsi 730 anni dalla traslazione delle ossa di San Ruggiero da Canne, sua sede vescovile, a Barletta, che oggi lo venera come Patrono. Accadde nel 1276. Fu Pio IX ad approvare nel 1874 il calendario diocesano ufficiale, fissandone la celebrazione liturgica in sua memoria nel giorno 27 aprile, di particolare significato per la chiesa locale come “spartiacque” religioso fra tutte le altre possibili date, come vedremo ugualmente attendibili, tramandateci dalla storia ed arricchite nella tradizione da una patina di leggenda. Fu dunque vera traslazione nel senso più cristiano o non piuttosto trafugamento cammuffato sotto queste sacre spoglie per mire di potere religioso? Il giallo medievale resiste ai secoli ed ancora suggestiona. Narra infatti l’Anonimo cannense del 1300 che barlettani e cannesi “trasportarono il corpo del nostro padre San Ruggiero, a tempo di notte, con le altre reliquie e ornamento nella chiesa maggiore di Santa Maria di Barletta nell’anno 1276, nella seconda domenica di Pasqua di Resurrezione. Accortisi lo Episcopio e lo altro restante Clero di Canne con quello del Capitolo di Canne che era stato rubato il Corpo di San Ruggiero con le altre reliquie di Santi e ornamento di detta chiesa ne ebbe ricorso al Santo Padre Innocenzo”. Come annota il nostro socio fondatore e ricercatore storico, Giuseppe Doronzo, nel suo libro “San Ruggero da Vescovo di Canne a Protettore di Barletta”, Editrice Rotas (1998), la traslazione certamente avvenne nel febbraio 1276 se si tiene del tempo e dei mezzi di trasporto. Secondo Padre Giovan Paolo Grimaldi, autore della sua “Vita di San Ruggiero” (1607), “nel trasferirsi il corpo del Santo l’avessero posto in un carro tirato da’ bovi; i quali, arrivati in Barletta avanti la Chiesa di Santo Stefano, si fussero fermati senza voler passare più innanzi; del che intesero essere volontà del Santo di voler essere ivi collocato, e così eseguirono”. Anna Cassandro Sernia, compianta presidente della sezione barlettana della Società di Storia Patria per la Puglia, rifletteva su questo passaggio in una sua pubblicazione del 1976 (Ruggiero di Canne per luci sparse, Tipolinotipia Rizzi e Del Re) data alle stampe per il settimo centenario della traslazione: “La leggenda dei buoi è suggestiva e suggerisce una (valida forse) interpretazione. Non nella Chiesa Cattedrale risonante dei canti delle frequenti funzioni religiose, del pio strepito dei fedeli, delle movimentate e a volte rissose riunioni del Capitolo: ma nel silenzio della clausura, appena interrotto dai canti discreti delle “pie donne”, nell’ombra del più antico tempio, che il mare quasi lambisce, preferì riposare per sempre il Vescovo di Canne”. Tornando alla situazione di quel burrascoso anno 1276 ed al ricorso presentato ad Innocenzo V, il papa, con un proprio rescritto del 17 aprile, incaricò il Vescovo di Minervino, Biviano, che accertasse la verità sul trafugamento del corpo di Ruggiero, acclamato santo dopo la sua morte avvenuta a Canne il 30 dicembre 1129 e lì sepolto nel sarcofago (con la bella croce scolpita ma purtroppo danneggiato per mano ignota) posto sotto l’altar maggiore oggi ancora ben visibile per i visitatori della cittadella. Ci fu accesa disputa per tutto il territorio di quella che oggi chiamiamo Sesta provincia, con i superstiti cannesi ed i barlettani che accusavano (i canosini?) di aver voluto impossessarsi dei resti di Ruggiero, e non solo: sembra storia di oggi, ma in tutta questa indagine ecclesiastica saltò fuori pure che i “predoni” anticipati sul tempo e quasi colti in flagrante avrebbero sottratto campane, pezzi di marmo e perfino alcune “chianche” , i lastroni di pietra, dalla chiesa basilicale di Canne! La città, infatti, un tempo centro commerciale assai fiorente sulle rive dell’Ofanto allora pienamente navigabile e pescoso, con una sua colta borghesia ed una classe dirigente degna del titolo, era andata in gran parte distrutta per mano dei Normanni di Roberto il Guiscardo nel 1085, e solo il carisma di Ruggiero riuscì se non ad evitarne, almeno a ritardarne l’inesorabile declino. Le sue spoglie mortali rimasero dunque sepolte a Canne per circa un secolo e mezzo, unico baluardo contro l’immigrazione che sospingeva l’impaurita popolazione come anche le monache benedettine del monastero di San Mercurio, eretto fuori delle mura cannensi vicino a quella domus d’epoca romana oggi finalmente ritornata alla luce, ad abbandonare Canne per rifugiarsi in Barletta. E l’inchiesta affidata da papa Innocenzo V al vescovo minervinese Biviano? Essa si concluse il 18 giugno 1276 ma non approdò ad alcun risultato pratico, sotto l’aspetto religioso in senso stretto, in quanto il suo iter venne astutamente sviato e depistato dal clero barlettano, il quale argomentò dimostrando di aver agito tutto sommato a fin di bene per salvare dal saccheggio i beni ecclesiastici, gli addobbi, i marmi, i capitelli... Ma il corpo del Santo Ruggiero che a Barletta aveva trovato l’ultima dimora restò ben custodito nella clausura del monastero benedettino fino ad inchiesta archiviata, e qui, proprio a Barletta nuova patria di elezione, i suoi fedeli decisero di rendergli l’onore degli altari. Per sempre.
Nino Vinella Presidente del Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia
Barletta ha avuto miglior memoria per San Ruggiero nel 1976, settecento anni esatti dopo la traslazione del 1276. Puntualmente un anno dopo la conclusione delle celebrazioni religiose e civili per il VII centenario della traslazione di San Ruggiero, usciva il volume di mons. Giuseppe D’Amato nel 1977: come sua particolare abitudine, fu un dettagliato resoconto di un grandissimo momento della vita culturale barlettana, pieno di riferimento a politici e notabili dell’epoca, con mille e una annotazione che scrupolosamente don Peppuccio eseguiva e che per noi sono come rileggere il testamento di quella vita dedicata interamente per 94 anni alla nostra storia. Fa pensare una frase di monsignore, molto ricorrente nella pagine finali del volume, quando cioè don Peppuccio affronta le proposte concrete, ovverosia le cose (da lui definite prioritarie ed urgenti) che bisognava trent’anni fa mettere in pratiche per il rilancio di Canne della Battaglia, sia all’ombra di Annibale sia sotto l’ala protettrice di San Ruggiero. La frase è ricavata dal Salmo XXIV: “Chi spera in Te, o Signore, non resta deluso”. A don Peppuccio infatti non restava altro che sperare nell’aiuto della Provvidenza, ma lui chiuse gli occhi e le sue proposte presero purtroppo altre vie, nell’oblìo del silenzio da parte delle istituzioni. Non della gente. Trent’anni dopo, forse qualcosa sta cambiando, e siamo all’ennesima alba di un nuovo giorno per Canne della Battaglia concepita e vissuta nella sua interezza di sito archeologico dalla preistoria al medioevo. Forse per fine mese, è stato promesso, il Comune bandirà il concorso per appaltare i lavori da 1 milione di euro, destinati ad ampliare l’Antiquarium e gli scavi di San Mercurio, dove vicino alle tracce dell’antica domus romana si dovrebbero ritrovare anche i resti del convento di quelle monache contemporanee di San Ruggiero e della sua missione episcopale. Un lavoro importante, e non solo per la cifra in gioco. Don Peppuccio morì avvilito dal non aver potuto fare poi molto nonostante la sua tenace tempra guerriera, al di là delle targhe installate al menhir dall’Azienda autonoma di soggiorno e turismo. Il suo cruccio più grande fu per lo stato di abbandono della storica Fontana di San Ruggiero, oggi purtroppo pressappoco nelle stesse identiche condizioni da lui stesso descritte ed ancora oggi nemmeno lontanamente sfiorata neppure da un solo centesimo di questo maxi-finanziamento! In questo sconcertante panorama, fa però capolino la ripresa dell’attività liturgica alla parrocchia santuario di San Ruggiero, nella soprastante contrada Boccuta, dove don Angelo Dipasquale, subentrato su incarico arcivescovile al più anziano padre Virgilio Facecchia, si sta occupando della realizzazione della nuova chiesetta ormai quasi prossima all’inaugurazione. Ma avendo in mente un progetto forse ancora più esteso, per valorizzare l’ambiente naturale di Canne della Battaglia ed il suo paesaggio, che proprio dal belvedere della Boccuta spazia sulla valle dell’Ofanto fino al Gargano. “Chi spera in Te, o Signore, non resta deluso”… Auguri di buon lavoro, don Angelo!
Nino Vinella
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